Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
Direi la seconda. Ma se non ricordo male, mi dica se sbaglio, Moggi nel 2001 prima comprò Buffon, Thuram e Nedved e solo dopo cedette Zidane per 70 milioni o giù di lì…ad oggi non è più fattibile una cosa del genere?
Gentile Alessio, il problema, secondo me, è che i fuoriclasse sono sempre meno mentre si ingrossa il valore medio del branco. A ciò – sceicchi, magnati russi e Barcellona-Real esclusi – aggiunga la crisi economica. A ciò aggiunga le rose super-maggiorate. Una società che ha soldi può fare quello che vuole. Una società che non ne ha deve tenere sempre d’occhio il reparto vendite. Esempio: tutto il mondo sa che, dopo aver reclutato Llorente e Tevez, la Juventus dovrà sgravarsi di un paio di attaccanti, come minimo. Lei è l’acquirente, e cosa fa? Come fece lo sciagurato Blanc con Felipe Melo (quanto? 25 milioni di euro! Eccoli) o si piazza sulla sponda del fiume, sorseggia un caffè e aspetta?
Signor Beccantini, le faccio una domanda. Perchè, secondo lei, nel mercato vale sempre di più la regola del “prima vendo e poi compro”? Non sarebbe più conveniente il contrario? Mi spiego meglio: se una squadra X vende il suo miglior giocatore e ottiene 50, a quel punto ha un bel budget ma c’è il rischio che per prendere un giocatore la squadra di appartenenza tiri sempre di più sul prezzo conoscendo la fresca disponibilità di denaro di chi vuol comprare. Cosa ne pensa?
Gentile Ferdinando, grazie per l’attenzione. Non l’ho dimenticata, era compresa alla voce “messicani”. Così come il mondiale del ’78, più brillante di quello dell’82, era compresa alla voce ’82. Lo spazio è tiranno, non lo dimentichi mai. Grazie ancora, comunque.
Letto l’articolo di oggi sulla Gazzetta sulle Nazionali. Ha dimenticato quella che per due anni e’ stata imbattuta e ha il record di imbattibilita’: Valcareggi 1972 – 74. Zoff – Spinosi, Morini, Burgnich, Facchetti – Mazzola, Benetti, Capello, Rivera – Chinaglia, Riva.
DUNQUE CARLITOS TEVEZ!!
Tevez doveva essere (ricordate Marotta che un mese fa si era già espresso ritenendo l’apache il giocatore più arrivabile) e Tevez è stato. Prendiamo atto e cerchiamo per un attimo di andare oltre alle insanabili discussioni su chi tra lui e Higuain fosse il migliore da prendere. Cosa fatta capo ha e tiriamo innanzi; anche perchè, e ripeto un concetto già espresso in altre sedi, a livello di campionato al momento credo sia inutile anche cominciarlo stante l’abissale divario esistente tra la juve e le altre.
In europa – obiettivo palesemente dichiarato dal giovin signore Andrea – il discorso cambia. In una situazione nella quale il barcellona aggiunge alla sua rosa Neymar, il real prende il miglior talento europeo (Isco) e sicuramente proverà a prendere Bale, il bayern monaco campione europeo si assicura Goetze e Lewandosky, il Chelsea di Mourinho prenderà certamente Cavani, Il monaco, forza emergente del nuovo paperone russo di turno, si assicura Falcao e molti altri, e considerando le corazzate Manchester city e Dortmund, pensare di vincere la Champion o anche solo di andare in semifinale migliorando il risultato dello scorso anno prendendo il solo Tevez mi sembra alquanto risibile.
Non credo si tratti di un giocatore che da solo sposta montagne (ma chi nel calcio odierno lo è? Forse solo Messi, Ronaldo e Ibrahimovic), ma anche Higuain non lo sarebbe stato; tuttavia sono convinto che se si affiancassero all’argentino due giocatori come Jovetic e Nani il peso specifico della squadra bianconera in europa cambierebbe e non poco. Si tratta di giocatori sul mercato per i quali, a mio avviso, ogni risorsa economica presente e futura (vendendo se del caso l’intero reparto offensivo e, se del caso, Marchisio) andrebbe impiegata. Del resto credo che tutto il baillame creato intorno alla riconferma di Conte alla guida della squadra passasse proprio dalla necessità di mettere mano in modo sostanziale (e non attraverso semplici ritocchi) alla rosa.
