Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà . E magari anche qualcuno.
@beck
qualcosa di pratico per i giornalisti o aspiranti tali? 1) si faccia portatore di una proposta per l’abolizione dell’ordine dei giornalisti; 2) immediata verifica in rai, mediaset, sky, redazioni giornali, della presenza di figli d’arte, con contestuale esame delle modalità di assunzione
No no Beck! Mica l’ho scritto per quello! Ho letto Niccolò ed ho pensato alle situazioni di lavoro precario che vivo da vicino ed a quelle che vivrò prossimamente, tanto la situazione non migliorerà . E poi mia figlia è al secondo anno di scienze politiche, è tutto ancora da immaginare…
Riccardo Ric, mi piacerebbe tantissimissimo fare qualcosa di concreto per i giovani (almeno per coloro che amano il giornalismo), ma non so che fare, di pratico.
Buon giorno, doctor Giuseppe. Sono contento per lei. Certo che la Calabria non è solo ‘ndrangheta. Dimenticavo: ho preso il libro di Abate. Lo leggerò appena terminato “2666″ di Roberto Bolano, uno dei miei autori preferiti.
Io ho una sorella, 44 anni, insegnante precaria da oltre dieci anni…ed una figlia di 20 alla quale piacerebbe diventare giornalista….
Buongiorno Beck, a proposito di “precariato”, porto anch’io un piccolo contributo. Ho conosciuto una giovane precaria, Rosaria Talarico, i cui articoli compaiono sul mio giornale di riferimento “La Stampa”. L’ho contattata sul web e ci siamo incontrati di persona. Le debbo confessare, Beck, che grande è stata la mia “invidia” nei confronti della giornalista, veramente molto alla mano e molto simpatica, che scrive, anche se….precaria, sul giornale torinese….La Calabria non è solo ‘ndrangheta….
Una storia da raccontare direbbe Ezio Macalli. Un giovane “precario” come tanti e che non riesce, ma cui va tutta la comprensione nostra. Non mi si dice niente di nuovo, per esperienza ho una figlia aa.vv. Alitalia precaria da otto anni e che non trova soluzione….Leo
Niccolò carissimo, grazie del contributo. Come la capisco. Sono stato giovane anch’io (forse) e in quegli anni, gli anni Settanta, ai giovani i “grandi” davano, spesso, le risposte che oggi danno raramente. Io lasciai Bologna a 19 anni e otto mesi per Torino, assunto da Tuttosport. Sacrificai la laurea in Scienze politiche per il giornalismo, una della grandi passioni della mia vita. Quando incontro giovani come lei e, insieme, si parla di questo bellissimo mestiere, un po’ per celia e un po’ sul serio dico loro che il giornalismo è diventato un sogno o un lusso per figli ricchi, viste le strettorie che, sempre più sovente, ne condizionano l’accesso.
Eppure resta straordinario. “Largo ai giovani”, Niccolò, l’ho creata proprio (anche) nello spirito da lei indicato e sollecitato. Mi risulta che finora (cioè, dal 7 novembre 2011), almeno uno sia stato pescato e reclutato. Non parli a me di largo ai giovani. Lei, comunque, non molli. In questi casi, si vorrebbe rispondere con qualcosa di concreto, e non, semplicemente anche se sinceramente, con qualcosa di ideale, di platonico, di romantico. Bisogna continuare a lottare e a sognare. Leggere, leggere, leggere. Scrivere, scrivere, scrivere. Non aver paura, Niccolò, non è assolutamente “eccesso di ego”. Anzi. E nello stagno lanci più sassi che può. Spero che nell’acqua del mio piccolissimo acquitrino la sua pietra alzi uno spruzzo tale da incuriosire qualche sito, qualche giornale. E se capita a Milano, mi faccia un fischio.
Signor Beccantini,
ho letto stamani il suo articolo “Giornalismo sportivo, che fare?” su Yahoo e, non riuscendo ad inviarle commenti, ho pensato di scriverle qui, sperando mi venga perdonata l’”usurpazione” se non mi trovo nel posto e nel “post” giusto.
Ho 23 anni – in Italia sarei giovane, altrove no – e vivo a Torino. Qui ho collaborato per un anno ad un mensile online e cartaceo occupandomi – anche – di sport, per me passione vera dai tempi del post-biberon. Attualmente mi sto specializzando in comunicazione. Scrivo spesso sul suo blog, confrontarsi è sempre piacevole.
Ora vengo al sodo. Volendo “forzare gli argini” del giornalismo e tentare quantomeno di abbozzarne un migliorarmento, personalmente ritengo che sarebbe meglio dare spazio ai giovani – ok è un’autocandidatura, mi ha beccato – con “voglia&passione” per il suddetto mestiere. Materiale di qualità da noi lo si trova, glielo assicuro. Del resto, il giornalismo sportivo italiano, pur se bistrattato e con molte pecche, è pur sempre lontano da certe forme di “tabloidismo” operanti all’estero. Lei lo sa, la cura del dettaglio e il rispetto per il lettore non ci manca. Casomai il nostro antico vizio è – e vedo che lo ha adocchiato – quello di sfociare – ed insistere – nel transfermarket calcistico sempre e comunque. Anche il mercato vicino casa mia chiude, dopo una certa ora, sa? Altro nostro morbo è il “polemichese”, ma essendo insito nella cultura italica, risulta difficile da debellare. Il resto è abbastanza ok. Cambiare -in meglio – si può, ma le vere novità le possono – e le devono – portare solo le nuove schiere. Purtroppo tutto ciò è difficile. Si dice: “Investire nella formazione”, ma la formazione costa. Tanto. Non tutti hanno questa possibilità e magari tentano la fortuna – come sto facendo io in queste righe – percorrendo sentieri alternativi, facendosi adocchiare da persone – come lei – che la sanno lunga sul mestiere. Semplicemente, tutto quello che un ragazzo con questa passione vuole dire oggi è: “Mettetemi alla prova, ora, su qualsiasi argomento, ma fatelo”. Ammaniti – con il quale condivido il nome di battesimo, chissà – diceva: “Io non ho paura”. Beh, nemmeno io. Eccesso di ego? Forse, ma se uno è sicuro delle proprie capacità – e sa maneggiarle con cura – non ha certo paura di lanciare il sasso nello stagno. Splash!
Gentile Ivan, come si diceva una volta: ne “uccide” più la lingua della spada. Ecco, adeguiamolo: ne “annoia” più la lingua della spada.