Erano due amichevoli. Di lusso, ma amichevoli. Con nessuna ricaduta sugli ottavi di Champions. Il Napoli era, e resta, primo. L’Inter era, e sarebbe stata comunque, seconda. Rimangono, per gli archivi, i risultati: Liverpool-Napoli 2-0. Bayern-Inter 2-0.
Perdere ad Anfield non è mai un disonore. Al massimo, sarà un dispiacere: doppio, in questo caso, perché coincide con la prima sconfitta della stagione e arriva negli ultimi minuti, dopo una partita equilibrata e giocata a ritmi che, non di rado, rigavano il nitore delle traiettorie.
Spalletti aveva scelto un Napoli fisico, con Ndombele e Anguissa. A Klopp mancavano fior di titolari, e si è visto. La «garra» può molto, non tutto. Detto di un signor Thiago, il destino l’hanno cambiato l’ingresso di Darwin Nunez e i corner dai quali, fra distrazioni ed elevazioni, sono nati i gol di Salah e dell’uruguagio. Fin lì, un Napoli sul pezzo, di lotta o di governo in base alle esigenze, con il Meret del primo tempo, Kim (i piedi, oltre la stazza) e il solito Lobotka sugli scudi, come si scriveva nel Novecento. Se non ne fanno due alla volta, sembra quasi che Osimhen e Kvara rubino lo stipendio. Balle. Hanno trovato pane per i loro denti. E per le loro finte. Sullo 0-0, il Var ha tolto una rete a Ostigard per mezza scapola in fuorigioco, salvo poi ripescare, per un piedino di Zielinski, il bis di Darwin: i centimetri resistono, imperterriti, alla dittatura tecnologica.
In Baviera, formazioni largamente di scorta. Le bollicine di Barella, l’occasione di Lau-Toro e quindi le trame che nel Bayern, chiunque giochi e al di là dei mister, brillano per filosofia aziendale. Hanno deciso Pavard di crapa e Choupo-Moting di randello. Mentre Bellanova, Gosens e Asllani studiavano ringhiando, Inzaghi pensava alla Juventus. Che domani ospita «Messì beaucoup» per salvare almeno l’Europa dei piccoli.