Vedremo se Marotta ed Agnelli sapranno essere così bravi da riuscire a trovare acquirenti per i vari Matri, Quagliarella Vucinic, Isla, Padoin, De ceglie. Non resta che attendere fiduciosi.
Grazie mille
Gentile Alessio, avanti così.
El Shaarawy e la nostra poca abitudine coi giovani
E’ stanco, è svogliato, è danneggiato da Balotelli. Non corre più, non segna più, non gioca più. Ci manca solo di guardare alla cresta che non è più la stessa per completare l’analisi a raggi X di Stephan El Shaarawy.
Francamente mi sembra tutto un tantino esagerato alla luce di ciò che ha fatto vedere quest’anno. Alzi la mano chi si sarebbe immaginato questi numeri a inizio stagione: 19 gol in 46 partite col Milan più uno in 8 presenze con la Nazionale. Ne aggiungiamo un altro: 20. La sua giovanissima età.
Salito di grado nelle gerarchie dell’attacco dopo la cessione di Ibrahimovic, El Shaarawy ha giocato ad un livello che, a mia memoria, non è mai stato raggiunto da un pari età in tempi recenti con addosso la maglia di un club così importante. Ha sorpreso tutti per corsa, sacrificio e realizzazione.
Quest’ultima, la voce che ha goduto di maggior risalto. Perché non è mai stato un realizzatore puro.
Ma paradossalmente l’inattesa prolificità in zona gol ne ha cambiato il giudizio agli occhi esterni e forse anche ai suoi. Ad ogni partita si attendeva il suo gol. La notizia diventava un suo mancato centro e non più il contrario, focalizzandosi sulla palla da buttar dentro per tralasciare il resto.
Ha corso come pochi nel girone d’andata. Più di tutti nel Milan e, probabilmente, anche in Serie A.
Prima o poi sforzi del genere si pagano e così è stato anche per lui che è calato di rendimento, come era lecito attendersi. Tutti però, con la bocca buona per i gol a raffica di qualche settimana prima, ci siamo stupiti. Perché non gli davamo più vent’anni, perché doveva segnare sempre e non essere mai sostituito. Eppure non funziona così; non deve funzionare così.
C’è una tendenza, tutta nostra, che ci porta a immaginare troppo. Chi ci sorprende la prima volta diventa costretto a farlo sempre, prigioniero di una cultura tesa al senza limite, megalomane. Quella che poniamo in un giocatore non è più fiducia ma esigenza, la speranza diventa pretesa.
Non c’è verità più sacra di quella che parla dell’assenza di memoria nel calcio ed El Shaarawy ne è venuto già a conoscenza.
Le critiche piovutegli addosso le trovo ingiuste oltre che fragili quando si tira in ballo una presunta incompatibilità con Balotelli che reclama argomenti ben più solidi per poter essere difesa.
Chi è vicino al Milan parla di un po’ di smarrimento nella sua testa, ma qui mi limito a riferire senza entrare nel merito, circondati come siamo da sempre più giornalisti-psicologi che altro.
La scarsa convivenza con i giovani non lascia segni solo sul campo, nelle classifiche e nelle statistiche ma anche nell’atteggiamento che adottiamo quando uno di loro riesce a emergere spiazzandoci. Non abbiamo equilibrio, perciò giudichiamo per estremi.
L’anno prossimo El Shaarawy crescerà ancora senza però raggiungere l’immortalità calcistica; sbaglierà anche a 21 anni, a 22, a 23. Ma intanto sarà sfuggito da quella scomoda etichetta, pesante come un macigno, di “giovane” che chissà come in Italia mal si sposa con i termini “pazienza” e “tolleranza”.
Analisi condivisibile, Alessio. Anche se a fine stagione sono stanchi tutti.