Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
CHIELLINI
Vorrei dire due parole sul nostro difensore: noto, purtroppo, che da un po’ di tempo a questa parte intorno a lui si sta creando un clima di ostilità che il buon Giorgio non merita. Trattasi di uno dei più forti difensori a livello mondiale e, a differenza di altri difensori del passato – si veda materazzi, ma anche paolo montero – chiellini non entra mai e poi mai per far male all’avversario. E’ un difensore duro ma corretto e leale e certe sue entrate, all’apparenza violente, credo siano dovute al fatto che non è proprio un modello di coordinazione calcistica. Ma sono pronto a giurare che il suo gioco non sia mai caratterizzato da mala fede. Detto questo era ovvio che l’intervento di domenica su pianic avrebbe costituito oggetto di prova televisiva: in effetti bisogna riconoscere che il fallo c’era tutto e fortunatamente per noi l’arbitro non l’ha visto perchè altrimenti, a parte l’espulsione, credo avrebbe concesso anche il calcio di rigore.
Tutto sommato è meglio così; diversamente non oso immaginare quali e quanti giornalisti si sarebbero scagliati contro la juventus accusandola di ricevere i soliti favoritismi e altre menate varie.
Per quanto riguarda il codice etico di Prandelli lo trovo ridicolo; la solita ipocrisia all’italiana la quale peraltro non porta assolutamente a nulla se non all’autolesionismo.
AZIENDALISTA
“So che ne vorrebbero uno aziendalista” …. scrive Roberto Beccantini in risposta a chi gli chiedeva lumi circa le scelte della dirigenza/proprietà Juventina per un (per ora) ipotetico dopo Conte.
Aziendalista è un termine che, chissà perché, assume per lo più un’ accezione negativa. Quasi che essere “contro” la “propria” azienda fosse un valore, e pro, una debolezza.
Io credo che un professionista, a maggior ragione se ricopre un incarico di spicco e di responsabilità, debba essere aziendalista. Sia un suo dovere preciso quello dare il massimo per mettere a frutto il potenziale di quel che l’azienda gli mette a disposizione.
Credo anche che un professionista, abbia il diritto di scegliere dove, e per conto di chi, svolgere la propria professione ed essere aziendalista.
Ne deriva che, l’ uomo Antonio, prosciugato dalle tensioni e dalle pressioni di tre anni di ….. successi alla guida di un gruppo di manovali, e il mister Conte, assurto a fama duratura per gli stessi successi, abbiano il dovere di scegliere una collocazione più adeguata alla proprie giuste ambizioni.
Ne deriva che la Juventus abbia il diritto di scegliere un allenatore “aziendalista” che apprezzi le qualità di un gruppo di giocatori che arriva da tre scudetti consecutivi e che non abbia paura di mettersi in gioco per spostare l’asticella anche più in alto.
A patto che essere aziendalisti non significhi sostituire Balzaretti con Molinaro, cedere Criscito per tenere Andrade e” accettare” Poulsen al posto di X. Alonso.
Perché questo non significa essere aziendalisti, ma masochisti o incompetenti.
IL NOSTRO TEMPO E’ PASSATO
la lingua batte dove il dente duole… Si parla spesso (quasi sempre) d’europa, di champion, etc etc. Giustamente Solomon ha ricordato le tre finali perse da favoriti, alle quali ne aggiungerei una quarta (quella con l’amburgo) e una quinta (con l’ajax) che fanno della juve, insieme al benfica, la squadra più perdente d’europa. Purtroppo il nostro tempo è passato; le occasioni per fare incetta di coppe dei campioni ci sono state ma noi – a differenza del milan – non ne abbiamo approfittato. Ora è tardi e Conte, persona intelligente ed ambiziosa, ma non al punto di volersi bruciare, lo sa bene.
E’ perfettamente inutile illudersi: passeranno molti lustri prima che una qualunque squadra italiana possa vincere la champion. Nei giornali, da domani, si parlerà solo di mercato, di acquisti, di colpi e altre menate varie. Il punto è capire bene un concetto: la vittoria europea non passa solo dagli acquisti (vitali) che potrà fare la juventus, ma da quelli che faranno gli altri. Abbiamo visto tutti che lo scorso anno, a fronte degli arrivi di tevez e llorente (peraltro, mi si consenta, tutt’altro che fuoriclasse) altre squadre con le quali è necessario misurarsi per vincere in europa hanno aggiunto alle loro già corpose rose giocatori del calibro di neymar, bale, cavani, goetze, lucas e tanti altri. E così sarà anche nell’immediato futuro (leggo che il chelsea ha già preso diego costa).
