Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
Il rischio che si corre in questi casi è di lasciarsi guidare dall’emotività e prodursi in giudizi estremi. Sopravvalutazione e sottovalutazione: è un attimo. Vinta dall’Italia o persa dal Giappone? Com’è la storia?
E’ stata divertente prima di tutto. Incasinata, caciarosa, senza logica: una bella partita. Al diavolo le contorte questioni tattiche che spesso imbruttiscono le gare, le difese imbarazzanti o l’equilibrio di squadra saltato troppo presto. E’ successo di tutto e di più ma ogni tanto godiamoci questo gioco senza puzza sotto il naso.
Onestamente il 60 o forse più % del merito va al Giappone che ha avuto sempre un’unica idea in testa: giocare a pallone. Niente catenaccio, niente difesa a uomo su Pirlo, niente botte a Balotelli. Solo calcio nella sua espressione migliore. Palla tra i piedi, movimento di palla e uomini. A tratti si sono visti principi che Barcellona e Borussia Dortmund hanno portato alla ribalta: l’uno-due, tanto banale quanto tremendamente efficace nel calcio del 2013. Mi ha sorpreso la squadra e con essa i singoli. Conoscevo Kagawa e Honda ma non in questi termini; la qualità tecnica generale mi è parsa addirittura superiore a quella di parecchie squadre di Serie A.
Prestazione e risultato mi hanno influenzato perché credo che un k.o. diverso nei modi non mi avrebbe portato ad una conclusione come questa: sono bravi perchè hanno una voglia matta di imparare. Non è un caso che dei 23 convocati dal bravo Zaccheroni 14 siano in giro per l’Europa. Ce n’è uno anche qua da noi (Nagatomo), tra l’altro. Lo stesso che ha costretto Prandelli ha cambiargli marcatore nel secondo tempo (Abate per Maggio).
Tiro il freno a mano all’entusiasmo e provo a dare una spiegazione a una partita così.
L’Italia si è impegnata non poco per far far bella figura al Giappone. Hanno trovato l’avversario migliore per giocare la partita che avevano in mente. Nel primo tempo siamo stati troppo bassi e lenti, nel secondo semplicemente fermi. Mi spiego a fatica i minuti di ritrovata forma o voglia, chiamatela come volete, in cui abbiamo fatto 3 gol; in particolare ciò che li hanno preceduti e seguiti, quando siamo tornati a subire troppo fino al gol di Giovinco.
E’ chiaramente una questione fisica. Il 2-1 contro il Messico aveva camuffato una condizione che rimaneva precaria e che giocando tre giorni dopo non poteva migliorare. Sicuramente negli stessi giocatori. Mi sarebbe piaciuto vedere qualche cambio, Candreva e Diamanti su tutti. Certamente El Shaarawy.
Abbiamo vinto e i giudizi negativi che sento mi sembrano già troppo duri ma è logico che qualcosa non funziona. A partire dall’idea dell’unica punta, poco aiutata da un centrocampo senza fiato e gambe. Non rinnego la scelta di puntare sui piedi buoni, ma senza condizione anche quelli fanno poco.
La Confederations si prepara in dieci giorni, il Mondiale in trenta. Per l’anno prossimo confido nell’equazione più allenamenti uguale più gambe. Per il presente nell’orgoglio, che almeno quello non si allena.
Gentile Ivan, concordo in pieno.
Onore al Siena ancora Campione d’Italia per la settima volta di fila. Sembrava l’anno della fine di un’epoca incredibile, invece con forza e con dure lotte ( vedi con milano e varese) ha rinvito. Grandi meriti sportivamente. Certo annoia un pó che vincano sempre i soliti. Ma se han rivinto, vuol dire che aveva qualcosa di piu. Sono gli altri che han sbagliato e che devono rifarsi. Gran scudetto per Siena.
Brava Roma, ma han perso i nervi. Peccato.
Gentile PCR, grazie della segnalazione. Visiterò, visiteremo il suo blog volentieri.
Buongiorno,
Sono un blogger alle prime armi e sarei davvero entusiasta se Lei potesse esprimere un commento (o perchè no, anche un consiglio) su come migliorare il mio lavoro.
Il mio blog:
fattorecalcio.blogspot.it
Spero che possa essere per Voi oggetto di interessamento e di curiosità.
La ringrazio per la cortese attenzione.
PCR
Grazie, gentili Champ1ons e Dani, per le analisi.
Italia – Messico. La prima in Brasile, al Maracanà, per la Confederation Cup 2013.
Standing ovation del pubblico in divinazione per Pirlo, prima ancora che calci la punizione del vantaggio. I giocatori del Messico sono scesi in campo dimenticandosi di posare i sombrero. Dopo il rigore del pareggio, subito sull’amaca. Lungo e travagliato sogno intervallato da un sonnambulismo quanto mai falloso. Siesta interrotta definitivamente dall’uomo nero.
Vittoria per 2-1, ma Italia non ancora in condizione fisica. Bel brindisi corale nei primi trenta minuti. Meno spumeggiante nel secondo tempo.
