Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
⚪️⚫️Juventus 1-4 Real Madrid ⚪️! La 62ª edizione di Champions League si conclude con la 2ª vittoria consecutiva del Real Madrid, che sale a quota 12 successi nella “coppa dalla grandi orecchie “, eguagliando il bis consecutivo del Milan di Sacchi quando c’era ancora la Coppa dei Campioni. Maledizione per la Juve invece, che con la 5ª finale consecutiva persa, la 7ª su 9 totali, conferma come la manifestazione più importante per club, sia un tabù, vedendosi sfumare così per la seconda volta in 3 anni, il Triplete: l’Inter resta l’unica italiana ad esserci riuscita. Dopo un bel primo tempo, equilibrato e in cui il pareggio è stato il risultato più giusto, nonostante la Juve abbia tirato più volte in porta e creando più occasioni contro però un Real sempre attivo e pronto a sfruttare qualunque occasione pur creando poco. Nella seconda frazione invece, tutt’altra storia, con una Juve rimasta negli spogliatoi e mai pericolosa, diventando bersaglio dei madrileni, consegnandosi in mano ai campioni della Liga, che grazie alla doppietta di Cr7, e i gol di Casemiro e Asensio, ha scritto una nuova pagina del calcio spagnolo: era dal 1958 che non gli riusciva il Doble, Liga/Champions.
Dopo una discreta cerimonia d’apertura con un mix di successi dei Black Eyed Peas, ha inizio il massacro bianconero, o quasi.
Prima frazione subito pimpante, con i torinesi ad imporre il gioco: diverse, infatti, le occasioni create da Higuain su cui però Navas si fa trovare pronto. Interessanti gli spunti offensivi ⚪️⚫️, in cui saltano agli occhi soprattutto Mandzukic e Pjanic, che impegna il portiere costaricano con un bel tiro. Dopo il ritmo forsennato dell’inizio, con la Juve abbassata, il Real al primo tentativo passa: tre passaggi, e Cr7 diventa, con complicità quasi ininfluente di Bonucci, il primo giocatore della storia a segnare in 3 finali di Champions: sono 4 per lui quelle vinte. Dopo appena 7′, la Juve miracolosamente reagisce, con il toro croato che estrapola il coniglio dal cilindro, con una rovesciata a scavalcare un colpevole Navas. Dopo il pareggio su assist di Higuain per il terzo goal dell’edizione per Mandzukic, la partita si gioca a centrocampo, a ritmi alti, in cui però il Real ne esce vittorioso, creando gli ultimi tremolii con il ribattezzato Cr9, promesso al 5º Pallone d’Oro per raggiungere l’eterno rivale Messi. Si fa al riposo su un giusto 1-1, ma nei secondi 45′ i blancos, non ce ne sono per nessuno, la Juve non scende in campo, e “gli ospiti”, fanno ciò che vogliono, dominando gli avversari. Dopo aver abbozzato qualche azione e fatto proprio il possesso, i Galacticos in 5′ hanno meritatamente chiuso la pratica prima con Casemiro, con deviazione decisiva di Khedira, e poi con il 600º gol in carriera di Ronaldo, che con 12 gol, scalza di uno Messi, e si aggiudica per la 5ª volta consecutiva la classifica cannonieri come nessuno mai nella storia. Il resto è noia: la Juve conclude inesorabilmente senza tiri, delusi e rassegnati contro il Real, impotenti contro i contropiedi di un avversario che forse è stato affrontato con più coraggio anche dal Napoli. Nonostante i cambi, Allegri prova a coprirsi per non prendere un’imbarcata, ma il poker arriva lo stesso: Cuadrado viene ammonito immeritatamente per la seconda volta su simulazione, o quasi di Ramos, e Asensio a 90′ più recupero si iscrive alla festa: il Real è campione.
