Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
Gentile Fiorentino, la ringrazio per la tenerezza che le suscito, anche se francamente preferirei suscitarla in una gentile fiorentina, fosse anche una bistecca………….
Gentile Fiorentino, buona sera a lei. Scusi per il ritardo. Vorrà scherzare. Ezio scrive come meglio crede – e, per me, scrive bene – io non c’entro nulla, già fatico a inseguire me stesso, si figuri gli altri (a inseguire o a essere inseguito). Per carità. Si fidi.
Buon giorno, gentile Beccantini.
Noto che lei fa scuola. E’ da qualche tempo che volevo scriverle quanto segue, ma mi sono sempre astenuto, come se avessi delle remore. Ora prendo un po’ di coraggio, scusandomi anticipatamente con l’interessato se verrà meno la simpatia che lui senz’altro nutre nei miei confronti. Provi, caro Primario, a mettere sotto la lente di ingrandimento i messaggi del gentile Ezio Maccalli. E’ uno che tenta, ovviamente senza riuscirci (e fin qui…), di imitare il suo stile di scrittura. Ammetto che mi fa sorridere, mi mette tenerezza. E’ solo una mia impressione od anche lei ha qualche sospetto?
PER IL “DE PROFUNDIS”, ASPETTARE………..
Senza attenuanti, senza alibi. “Troppi” loro, troppo poca Juve per essere vero. Disfattisti, “ve-l’avevo-detto-io” e avvoltoi, prego astenersi.
Che Lichtsteiner e Peluso soffrano Ribery e Robben è calcio. Che Barzagli dal dischetto del rigore offra un assist a Robben, che Pirlo, dopo trenta secondi di partita, rilanci con la forza e la precisione di un cinquantenne dopo mezz’ora di torello, o che Marchisio si incarti con quattro metri di campo libero davanti, c’entra poco col valore dell’avversario. E Buffon………
Salvo il generoso e disordinato Vidal e Chiellini (stia attento al mulinar di braccia per favore…). Gli altri tutti sotto il cinque.
Assolvo Conte: la ventilata ipotesi di un Pogba in più era stuzzicante e forse avrebbe meritato la verifica sul campo, ma difficilmente avrebbe inciso ieri, viste le prestazioni individuali.
Adesso avanti col Pescara. C’è uno scudetto da vincere. Servono quindici punti a cominciare dai tre di sabato. Senza effetti speciali. Una monotona salutare vittoria con un paio di “gollettini”. Banali, banali.
Vietato distrarsi, piangersi addosso o mettersi in discussione. Se questa squadra è arrivata fin qui vuol dire che vale. Poi, da domenica, si ripenserà al Bayern. E alla Champion’s, che è ancora lì. Sarà un’altra partita. E, ci scommetto, un’altra Juve.
Parole sante, gentile Filippo.
La Figc e l’antirazzismo di facciata
Bella l’iniziativa promossa dall’Unar e sostenuta dalla Figc contro il razzismo, ma servirà davvero a qualcosa?
Prima del fischio di inizio delle partite del 16-17 marzo, in tutti gli stadi italiani di serie A è stato esposto uno striscione contro il razzismo. I capitani delle squadre hanno letto poi un messaggio di sensibilizzazione. Sugli spalti, distribuiti volantini con lo slogan “Espelli il razzismo”. Un’iniziativa che introduce alla “Settimana mondiale contro qualsiasi forma di razzismo e di discriminazione”, e al 21 marzo (anniversario della strage di Sharpeville), “Giornata mondiale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali”.
Eppure l’impressione è che, come ogni volta, iniziative di questo genere più che sensibilizzare, servano solo a farci sentire tutti più buoni. Abbasso il razzismo, siamo d’accordo. Ma il recente passato insegna che il potere degli slogan spesso è minimo o nullo. Ultima voce contro l’ignobile abitudine (italiana ma non solo) di intonare “buu” nei confronti dei calciatori di colore, quella di Brad Friedel. Il portiere del Tottenham si è detto “disgustato” dall’atteggiamento di alcuni tifosi dell’Inter, che hanno rivolto cori razzisti contro il compagno di squadra Emmanuel Adebayor. Aggiungendo che “l’Uefa può continuare ad organizzare campagne e iniziative, ma finché i comportamenti non verranno insegnati nelle scuole, non cambierà nulla”. Un malcostume radicato ovunque e dettato dall’ignoranza, quello delle offese xenofobe, ma che l’Uefa, a differenza della Figc, sembra voler combattere sul serio. I saluti romani di alcuni tifosi laziali nella gara di Europa League contro il Borussia Moenchengladbach, sono costati alla squadra di Petkovic due gare a porte chiuse. Michel Platini, almeno, non ha rinunciato in quel caso a separare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Alla famiglia e alla scuola (si spera) il dovere di trasmettere valori sani a cittadini e tifosi (uomini e donne) del domani.
