Milano, piano piano

Roberto Beccantini14 gennaio 2023

E’ proprio un povero Diavolo. Come se la rimonta di Mou ne avesse forato il gioco, la fiducia. Orrendo e sconfitto, in coppa, da un Toro in dieci. Imbarazzante per un tempo a Lecce, tritato dalla squadra di Baroni, lei sì assatanata. Due a zero, autorete di Theo (un fantasma) e capocciata di Baschirotto (un guerriero). Con Leao che sembrava un borghese piccolo piccolo e gli altri in perenne balia delle mareggiate salentine, compreso Bennacer. E Pioli? Ostaggio delle circostanze. Poi, nella ripresa, la rimonta: per via dei cambi e del calo, umano, degli avversari. Leao, finalmente, e Calabria, di testa, su assist aereo di Giroud, fin lì un’ombra, incerottavano il risultato, non il resto. Il Lecce soffriva, ma non si spezzava e così il 2-2 faceva dimenticare, almeno in parte, il tesoro meritato e saccheggiato.

** Inter-Verona 1-0. Gol-lampo di LauToro (che il Qatar non ha saziato, anzi) e poi una coltre di noia. Rari i tiri, nulle le emozioni. Tappa pianeggiante e bruttarella dopo i triboli copeteri con il Parma, Inzaghino allegro gestore, Hellas organizzato ma sterile, terribilmente sterile. Mercoledì, a Riad, il derby di Supercoppa: i duellanti vi arrivano grigi.

Classifica: Napoli 47, Milan 38, Juventus e Inter 37. Ad agosto lo scudetto viene sempre diviso per tre o per quattro. Oggi può perderlo solo il Napoli. Ne mancano ancora venti, ma c’è una bella differenza.

StraNapoli, lapide sul corto muso

Roberto Beccantini13 gennaio 2023

La bellezza divora il corto muso, il miglior attacco si mangia la miglior difesa (in Italia), Spalletti si mette in tasca Allegri. Napoli-Juventus 5-1 non è una sentenza che «condanna» il campionato, comunque fortemente indiziato: è un verdetto che inchioda Madama. Ne ridimensiona la striscia di otto vittorie e la rimanda a dieci punti. Una lezione strepitosa, vista dal Vesuvio; una punizione umiliante, scrutata dalla Mole.

Osimhen e Kvaratskhelia incendiano la notte del Maradona con la fiamma del loro fisico, del loro talento. Il risultato lo sblocca il nigeriano, riprendendo, di testa, una sforbiciata di Kvara deviata da Szczesny (il meno peggio di Madama: detto questo, detto tutto). Il raddoppio lo sigla il georgiano, su assist del capocannoniere (Bremer, un disastro). Tutta sul pullman, la Juventus, con Di Maria a fare l’autostop. Lo «caricherà» Rrhamani, e sarà traversa: sarebbe stato il pari. Briciole di episodi.

Il Napoli ogni tanto rallenta, ci mancherebbe pure. La Juventus ogni tanto reagisce. E proprio il Fideo, su tocco di Milik e rimpalli assortiti di Kim, sigla un 2-1 che, al tramonto del tempo, un quasi autogol di Rrhamani (quasi, per i riflessi di Meret) rischia addirittura di sabotare.

Era partito con Chiesa, Allegri. Un 3-5-1-1 che Lobotka, Anguissa e Zielinski, Politano e Mario Rui forano come se fosse un palloncino. Passerà al 4-4-1-1, Chiesa a sinistra, Kostic terzino. Ma dai! Dalla ripresa non esce una Juventus diversa. Al contrario. Affiora e sequestra il campo il Napoli più brillante, quello che ne aveva dati quattro al Liverpool. Da un corner, e un cambio-non-cambio fra Locatelli e Paredes, Rrhamani, proprio lui, infila la lecca che spacca definitivamente l’ordalia. Il castello del calcio antico crolla. Il Napoli vola. Domina. Sgomma a cento all’ora. Sfrutta gli spazi che i rivali sono costretti a cedere.
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Elmetto e dischetto. Una paura del Diavolo

Roberto Beccantini8 gennaio 2023

Proprio a Marassi, dove Luca cominciò, Sinisa continuò e Diego finì. Sampdoria-Napoli. Sotto la pioggia, battente non meno del ritmo, pulsante non meno dei cuori. Spalletti veniva dal primo k.o., Stankovic da un successo (a Reggio, con il Sassuolo) paragonabile a un piccolo ombrello. Alla capolista si chiedeva: rispondi. Ha risposto. Con l’elmetto, più che con il fioretto: lo imponevano le circostanze, le suggestioni, le trappole.

Non c’era il rigore-lampo di Murru su Anguissa, battuto da Politano e deviato da Audero sul palo. Abisso non lo aveva fischiato, gliel’ha suggerito Valeri, al Var. Nessun dubbio, viceversa, sul rosso a Rincon, al 38’, per la tranvata a Osimhen. Che, già al 19’, aveva spaccato l’equilibrio. Una rima baciata, una delle poche, il filtrante di Mario Rui.

In undici contro undici, la Samp ha dimostrato di avere un’anima. Altra caratura, il Napoli. Ogni zolla era filo spinato; ogni palla persa in uscita, un’imboscata. Ne perdeva anche il Napoli – in avvio, soprattutto – ma Gabbiadini e Lammers sono una cosa, il «fu» Quagliarella un’altra. Il ritmo, frenetico, spingeva i duellanti a darsele di santa ragione, Politano spaziava, Elmas mezzala al posto di Zielinski era la trovata del «Lusciano», una mossa che non rigava il panorama. Dominatore assoluto, Osimhen: che duello, con Nuytinck.
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