Gli acquisti propri vanno sempre misurati con quelli altrui, e finchè sceicchi e petrolieri vari albergheranno nel mondo del calcio ci sarà ben poco per gli altri a meno che anche la juventus decida di aprire a costoro le porte societarie. Tutto questo Conte lo sa bene ed è per questo che se gli sarà davvero imposto come prossimo obiettivo la vittoria in champion, ringrazierà e se ne andrà altrove.
Il primo passo sulla via della guarigione per un malato è avere consapevolezza di esserlo. E noi, ammetiamolo pure siamo afflitti da una certa patologia: l’ansia da prestazione europea. Se i madriditsti soffrono tremendamente per un’astinenza di dodici anni, i nostri diciotto rischiano di spingerci a entrare in un monastero. E in questo caso l’astinenza non ha niente di virtuoso ( se mai lo abbia in qualche caso). Un lungo periodo di privazioni messo a dura prova da tre finali perse, affrontate per di più con il piglio dei favoriti: roba che neanche il demone Mara avrebbe pensato per il futuro Buddha. Vabbè. L’atavica propensione alla debacle europea è materiale da scienziati sociali, altro che chiacchere da bar o tautologiche discussioni giornalistiche: trovino loro qualcosa da dirci. Quantomeno un appiglio per consolarci.
Come un Edmond Dantes qualunque, il lealismo del 2006 ci ha poi gentilmente accompagnati nelle carceri della seria cadetta, ma anche noi abbiamo avuto il nostro Conte, che anzichè di Montecristo, è di Lecce: quisquiglie. Dumas, padre, ci perdonerà. I tre campionati vinti sono andati bel oltre i più accaniti progetti di vendetta, regalando pure leccornie anche ai palati più sopraffini, per lo meno il primo anno e mezzo: stiga..i; no scusate, chapeau. Eppure anzichè spellarsi le mani, si storgono le bocche: si mormora soltanto una parola, Europa.
Ebbene possiamo valutare la Juve del Conte da molti punti di vista, anche ammettendo lo spicciolo livello del campionato made in Italy. Ma non possiamo essere dimentichi della nostra storia recente (serie b, settimi posti, Martinez, Motta, Felipe Melo, Poulsen. Del Neri, Zaccheroni, Ferrara ecc…) e soprattutto di quella di più lungo corso: essa soffre di una patologia, il mal d’Europa. E non è da ieri.
Da tempo gli storici, quelli professionisti, ci dicono che l’unica vera cosa che insegna la storia è che non insegna nulla, ma aiuta soltanto a comprendere il presente: la Juve del Conte è il frutto di storia antica e di storia recente, ma quale è la storia della nostra patologia?
AGGIUNTA a MARGINE:
D) Vorrei un allenatore che fosse cosciente di allenare giocatori che han vinto tre scudetti consecutivi. Non uno che parte dal 7 posto. Se questo allenatore sarà Conte, meglio.
LA CHIUSURA DEL CERCHIO
Si chiude il cerchio con l’ennesima delusione europea. Cocente. Più di quanto saremo mai disposti ad ammettere. Fuori dalla Coppa Campioni, il nostro ambito, siamo riusciti a fallire anche l’accesso alla finale che si giocava nel nostro Stadium.
Non l’abbiamo persa oggi, anche se si sarebbe dovuto fare di più. L’abbiamo certamente persa all’andata quando ci sono mancate la determinazione e la lucidità di chiuderla a nostro favore. Prima, e dopo, Bonucci ci ha messo del suo condannandoci ad una sconfitta che, come temevo, sarebbe stata decisiva.
Si chiude il cerchio e non un ciclo, come qualcuno (anzi “qualche-tanti”) spera o crede.
Mi spiace parlare adesso di acquisti e cessioni, non sarebbe il momento, con uno scudetto ancora da assicurare matematicamente e festeggiare. Ma ormai se ne parla da tempo e con l’Europa fallita……..
Posto che il mercato dipende da un sacco di cose ed è facile parlare quando devi, appunto, solo parlare, e posto che sul campo, poi, i giocatori non sempre rendono per quanto ti aspetti, vediamo il “Che Fare”.
A) Il centrocampo non lo toccherei affatto: si d’accordo 50/60/70 per Pogba, per Vidal e chiunque. La realtà è che buoni così non li trovi per meno e non potresti farne a meno. E’ il centrocampo il punto di forza della squadra, non avremmo vinto tre scudetti senza quei giocatori.
B) In difesa bisogna intervenire. Che si giochi a 3 a 4 a 5…. Bonucci è un “libero” mediocre, la Juve lo ha retto perché Barzagli e Chiellini lo han spesso “coperto”. Serve un centrale forte, molto forte, non il Paletta di turno. In attesa di capire se Ogbonna…. perché Barzagli andando avanti, non offrirà il meglio di sè, e Chiellini di partite ne salta sempre, per infortuni vari…. A sinistra ci manca un vero terzino, quantomeno un terzino più bravo a difendere e comunque un’alternativa ad Asamoah.