Ma nell’Italia calcistica come funziona? La facciata non mostra crepe, intrisa com’è di moralismo e di buone intenzioni. Giancarlo Abete già a gennaio aveva preso posizione dopo la sospensione di Pro Patria-Milan, causa cori offensivi contro Boateng, Niang, Muntari, Emanuelson. Il presidente della Figc aveva dichiarato che “se c’è necessità di sospendere le partite per episodi legati al razzismo lo si faccia tranquillamente, pur di contrastare il più possibile questo fenomeno”. Applausi a scena aperta. Poi però veniamo ai fatti, riprendendo per comodità alcune sanzioni comminate di recente da Giampiero Tosel. 4mila euro di multa per i cori degli juventini contro i napoletani (“O Vesuvio lavali col fuoco”) e contro Balotelli (“Non ci sono negri italiani”) durante Juventus-Catania. 50mila euro per gli insulti razzisti contro lo stesso Balotelli intonati dai tifosi interisti nel derby. Entrambe le partite, seguendo le parole di Abete, dovevano essere sospese. Invece si è preferito voltare lo sguardo. Per primo l’arbitro di Juventus-Catania, Giannoccaro, che ha messo a referto dei generici “cori ingiuriosi”.
La coscienza, però, com’è insistente! Vogliamo sentirci tutti buoni, allora ecco che non si puniscono gli incivili – e inevitabilmente le società – ma poi si promuovono iniziative (comunque ammirevoli) e si spendono tante parole, belle quanto inefficaci. A parlare, tutti bravi. Anche se dopo i fatti dicono l’opposto. La Figc, attraverso giudice sportivo e arbitro, non può rinunciare a esprimere un giudizio morale, anche tramite sanzioni nette. Senza la presunzione – che sarebbe vana ed eccessiva – di colmare la mancanza di valori e il vuoto educativo, ma per segnare almeno il discrimine tra giusto e sbagliato. Altrimenti passa il messaggio che allo stadio vale tutto, e allora i volantini distribuiti sugli spalti possono essere tranquillamente stracciati e calpestati. Partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri, cantava Rino Gaetano.
Barcellona – Milan 4-0
Corsi e ricorsi storici. L’assedio pulsante dei blaugrana riporta alla memoria la ferale giornata del 13 vendemmiaio dell’anno IV, dove uno squattrinato generale va incontro alla storia salvando la Revolution dal rigurgito realista.
Le truppe rossonero-realiste, stendardi al vento, quasi a mani nude affrontano l’artiglieria revolutionnaire, confidando nel vantaggio accumulato quindici giorni fa.
Il giovane fantaccino Niang ha addirittura il colpo per uccidere il generale: ma il colpo passa vicino alla testa del Petit Caporal, senza ferirlo nemmeno.
Sventato il pericolo, la pioggia di fuoco s’abbatte inesorabile sul nemico, senza pietà alcuna, portando al trionfo il Barça e i suoi eroi.
Fu vera gloria?
Ai quarti l’ardua sentenza.
Eccellente analisi, MacPhisto.
