Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
Ric… forse il tuo ritratto eccetto per questo periodo: ” In questo lasso di tempo segna un paio di gol, in genere di pregevole fattura, si esibisce in qualche finta o tentativo di doppio passo. Vero leader in campo, almeno a parole, è il tramite di ogni azione di gioco.”
Sorrido Nonsologoal…..praticamente il mio ritratto ogni giovedì sera…..
bello, Nonsologoal………
Il re dei due metri quadri
In tutti i luoghi di lavoro, con elevata componente maschile, una sera a settimana è dedicata al calcio. Torneo aziendale o classico scapoli contro ammogliati poco importa. Che sia a 11, a 7, a 5 importa ancora meno. L’importante è giocare. C’è chi gioca per compiacere il capo ufficio, chi per girare alla larga da moglie e figli almeno una sera e chi vive in funzione dell’appuntamento, mangiando banane e bevendo gatorade già sei ore prima della partita. Il campionario pedatorio è molto variegato. La figura che prediligo è quella del “re dei due metri quadri”.
Mezzo Ronaldinho, mezzo divano Ikea. Passato e presente, yin e yang. Appartiene di diritto alla moderna mitologia pallonara. Anagraficamente si aggira intorno alla quarantina, i pochi capelli che si ostina a curare, come il campo dei miracoli, lo riportano a glorie vissute, in un altro secolo, durante i giochi della gioventù. Arriva alla partita qualche secondo prima del fischio d’inizio. Finge di riscaldarsi, anche se l’età e il fisico suggerirebbero il contrario. Si piazza al centro del campo con il pallone tra i piedi. Perché il pallone è suo. Ma non per acquisto, bensì per affetto, con il pallone ci parla. Non lo calcia, lo accarezza. La sua autonomia di gioco oscilla tra i venti e i venticinque minuti. In questo lasso di tempo segna un paio di gol, in genere di pregevole fattura, si esibisce in qualche finta o tentativo di doppio passo. Vero leader in campo, almeno a parole, è il tramite di ogni azione di gioco. Scaduto il termine inizia la vera partita. Paonazzo in volto, si installa al centro del campo, nella terra di nessuno, guarda lo svolgimento della partita da spettatore privilegiato. Tenta di intercettare qualche pallone, ma è più la generosità dei compagni che la sua intraprendenza a permettergli di toccare la palla. I compagni di squadra lo subiscono, gli avversari infieriscono. Dato che i portieri sono una specie in via di estinzione, il turno in porta serve a ridargli qualche minuto di autonomia. Vive gli ultimi minuti di gioco come un giocatore d’azzardo alla ricerca della mano fortunata. Cosa che raramente arriva, come le sue giocate. Il re ritrova vigore sotto la doccia, pontificando a gran voce sul risultato finale, su movimenti, schemi e diagonali. Solo una mezza chiara alla spina riuscirà a farlo star zitto.
Ric…. un abbraccio.
Riccardo Ric, grazie di cuore per aver considerato questa modestissima “Clinica” degna di un ricordo così alto e malinconico. Mi inchino, commosso, alla memoria della sua mamma.
Cinque giorni di visite al reparto di terapia intensiva dell’Ospedale di Livorno. Uno per volta, erano consentite due visite al giorno di pochi minuti. Angeli in camice ci accoglievano, perfette nel far rispettare la rigidità del regolamento del reparto, ma senza creare tensioni. Furono perfetti, medici ed infermieri: doveroso lodare la sanità pubblica, quando lo merita profondamente come in questo caso. Del resto un reparto di terapia intensiva è una dimensione a se stante, qualcuno più bravo di me lo descriverebbe come un luogo di trapasso, di passaggio.I n pochi casi vi è speranza: rassegnazione, fatalità ed una certa forma di serenità vanno per la maggiore. Dalla prima sera i medici ci avevano subito tolto ogni speranza: trombosi cerebrale, coma profondo, nessuna possibilità di recupero, la migliore aspettativa quella di vivere(?) in quello stato per chissà quanti mesi. No, non era la migliore aspettativa. Quando toccava a me farti visita, a passi svelti raggiungevo il tuo letto, non guardavo gli altri, la vita in quello stanzone, nella maggior parte dei casi era rappresentata solo dai led dei macchinari. Ci avevano detto che non udivi, non reagivi, che i movimenti del corpo erano riflessi del sistema nervoso, e nulla più. Avevi il volto sereno, mentre dormivi, e mi sentivo goffo mentre ti parlavo sapendo che non mi ascoltavi.
In quei giorni era ricoverato anche un ragazzo di 15 16 anni, dopo una caduta dal motorino. E nei genitori di quel ragazzo vedevi bene invece la disperazione, l’angoscia, la voglia di lottare. ll pianto della mamma di quel ragazzo la sera in cui fu ricoverato non lo dimenticherò mai.. Nella piccola comunità che si era formata nessuno si azzardava ad avvicinarli, ma tutti facevamo il tifo per loro e loro lo capivano quando gli sguardi si incrociavano.
La mia mamma stava morendo, senza possibilità di ritorno ed altra mamma era al massimo della disperazione per il proprio figlio, che invece speranza l’aveva, questo lo avevamo capito.
Moristi dopo cinque giorni di ricovero, acconsentimmo senza indugio alla donazione degli organi. I genitori di quel ragazzo vennero a farci le condoglianze, i loro volti un po’ più distesi, il loro figlio era fuori pericolo di vita, anche se il percorso che si presentava era ancora incerto. Ma andava molto meglio.
Era il 19 aprile 2009. Ciao mamma.
Gentile signor Matteo, per me sarebbe un onore. Grazie della fiducia. Una sola indicazione: informazioni dettagliate su come raggiungervi. Mi scriva lei, per favore, a roberto.beccantini@fastwebnet.it.
Scusi Beck
se approfitto di questo spazio ma non saprei in che altro modo contattarla.
Sono un amministratore del comune di Zelbio, minuscolo paese di mezza montagna nel triangolo lariano, non lontano da Bellagio.
Da qualche anno organizziamo nel cineteatro parrocchiale una piccola rassegna estiva letterario-giornalistica (“Quell’altro ramo del Lago di Como”) alla quale hanno partecipato giornalisti, scrittori, critici e artisti di un certo livello (fra gli altri Gianni Mura, Mario Calabresi, Flavio Caroli, Nanni Svampa, Gioele Dix, Arianna Scommegna, etc.).
Vengo al dunque per non farle perdere tempo. C’è una qualche possibilità di averla nostro ospite per una serata di chiacchiere assolutamente a ruota libera? Se sì, a quali condizioni? L’ideale per noi sarebbe a ridosso di ferragosto, periodo in cui abbiamo più gente in paese e in cui sarebbe anche interessante tracciare un bilancio di olimpiadi ed europei.
Inutile aggiungere (ma lo aggiungo) che per noi (e per il sottoscritto in modo particolare) sarebbe un onore averla ospite a Zelbio.
Se mi ha letto e vuol rispondermi può farlo all’indirizzo mail sottostante
Scusi ancora per l’invasione di campo.
Cordialmente,
Buon giorno, Andrea. Concordo in pieno.