La crisi degli «imbattibili»

Roberto Beccantini14 dicembre 2024

Un velo pietoso. Costretta a fare il Manchester City, la Juventus sbatte contro il Venezia ultimo che fa la Juventus. Morale: non 2-0 ma 2-2 e fino al 94’ addirittura 1-2, non fosse stato per un braccio di Candela e il rigore di Vlahovic (almeno quello). Attaccare, parola grossa. Che in panca ci sia Thiago o Hugeux, stante la squalifica del principale, Madama proprio non ci riesce (più). Tanti, i motivi: se in difesa l’impronta dell’allenatore può abbastanza, in avanti può meno. Ma sul ritmo, ecco il crinale, potrebbero esserci indicazioni più turgide. In parole povere: più tuoni che languori.

Di Francesco non avrebbe rubato nulla. Sotto di un «corner» (da «Flopmeiners» a Gatti, via Thuram), da quel momento al diavolo le barricate, i sospiri, i se e i ma. Traversa scheggiata da Andersen, «parata» di Thuram su Busio, mentre Madama pascolava e traccheggiava. Senza Locatelli, con McKennie in zone ambigue, Vlahovic nella giungla di Altare e c., Yildiz nella Siberia della fascia.

D’accordo, le ruggini di Champions, ma di fronte non è che ci fossero dei marziani (con tutto il rispetto). Il problema è che, non appena prova a impugnare la partita, le sfugge. Ha paura dell’alta velocità. Teme di non essere in grado di reggerla. Salvo prendere entrambi i gol a difesa schierata. Lo zelo con cui aveva battezzato la ripresa è stato rintuzzato dal pareggio di Ellertsson – di testa, su cross di Zampano – e, casino facendo, dal sorpasso di Idzes, sempre di cabeza, in anticipo su Gatti, da una punizione di Nicolussi Caviglia. In mezzo, un paio di petardi del serbo, una gran palla di Douglas Luiz chi? (sì, lui), le bollicine di Conceiçao, l’ingresso di Nico, qualche mischia e i fischi del popolo. Sino al cambio di «Flop» (una Ferrari tenuta in garage, una Ferrari obbligata ad andare ai venti all’ora o non proprio una Ferrari?) e alla mano di Dio.
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Notte vintage

Roberto Beccantini11 dicembre 2024

Champions dal sapore vintage. Dopo Lipsia, la Juventus dei cerotti e dei pareggi si toglie un altro sfizio: 2-0 al Manchester City e più non dimandare. Per carità, non certo il City dei Rodri d’oro, ma pur sempre la squadra del Pep. Entrambi nella ripresa, i gol: di Vlahovic al 53’, di testa, su cross di Yildiz (bravo anche come terzino), dopo percussione di Gatti (lo stopper); e di McKennie al 75’, di volée, su flagrante e frizzante contropiede di Weah. Gli americani: due cambi. Il tocco di Motta, direte: capita.

Ha dato il massimo, la Giovin Signora: anche Koopmeiners, l’unico insufficiente. Mi ha ricordato, la trama, Juventus-Chelsea del 29 settembre 2021: 74% a 26% di torello pro Tuchel ma 1-0 di Chiesa. E la paratona di Di Gregorio, sull’Haaland smarcato da una genialata di De Bruyne, una di Buffon su Iniesta.

Palla ai «citizens», naturalmente. Thiaghenaccio e contropiede, Madama. Come era nei voti degli esperti. Con gli occhi aperti e le forchette in tasca, pronte a ghermire i cosciotti. Contro il City giocano così in Premier e allora, se permettete, «omnia munda mundis». Il lento e frustrante tiki-taka del Pep escludeva il pompierone norvegese, ed era anestesia allo stato puro: ideale per un paziente che, sul lettino, fingeva di russare ma da Kalulu a Gatti, da Savona (su Doku) a Danilo (persino il vecchio capitano) ognuno difendeva le sue zolle, al guinzaglio di Locatelli, un po’ metodista e molto incontrista.

Vlahovic, classe 2000. Haaland, idem. Il duello era in cima alle locandine: l’ha vinto il serbo. Ai punti. Casinista se ce n’è uno, ma puntuale nel saltare oltre il destino e un molle Ederson. Gundogan e De Bruyne, Grealish e Bernardo Silva si passavano e ripassavano la palla. Tiri, uno: di Gundogan, smanacciato dal portiere.
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Dea e dei

Roberto Beccantini10 dicembre 2024

Le notti di Champions sono notti salgariane, legate ad arrembaggi che non finiscono mai. E per questo ci tengono lì, allacciati ai brividi.

** Atalanta-Real Madrid 2-3 (Mbappé, De Ketelaere su rigore, Vinicius, Bellingham, Lookman). Perdono, i pirati del Gasp, ma fino all’ultimo le «loro» maestà soffrono, ringhiano, graffiano. Pur feriti, i blancos di Carletto hanno bende e cerotti che molti pronti soccorsi si sognano: Mbappé (che gol, ciao De Roon), Bellingham (straordinario, the best: e non solo per la ciliegina dell’1-3, ciao De Roon pure qui), Rudiger (il «boia» che per alzata di mano si depreca e in cabina, a tendine tirate, si invoca). Occasioni di qua, occasioni di là, Carnesecchi e Courtois spesso in vetrina. I corsari ricavano poco dal dondolio di Pasalic, tanto dal presenzialismo di Ederson (ancorché involontario arco per la freccia di Vinicius, così così), dai dribbling di Lookman, dalla sportellate di Kolasinac (è suo il penalty), abbastanza dalle digressioni di De Ketaelaere.

Il k.o. di Mbappé – fin lì, devastante – è stato un bacio degli dei alla Dea. Pensavo dentro di me: Gasp, perché non metti Retegui? L’ha messo. E proprio l’italo-argentino si è divorato il tre pari al 93’, lui che con l’Arsenal aveva già sprecato un rigore. Il Real ha alternato la tuta allo smoking, da squadra che conosce le emergenze e le esigenze. L’Atalanta ha giocato da Atalanta: uomo su uomo e la voglia di ribaltare la storia, sempre. Applausi a todos.

** Bayer Leverkusen-Inter 1-0 (Mukiele). Calcolite, rotazionite: il muro di Inzaghino ha retto sino al 90’. Prima sconfitta, primo gol al passivo. E zero tiri nello specchio. Aspirine subito aggressive, traversa di Tella, numeri di Wirtz, volatine di Frimpong. Trama da western di una volta, con un colpo di pistola sfuggito al regista, forse, ma non certo ai cowboy più coraggiosi.