Soffrendo e cambiando

Roberto Beccantini23 ottobre 2024

Tacco di Lautaro, cross di Dimarco, zampata di Thuram. Era il 93’: Young Boys-Inter 0-1. Tre titolari sguinzagliati sul più brutto: c’è chi può. L’idrante del gol spegne i dibattiti sul turnover di Inzaghino, «omaggio» alla Juventus di domenica (ma non certo a quella di ieri). La Champions è come il West: le sparatorie possono crepitare ovunque. Anche sul sintetico di Berna, perché no. I Giovani Ragazzi le avevano buscate da Aston Villa (0-3) e Barcellona (0-5). Ci hanno dato dentro, hanno creato pericoli, hanno colpito un palo con Monteiro. Mai domi. Mai succubi. Ma senza quel popò di risorse in panca.

Già provvidenziale su Bisseck, Von Ballmoos aveva addirittura murato un rigore ad Arnautovic, frutto di una sbracciata di Hadjam a Dumfries, due tra i più ficcanti. Barella vice Calhanoglu, emergenza di lusso. Di Taremi si ricorda il tacco per Bisseck. Di «Arna», il penalty e poco altro. Dimarco aveva avvicendato Carlos Augusto, infortunato. Non riesce a sbloccarsi Zielinski, al quale la trama aveva offerto una delle occasioni più limpide. La sofferenza del campo è stata lavata e sanata, non tanto dal «giuoco», quanto dai giocatori.

** Atalanta-Celtic 0-0. Venivano, gli scozzesi, dall’1-7 di Dortmund. Brendan Rodgers ha alzato un «bloque bajo» da provetto muratore. La Dea ci ha provato, non con il coltello fra i denti: la traversa di Pasalic, i tuffi di Schmeichel e gli errori di mira (del croato, in particolare) hanno scheggiato ma non sabotato il dominio territoriale. Né sono bastati i rinforzi: De Ketelaere, Samardzic, Zaniolo, persino Cuadrado. Alla distanza, il ritmo è calato e le zanzare di Glasgow, fastidiose, hanno pizzicato la ciccia dei rivali. Sono mancati, al Gasp, Lookman e Retegui, prigionieri di gabbie munite. E’ il secondo 0-0 casalingo, dopo quello con l’Arsenal.

Dominati

Roberto Beccantini22 ottobre 2024

Dall’impresa di Lipsia alla lezione dello Stoccarda. Pressing, triangoli, il calcio nella sua fragranza più semplice e dinamica. Decimo in Bundesliga e reduce dallo 0-4 bavarese: non marziani, ma squadra. Sempre. L’1-0 è bugiardo. Senza un palo, senza le parate di Perin (almeno cinque, compreso il rigore di Millot), e una rete di Undav «varizzata» da un braccio, sarebbe finita di goleada. Anche se, per ironia della sorte, il guizzo di El Bilal Touré, splendido, è arrivato «solo» al 93’, dopo il rosso a Danilo; e dopo che Madama aveva dato segni di vita. El Bilal, scuola Gasp.

Per carità, gli infortuni (e lo scrivo da «giocatorista»): tutti pezzi grossi (ma pure i tedeschi avevano i loro cerotti). Restano, in sequenza, gli zero tiri nello specchio – non esattamente una novità – il senza voto a Nubel e l’8 a Perin. Per Motta, prima sconfitta stagionale. E una carenza in fase costruttiva così capillare e plateale che continua a penalizzare un attacco già di per sé non esplosivo. Vlahovic, che non avrei tolto comunque, è l’unica punta-punta e, in attesa di Milik, non ha vice. Ha chiuso, Madama, con Yildiz (2005) e Adzic (2006). Il turco si è perso, il montenegrino va atteso. Allargando il discorso, la panca di Cambiaso mi ha sorpreso, per quanto all’orizzonte si profilino i cannoni dell’Inter. Ma sono dettagli.

Lo Stoccarda di Hoeness correva e giocava, la Juventus annaspava: piatta, pachidermica, orfana persino di un Douglas Luiz cui aggrapparsi. Mancava la fantasia, mancava la garra. Savona e Conceiçao affettati da Mittlestadt e Leweling (un po’ meglio con l’ingresso di Cambiaso e Weah), Millot signore del dribbling (a proposito di gesti tecnici), Thuram (il meno peggio, forse), Fagioli e quindi Locatelli sistematicamente disarmati. E, per capitan Danilo, non una gran serata. Aggredita e sballottata sin dall’inizio: la peggior Juventus della stagione.
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Serenata al corto muso

Roberto Beccantini20 ottobre 2024

E’ stato il trionfo dei corti musi: 1-0 il Milan in dieci all’Udinese, 1-0 la Juventus alla Lazio in dieci, 1-0 il Napoli a Empoli su rigorino, 1-0 l’Inter all’Olimpico. I campioni chiudevano la domenica. L’ha decisa Lautaro, in contropiede, dopo una «fotta» di Zalewski a monte e una svirgolata di Celik a valle. Migliori in campo, Svilar e Thuram: tanto per fissare i confini.

Gli infortuni di Calhanoglu (al 12’) e Acerbi (al 27’) hanno condizionato le mosse di Inzaghino. Avvio trascinante dei campioni, con rischio rosso di Cristante su Thuram, poi autopalo di Sommer, traversa di Mkhitaryan ed equilibrio soffuso, ispido, in balia degli episodi (ma va?) e degli errori (un sacco, più di qua che di là). Tornava Barella: così così. Rientrava Dybala. Terzino su Bastoni. Non una grande idea, Juric, (mi consenta, avrebbe detto «lui»). In generale, sera più di lotta che di governo, con la Lupa a ruminare calcio (e sollevare un po’ di polvere finché non è scoppiato Angelino) e gli avversari ad aspettare l’attimo «arrivante» (il «fuggente» interessa poco).

Dovbyk avrebbe meritato ben altre munizioni, mentre i Pisilli e i Soulé non hanno fornito le «bombole» sperate; dell’argentino, a ogni buon conto, l’ultimo tiro, smorzato da Sommer. Al 94’, però. In precedenza, lanciati nello spazio, Dumfries e c. avrebbero potuto dilagare.

Sarà stata la sosta delle Nazionali. Saranno gli incidenti, «live» e settimanali. Dimarco non ne aveva, la mossa Correa ha spiazzato i pensanti-bene. Rimane, dell’Inter, la facilità di andare al tiro. Comunque e dovunque: al di là delle sofferenze, degli alti e bassi. Ritorno sulla posizione della Joya. Rincorreva Bastoni che, in un dribbling, lo ha addirittura «scherzato». Che belli, i sorrisi a corredo. Fosse capitato a Omar…

L’Europa chiama a raccolta. Domenica alle 18, Inter-Juventus. L’ennesima puntata della Grande Saga.