Era la prima senza Cristiano (e senza Marotta: grazie di tutto). Una passeggiata di salute, con l’Omarino sul podio. Quando il gatto non c’è, i topi ballano. E Dybala, là davanti, ha ballato e fatto ballare: tre gol (bellissimo il primo: sinistro al volo su lancio di Bonucci)), un palo, tocchi felpati, rammendi da premiata sartoria. Lo Young Boys ne aveva presi tre, in casa, anche dal Manchester United di Mourinho, uno United non proprio al massimo. Piano, quindi, con lo champagne e le tartine d’incenso.
Il problema di Allegri, ammesso che tale sia, riguarda l’impiego contemporaneo di Cristiano e Dybala. Finora, non è che la separazione dei pani e dei pesci sia stata poi così avara, così spericolata: nove partite, nove vittorie. Si tratta di raffinare l’intesa: labile a Frosinone, ma già meno episodica con Bologna e Napoli.
Mandzukic si è preso un turno di riposo (ne aveva facoltà ), mentre Cuadrado attraversa il classico periodo in cui tutto, per il suo destro, diventa la cruna di un ago. Bernardeschi, lui, ha ribadito la vena dei giovani Holden che, al momento del dunque, si lasciano ingolosire dalla porta invece di farsi incuriosire dal compare meglio piazzato. I Boys, fra parentesi, avevano un portiere che non ne teneva una.
La Roma, da parte sua, ha disposto brillantemente del Viktoria Plzen. Il «disgustato» inviato urbi et orbi da Pallotta dopo le nefandezze di Bologna è stato seppellito sotto il 4-0 al Frosinone, il 3-1 nel derby e il 5-0 ai modesti cechi. Come Dybala allo Stadium, tripletta di uno straripante Dzeko. Non timbrava da Torino. Dopodiché: giro-palla verticale e vorticoso, traversa e rete di Under, tapin di Kluivert, grappoli di occasioni e un Pellegrini più testa che tacco, pedina cruciale nella lavagna di Di Francesco.