Impresa conclusa a metà dalla Juve, che mai come quest’anno doveva provare a fare il Triplete, chiudendo un cerchio perfetto ma che di fronte ai più forti non c’è stato nulla da fare. C’è rammarico per com’è andato il match, forse qualche deviazione a favore dei blancos, ma è pur vero che hanno giocato meglio e nella competizione dei dettagli, bisogna vincere contro tutto e tutti. Delusione e amarezza per la consapevolezza di essere cresciuti e di avere il giusto mix di giocatori esperti e giovani, ma che nel momento decisivo sono venuti a mancare, come Dybala, che stasera si è dimostrato di non essere un campione: a 24 anni non si è più una promessa, ma un giocatore che si carica la squadra come Messi a Roma 2009, ma che come da timore , proprio dopo quella notte magica allo Stadium con il Barça, Dybala si è montato la testa. Bisognerà ripartire da lui per provare a vincere quella Coppa, che la dirigenza ha messo in programma di vincere entro due anni e che manca da 21 anni nella ex capitale italiana, Italia che purtroppo non si fa valere, nel calcio ma in tutti gli sport, segno che patriottismo e sudore, non sono nella nostra indole. Per dirla alla De Laurentis, è mancata la “cazzimma”; si è mancata, e dopo la finale di due anni fa e l’uscita agli ottavi dell’anno scorso, tutti, da stampa a tifosi, credevano che la Juve l’avesse in confronto agli altri, ma non è riuscita a dimostrarlo neanche con giocatori esperti giunti a Torino per vincere la Champions. Sono venuti a mancare in tanti, dalla difesa, ad eccezione di Barzagli e Buffon incolpevoli, al centrocampo che ha resistito un solo tempo e alla superficialità e alla poca freddezza in attacco, ad eccezion fatta di Mandzukic sempre generoso e premiato con un gol che va di diritto tra i candidati ai Puskas Awards. C’è rammarico per Gigi, impotente stasera, che vede sfuggire la terza finale della carriera e che dopo la delusione dell’ultimo Europeo, si appresta a vivere probabilmente l’ultima stagione della carriera con la speranza di vincere tutto, in particolare quel maledetto Pallone D’Oro che mai come quest’anno, come la Champions, era alla portata, per la carriera e per la poca continuità degli avversari.
È mancata la giocata del fuoriclasse, la solidità della difesa e i soliti gol mancati nelle finali di Higuain: Agnelli li ha consolati, con la speranza che l’anno prossimo sia quello buono. Anche quest’anno Allegri aveva fatto un miracolo, con una squadra non ancora all’altezza del Real che può permettersi di avere James e Pepe in tribuna; il fatturato sarà di 550 milioni, urgono risorse nuove e rinforzi, soprattutto a centrocampo e attacco per rinforzi e affamati di vittorie. Da un lato è una fortuna non aver concluso il cerchio così che i giocatori siano ancora alla caccia di trofei, ma la prova di carattere che è venuta a mancare stasera è sembrata come una resa nei confronti dei miliardi degli avversari. Ma non è così, la Juve è riuscita a fare una grande stagione, non concludendola però con la ciliegina sulla torta, ma che comunque ci fa rendere conto che, nonostante abbia deluso in tanti, sia cresciuta ancora e sia uscita dal baratro, e che dopo questa finale, n’è uscita rafforzata, per provare l’assalto a quella dell’anno prossimo. Vanno fatti comunque i complimenti ad un’altra squadra insaziabile come il Real, di cui si può invidiare solo la costanza in Champions, perché per un tempo si è visto come con umiltà e organizzazione si è tenuta testa alla squadra più forte del mondo, che ha in squadra un killer chiamato Ronaldo, segno di dedizione e di formazione autonoma che dà coraggio ai giovani. Cala il sipario sulla stagione 16/17, in cui purtroppo la Juve ne esce con l’amaro in bocca, un po’ per sfortuna e un po’ per demeriti, ma con l’appoggio, nonostante le consuete critiche per la delusione, dei tifosi. Ora non restano che le nazionali per poi una lunga sosta, in seguito si penserà al ritiro e ai nuovi acquisti, ora non resta che dimenticare e pensare al futuro: si sa, non si vive del passato, ma del presente e di ciò che sarà, il quale sarà per certo, un futuro di grandi successi!
Gentile Alessandro, scusi per il ritardo. Il mio ricordo di Luis Silvio è molto vago, nel senso che giocò appena sei partite nella Pistoiese. Sul suo conto, si scrisse di tutto: che era un’ala e non una punta; che fosse un cameriere e non un giocatore, addirittura. Più terra terra, fu semplicemente un piccolo, grande abbaglio dovuto alla frenesia mercantile delle frontiere appena ri-aperte.
Buona sera, gentile Beccantini. Recentemente ho visto questo documentario sul calcio degli anni 80: https://www.youtube.com/watch?v=VxSJHPuffAM
Ci sono anche alcune sue testimonianze. Dal minuto 7, 50″ al minuto 9, 40″ si parla di un attaccante brasiliano arrivato in Italia nel 1980, dopo la riapertura delle frontiere. Si chiamava Luis Silvio Danuello. Qual è il suo ricordo? E’ vera la storia che per convincere i dirigenti della Pistoiese ad acquistarlo si era inscenata un’amichevole farsa dove gli avversari gli facevano fare tutto quello che voleva, in pratica facevano finta di marcarlo, così lui poteva dare la parvenza del fenomeno?