MATURITA’ VS PANCIA
La trasferta di ieri (per fortuna unica all’anno, sembra un virus da debellare) sul campo dei primi diretti inseguitori delle ultime settimane, una trasferta rivelatasi più difficile per le premesse e per i contorni indecenti, indecorosi, specchio del tifo più becero, squilibrato e mediocre che c’è in Italia da tempo (per una altrettanto mediocre squadra, mio pensiero), non ha aggiunto sorprese e non ha divelto in maniera assoluta delle certezze che già erano presenti alla vigilia di questa sfida dell’anno (per i napoletani però). Da una parte i campioni d’Italia in carica che vogliono e devono riconfermarsi, di fronte alla mediocrità generale di un campionato pieno di vizi e di poche virtù, che ha giocato e condotto un quasi totale primo tempo con la sicurezza, il gioco e la mentalità della squadra matura, che sa come si affrontano certi palcoscenici e certi avversari; dall’altra parte, gli sfidanti, in crescita costante nell’ultimo triennio, quelli dell’istinto, del guizzo spesso decisivo dei singoli e della pancia di chi vede però tutto intorno ingiusto, da recriminare, da lamentarsi, un atteggiamento comune a tutte le squadre ma pressocchè esasperato nella loro tifoseria e cultura di concepire il calcio negli anni, soprattutto per un club che dopo l’exploit quasi irripetibile degli anni del Pibe de oro (che ha acceso ancora di più i fuochi alla vigilia con le sue chiacchiere) vuole ritornare a quei fasti, pur con “materia prima” nettamente differente e che ha risistemato una gara fin quasi da subito in salita con un gol del pareggio su deviazione fortuita e un secondo tempo migliore, con qualche fiammata, ma senza la sensazione di dominare nettamente l’avversario (nonostante i ragli dell’allenatore che vede il calcio e la realtà a suo modo compiacente).
Io insisto su certe tappe che fanno parte della via lunga e faticosa della crescita bianconera, e quella del S.Paolo di ieri è stata tale. Tralascio pagelle e voti ad personam, tralascio i cori beceri, i sassi contro il pullman, l’ostilità pedante degli avversari fuori e dentro il campo, la vigliaccheria o metro di giudizio strano degli arbitri benvoluti dai padroni di casa (ma poi mancavano due rigori, l’espulsione di Chiellini, e forse nemmeno il gol nostro era proprio limpido e regolare), il nervosismo ingiustificato di anti-sportivi come De Sanctis, Cavani o altri (io ci vedo una piccola spia che non sono nè campioni nè realmente capaci di diventarlo un domani, perchè chi si innervosisce alla prima difficoltà non è il più forte). Bravi e maturi i nostri a mantenere spesso la calma e a giocare a pallone, in questa corrida senza classe e stile.
Il risultato finale è stato tutto sommato giusto, facendo da contrappeso i meriti del primo tempo e certe lacune e calcoli della ripresa; con la cattiveria e il cinismo delle grandi squadre (che ancora a tratti non abbiamo e non siamo, ma la strada giusta c’è) si poteva regolare avversario e classifica migliore, ma da ieri sera mi sono rimaste 3 certezze sul resto delle considerazioni.
1) Se la squadra di casa, pompata ed esasperata a dovere a furor di popolo (e di stampa e pseudo-critici) a batterci per iniziare il vero tentativo di rimonta al primo posto, per metà gara ci capisce poco o nulla, spaesata, qualcosa non quadra e abbastanza chiaramente evidenzia chi è davvero il più forte;
2) Il campionato italiano spesso per statistica e tradizione lo vince chi ha la difesa migliore, ma spesso basta anche un attacco più cinico (non goleador che poi si inceppano togliendo l’arma principale alla squadra, come il Cavani appannato e umano delle ultime gare), ciò che non sono stati nè Vucinic davanti al portiere del Napoli nè Giovinco quando ha cincischiato troppo invece di tirare facendosi rubare il pallone al limite dell’area avversaria dando poi l’avvio all’azione culminata col tiro (deviato in modo decisivo) del pari di Inler. I nostri attaccanti hanno molti limiti e al netto delle scelte spesso vincenti di Conte, l’attaccante deve tirare (e si spera nel miglior modo) e non sempre fare il gioco tattico che alla lunga porta sterilità nei momenti chiave. Tocco ferro che il 2-0 divorato da Vucinic, che avrebbe chiuso baracca, burattini e pulcinella vari, non dobbiamo poi pagarlo successivamente.
3) Se la Juventus, mantenendo attualmente questo discreto distacco di classifica, può perdere lo scudetto più che altro per demeriti propri di personalità, conduzione di certe partite e di energie soprattutto mentali in vista dell’impegno europeo (e qualche volta bisogna usare la spada e non il fioretto), mi viene molto difficile da comprendere come possa meritare la rimonta vincente un Napoli, impegnato solo su questo fronte, che finora non ha mai azzannato le occasioni giuste e che matematicamente deve comunque fare questi 6 punti in più in 11 partite rimanenti.
Lungi da me sottovalutare niente e nessuno, nonostante tutto.
Evviva i giovani, gentile Beppe.