C) In attacco non sarà facile: certo Tevez e Llorente son punti fermi. Gli altri: Giovinco non serve a questi livelli, spendere soldi su Osvaldo non mi sembra il caso. Vucinic e Quagliarella: grazie, grazie di cuore.
Si potesse prendere Ibra al prezzo di Tevez…….. a prezzi ragionevoli vorrei Lavezzi o Pastore, o tutti e due. Berardi mi piace. Zaza e Gabbiadini li lascerei dove sono. Immobile varrebbe la pena di provarci almeno un anno. Sempre che non ci costi come un Ibra.
Tra le tante arretratezze italiane ce n’è una che negli ultimi giorni mi ha intellettualmente impegnato: quella relativa alla cultura sportiva. Guido Vaciago la definisce “medioevale”. Il giornalista di Tuttosport racchiude in questo aggettivo quella schifosa, dietrologa tendenza che porta a individuare sempre dei colpevoli “altri”, poiché si è incapaci di accettare il risultato e ammettere i meriti dei propri avversari.
Le polemiche recenti, suscitate dalle dichiarazioni di Garcia relative allo scarso impegno profuso dalle avversarie della Juve, non sono che l’ultimo, palese esempio (senza dimenticare quella fiera crudele e diversa che è Il Sistema, evocato da Morgan De Sanctis dopo Juventus-Roma). Quando ho letto i virgolettati dell’allenatore giallorosso mi è venuto in mente il mitico Stanis La Rochelle che è – cito Wikipedia – “convinto che la recitazione troppo italiana sia il motivo principale della scarsa qualità delle fiction e del cinema”. Ecco, io credo che la (non) cultura sportiva italiana sia il male principale dello sport italiano e, da questo punto di vista, le dichiarazioni di Garcia sono italiane, italianissime. Nel nostro Paese basta dare la colpa agli altri: all’arbitro di turno, ai suoi assistenti, ai media, alle congiunzioni astrali, ad Alfredo. Va benissimo, e Garcia lo ha imparato. Per carità, lui dice la verità, la sua verità. Poi, però, c’è chi dice la Verità-con-la-V-maiuscola: il campo. Cos’ha detto il campo qualche ora fa? Che la Juve ha quasi cucito sulla maglia della prossima stagione lo scudetto tricolore. Come lo ha fatto? Battendo il Sassuolo da grande squadra. Sotto dal nono minuto per un goal di Zaza, la squadra di Conte ha reagito con carattere, forza e determinazione. Qualità che hanno i volti dei suoi uomini chiave: di CarlosTevez che al 35’ ha punto con rabbia dal limite dell’area, di Claudio Marchisio che al 57’ ha educatamente onorato un assist al bacio di Andrea Pirlo, di Fernando Llorente che venti minuti dopo con un goal “alla Bettega” ha chiuso i conti.
Adesso i bianconeri vedono la bandiera a scacchi. Il traguardo si avvicina, nonostante tutto. Nonostante una Roma che gioca un calcio spettacolare e che continua testardamente ad inseguire, senza arrendersi. Nonostante quella ventata d’aria fresca che è il bel gioco portato in Italia da Rudi Garcia. Nonostante degli interpreti di alto livello che hanno permesso alla Roma, grazie a un grandissimo campionato disputato, di poter tornare a giocare la Champions League l’anno prossimo. Nonostante una Roma a cui faccio i miei più sinceri, ma forse poco italiani complimenti.
Valerio Giordano
allora, Gentile Roberto, non ne avrebbe segnati due………. quanto al pensarla come me, non è grave, a volte capita persino a me di essere d’accordo con me stesso…..
Gentile Ezio, Destro e’ stato espulso sullo zero a uno, ma la penso incredibilmente come lei…
Mi fa molto ridere che i propugnatori della moviola in campo si lamentino di quella del giorno dopo. Garcia, il giornale dei loro tifosi, i tifosi che scrivono sull’altro giornale….. giustizia, chiedevano, e trovarono la legge (cit.)
Io che “aborro” tutte le moviole, ritengo che le partite debbano finire al triplice fischio. E quel che l’arbitro, a torto o a ragione, ha, o non ha, sanzionato in campo sia acqua passata.
Però, parliamoci chiaro, la Roma da tutta questa storia ci ha solo guadagnato. Se l’arbitro, soprattutto quello di fondo campo, avesse visto e sanzionato lo schiaffo, volontario e proditorio, di Destro, l’avrebbe espulso. Avrebbe espulso l’uomo che non avrebbe segnato i tre goal della partita, e la Roma avrebbe giocato in dieci per più di un’ora…. e le tre giornate le avrebbe prese lo stesso.