Gentile Gian Piero, molto apprezzabile il suo sforzo di spremere la storia in un paio di tweet.
Gentile Roberta, complimenti per il suo barocco.
Gentile Alessandro, buon pomeriggio. Si dice proprio così.
Buona sera, gentile Beccantini. Da pochi giorni in rete c’è un nuovo blog. https://blog.matteorenzi.it/
Un colore azzurrino che fa molto Forza Italia. Forse è un indizio delle future larghe intese con Berlusconi. D’altronde, chi si somiglia si piglia. Non si dice così?
A proposito di grandi numeri 10. Platini vs Del Piero.
Platini era la luce che irrompeva nel buio.
Era la giocata di genio che appariva in un lampo.
Del Piero invece evocava la bellezza e la leggerezza in una giocata che si sviluppava nel tempo. Un po’ come la bellezza di una frase musicale che si snoda per qualche secondo….
“Vento della sera, o l’orribile banchetto” – Opera buffa in un atto: il primo
Condizioni climatiche infauste:
- ‘vecchia signora’ vede il riacuirsi di problematiche interne al suo ‘apparato locomotore’…i reumatismi sono disturbi latenti che, alla prima avvisaglia di freddo intenso, non tardano a palesarsi;
- Po ghiacciato dall’ondata di gelo/neve che Eolo spira da nord-est (leggasi Croazia);
- Arno fuori dagli argini esonda (causa piogge intense delle giornate precedenti) e irrora con le sue acque il terreno da gioco dello stadio Franchi, dove campeggia il giglio di Florentia.
Rivalità atavica (anche nella diversa reazione alle temperature basse: leggere quel -39 è sempre un pugno allo stomaco) quella tra Po e Arno, il cui letto non sempre fa dormire sonni tranquilli. Questa notte toccherà al primo fiume restare sveglio a POnderare quale strada tortuosa abbia (inavvertitamente?) imboccato causa uno, o più, dei suoi ‘affluenti’. Partiamo dall’inizio. Quella che si è disputata nel posticipo di stasera tra Fiorentina e Juventus non è stata una prestazione brillante della capolista: una litote insomma. Una zebra così bianca, senza quel nero che le conferisce un po’ di colore, non la si vedeva da tempo. Una Fiorentina così al sangue, invece, è quello che si trova ultimamente nella ‘scuderia’ di Paulo Sousa. Poco da encomiare a una, poco da recriminare all’altra: gioco statico e improduttivo per Dybala, Cuadrado, Chiellini (che, sempre per quel bisticcio implicito, preferisce un bel +39°; non ce ne voglia se lo prediligiamo anche noi). Occasioni create solo grazie al guizzo produttivo, forse per assuefazione al gol, di un Higuain che d’oltreoceano importa la sua asado: di contro alla bistecca testé citata. Modulo che non funziona. Tra i bianconeri manca il croato che, magari, fosse stato coinvolto prima nell’azione, avrebbe cantato (anche se, a suo dire, «no good») Lijepa naša al fischio finale di Banti. Vessillo bianco-rosso-blu tenuto alto dai due croati che invece ‘serpeggiano’ tra le fila viola, Kalinic e Badelj: Kalinic, con quel suo andamento tortuoso si è riuscito a incuneare nei varchi lasciati aperti da una difesa a dir poco incerta (del resto la prateria è, se si vuole, territorio più conosciuto a un serpente che a una zebra). Chiesa gode di diversi proseliti tra gli spalti: che sia stato o no suo l’ultimo tocco del secondo gol poco importa, ha comunque guadagnato la simpatia degli astanti con diversi interventi. Per dirla tutta, la sua mossa alla Daniel San ha comunque spiazzato Buffon. Alex Sandro brilla solo per qualche secondo, complice quell’innesto di adrenalina che fa salire improvvisamente la sua temperatura corporea: ecco allora che un bel sombrero a Bernardeschi non è fuori luogo…o fuori tempo.
Cattiva la prima, in nuce; anche la seconda: frazioni di gioco. Del resto, lo abbiamo detto all’inizio: opera buffa… in un atto.
Gentile Alessandro, la scuso la scuso. Anch’io ho votato no, ma più che altro perché “schierava” Zagrebelsky. Vorrei essere ottimista come lei, sulle ragioni del No, ma non ce la faccio. Conosco gli italiani. Al massimo, cambiamo facce: mai teste.