Modulo natalizio inedito per le temperature dell’inverno australe. Potenzialmente efficace per gli inserimenti di Giaccherini e Mar(CHI?)sio.
Vittoria di misura per le primarie di sinistra con il più giovane candidato De Sciglio.
Dilemma: “Pirlao” o “Pirlinho”?… mah, cento ancora di queste presenze!
Cambi tardivi e poco incisivi. Il caldo ha fatto assopire pure il saggio Cesare.
Con il ritmo costante e con il gioco espresso nei primissimi scorci del Maracanà, sperando che i samurai di Zac non la faccia a fette prima, forse forse l’Italia riuscirà a suonarle (almeno una maracas) a questi Brasiliani. Altrimenti toccherà bussare più forte il prossimo anno.
Al via la Confederations, dunque. Con quell’iconfondibile aria di superiorità che circonda noi italiani quando non ci troviamo di fronte ad un mondiale o alla champions league. Coppetta, trofeo di latta, “torneo dell’amicizia”, come disse Mancini riferendosi al successo rossonero nell’intercontinentale.
Gli inglesi si resero conto negli anni cinquanta dell’errore, con la coppa del mondo, e accettarono a “sporcarsi” le mani col resto del globo, uscendone peraltro quasi sempre con le ossa rotte; noi italiani rivaluiteremo probabilmente la kermesse prepara-mondiale quando non potremo parteciparvi, oppure saltando sul carrozzone nel caso la vincessimo.
Il pronostico d’altra parte batte bandiera verdeoro, e non potrebbe essere altrimenti. Per i pentacampioni si apre un anno campale: potranno uscirne coronati d’alloro o infangati nell’onore, tutto o niente, senza mezze misure. E’ il grosso rischio di organizzare un mondiale nel paese che riverbera da più di mezzo socolo lo spettro del “Maracanazo”, è anche l’insopportabile sospetto-non infondato- di essere arrivati al grande obiettivo nella versione meno scintillante degli ultimi tempi. Questi quindici giorni, in tal senso, diranno molto.
Diranno anche se il ciclo della Spagna si accompagnerà al declino del Barcellona, se Cavani e Suarez troveranno il modo di “disfarsi” di Forlan, se il calcio mondiale ha trovato di nuovo una grande Nigeria. Ci faranno anche sorridere di fronte agli isolani in camicia di Tahiti, dai campetti in terra battuta dei loro paradisi terrestri al paradiso del pallone del Maracanà.
Ma diranno soprattutto che ne è stato della seducente Italia di Varsavia, dopo un giro di qualificazioni poco esaltante. A Prandelli il compito di riannodare i fili e tessere le tele, a Balotelli uno degli ultimi tentativi di decidere cosa vuole-o può-essere.
Prepariamoci al meglio e godiamoci quest’esperienza e facciamo poco gli schizzinosi, noi che di norma vinciamo qualcosa ogni vent’anni…
Citando Dan Peterson:
Nessuno me lo ha chiesto ma…. ecco la mia opinione su Cavani
Non so se il Napoli venderà Cavani. Se Benitez guarda la squadra e pensa “possiamo vincere lo scudetto così come siamo” allora chiederà a De Laurentiis di non venderlo, al netto del primo sceicco/magnate che arriva con 60 milioni nella 24ore. Se, invece, pensa che con questa configurazione il Napoli non può competere, potrebbe acconsentire alla cessione.
Il ragionamento, eventualmente, non sarebbe “Cavani non mi fa vincere” ma “con questa difesa e questo centrocampo non vinco”. Cavani non è il problema, diventa il mezzo per risolverli.
Ci sono infatti logiche da seguire e che convergono tutte in una: l’equilibrio. Tattico e di valori in gioco. Questa difesa, per altro senza più Campagnaro, è molto migliorabile; così come con qualche ritocco il centrocampo. Lo scudetto non può arrivare solo dall’attacco.
Tanto per buttare sul tavolo nomi e numeri: all’offerta Mario Gomez (o Dzeko che sia) + 45 milioni credo che De Laurentiis non dica di no.
Avrebbe la nuova punta titolare e tanti soldi per prendere un difensore (che costano sempre meno degli attaccanti) e un centrocampista. Già che ci siamo, fuori i nomi: Ivanovic e Ramires, per esempio.
Chiaro. E’ difficile mandarne via uno così forte; il giocatore con cui tutti identificano la squadra. Se pensi al Napoli, ora come ora, non pensi a Cannavaro, Inler o Hamsik. Pensi a Cavani.
Però ricordiamoci cosa diventò l’Inter vendendo Ibrahimovic nel 2010: la squadra che già era più Eto’o più tanti dindini, utili per rientrare dalle spese di Milito, Snejder, Lucio e Thiago Motta.
Non sto dicendo che vendere Cavani sia la cosa da fare, dico che nell’eventualità sarei il primo a comprendere la scelta.
Gentile Fabio, buon giorno. Grazie della visita. Non ho capito bene la sua domanda. Può, per favore, essere più chiaro? Grazie.