Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà. E magari anche qualcuno.
Fare pronostici, soprattutto ad agosto, e riferendosi magari alla Champions League, è, a parer mio, un gioco molto presuntuoso. Le ultime 4 righe di MacPhisto sono la cosa più saggia che si possa leggere nel web di questi tempi. Da settembre a maggio le variabili possono essere infinite e di poco comprensibile natura. Il calcio, poi, almeno quello sul campo, fregandosene dei milioni che muove, continuerà ad essere un pozzo di episodi. Però a noi giocare piace no?
Fatta questa dovuta premessa, concordo con un articolo del Beck pubblicato su Eurosport giorni fa: la prossima, a livello europeo, sarà senz’altro una stagione “diversa”, caratterizzata da un notevole numero di grandi squadre, ognuna con una mission differente, da ricercare nella necessità di un riscatto o di una conferma.
Più di tutte avrà su di sè i riflettori del vecchio continente il “nuovo” Bayern di Guardiola. E’ inevitabile, paga la sua meritata fama. Replicare il gioco del suo Barca ritengo sia una sfida improba, non ha gli interpreti. Ma portare in una corazzata muscolare, solida e già piena di campioni la sua filosofia, adattandola alla cultura calcistica bavarese, sarà un esperimento interessante. Certo, pur se condizionata appunto anche da qualche episodio, la prima uscita ufficiale non è stata come tutti se l’aspettavano, soprattutto sul piano del gioco. Poi le partite si possono anche perdere. E comunque di fronte ha trovato un avversario che sui valori sarà inferiore, ma gioca un calcio divino, e di questo va dato grande merito a Klopp.
Grande attesa c’è anche per il Barca di Martino, a cui basterà spronare un po’ l’orgoglio catalano per togliersi qualche soddisfazione. Da mesi leggo e sento dire che i blaugrana sono bolliti e che il loro ciclo è giunto al capolinea. Eppure hanno vinto un campionato con 100 punti e hanno collezionato l’ennesima semifinale di Champions, peraltro in un’annata di quasi autogestione, vista la condizione di Villanova. Consideriamo anche che si parla di uomini che negli ultimi anni tra club e nazionale hanno vinto qualsiasi cosa. In più al numero 10 da 90 gol a stagione hanno affiancato un altro ragazzino niente male. Diciamo che di fronte a un’urna mi augurerei sempre di non pescarli.
Real Madrid: fortissimo! Come sempre, Bale o non Bale. E con Ancelotti forse ancora di più. Certo, a Madrid di una Liga se ne fanno poco. Come ha scritto Beck, in un mondo normale la gestione Mourinho sarebbe stata quantomeno apprezzata, ma la storia e il mito sono due clienti esigenti, e al Bernabeu sogano la decima, è inutile nascondersi. Senza dare troppa importanza al suo atteggiamento, perfetto per l’Italia, lo SpecialOne ha pagato il confronto con il Barcellona, le lezioni di calcio e le Champions alzate al cielo dai blaugrana. Poi le ruggini con lo spogliatoio hanno fatto il resto. Se avesse vinto con Casillas in panchina, l’avrebbero portato in trionfo.
Andiamo oltremanica. A proposito di Mourinho, finalmente, dopo diversi anni, è tornato a casa. Il Chelsea è indubbiamente una signora squadra, compatta e fisicamente imponente, proprio come piace al portoghese. C’è da capire solo se il mercato del Blues sia già concluso. Dubito che rimanga con Torres come terminale offensivo.
Spostandosi a Manchester si va incontro a due situazioni abbastanza diverse. Dopo più di un quarto di secolo lo United non avrà più in panchina Sir. Alex (immagino sia strano per giocatori e tifosi), ma resta una grande società prima di tutto, al di là dei nomi in rosa (e il calcio si gioca con piedi, testa, cuore e attributi). Lo United è sempre lo United. Punto.
Il City, dopo il guizzo della Premier all’ultimo secondo, deve far capire, forse prima di tutti a se stesso, cosa vuole fare da grande. Ha grandi individualità, ma non è sembrata ancora una squadra. Ha cambiato allenatore e speso ancora molto, acquistando giocatori di indiscusso talento. Basterà? A sensazione scommetto sempre sui Reds.
Se riattraversiamo la Manica e puntiamo verso la Francia è inevitabile fare un salto a Parigi. Altra grande collezione di campioni, che comunque ha fatto già meglio del City. Forse il manico (Ancelotti) un po’ di differenza l’ha fatta. Ibra-Cavani sono fantacalcio. Se andranno d’accordo o no, a vederli direi che sono più che minacciosi. Premesso che il campionato non è proprio stratosferico, ora tocca a Blanc dare ai parigini la dimensione europea che inseguono. L’anno scorso il PSG non ha sfigurato, pur confrontandosi con un Barcellona visibilmente stanco. Quest’anno, nomi alla mano, è ancora più forte (vista la disponibilità economica un gran centrocampista alla Yaya Toure l’avrei preso).
Il Monaco lo rimandiamo all’anno prossimo, quando avrà speso altre centinaia di milioni e farà la Champions.
E le italiane? Personalmente le vedo indietro, ognuna per un proprio motivo. Ritengo si debba navigare a vista, al momento gli avversari siedono a un tavolo troppo caro.
Poi magari mi sbaglio e il Milan vince la Champions grazie a un gol Honda.
Grazie sig. Beccantini
Gentile Alessio, complimenti per la chiarezza delle sue analisi.
Alessio Cattaneo: concordo soprattutto sul discorso che il modello per noi da seguire per scalare ranking e posizioni in Europa, sostenibile al periodo attuale per budget, competenze, possibilità reali anche per il valore del campionato italiano, sia quello del giovane e lungimirante Borussia, risorto dalle ceneri del fallimento (e noi dalla B a tavolino). In attesa speranzosa di tornare a fare il Bayern di turno.
ANTEPRIMA STAGIONE 2013/14- 2a PARTE
In questa seconda puntata mi soffermerò sulle altre principali squadre europee che si affacciano alla nuova stagione con notevoli propositi.
Il Manchester United senza Ferguson non sembra pensabile. La cultura di calcio che abbraccia questo club, però, mi fa pensare che non si scenderà sotto certi standard e la parola ridimensionamento non sarà nemmeno sfiorata. Anche perché Moyes, che è bravo per davvero, sarà affiancato da chi vive e respira il Manchester da anni: Ryan Giggs (come allenatore-giocatore) e Phil Neville. E da Sir Alex, naturalmente, che da dirigente lavorerà dietro le quinte.
La mia sensazione è che per la Champions partano leggermente indietro rispetto alle altre, ma vale il discorso fatto per il Barcellona: nessuno al momento dei sorteggi li vuole contro.
L’altra faccia di Manchester è quella del City e dell’ingegner Manuel Pellegrini. I due anni di Mancini hanno spiegato sin troppo bene che accumulare stelle su stelle coincide raramente con vincere in Europa; esperienza o tradizione non si metteranno maglia e pantaloncini per scendere in campo, ma a questi livelli servono eccome. Mansour si augura che due eliminazioni ai gironi siano servite a qualcosa.
Capitolo Chelsea. La scelta di riprendere Mourinho si legge in unico modo, a mio parere: rivincere la Champions League con l’uomo più discusso e carismatico del calcio contemporaneo. Perché quella alzata con Di Matteo si è vestita di troppa casualità e anonimato. Abramovich vuole riconsegnare al club un’immagine più aggressiva e credibile, dopo l’imbarazzante eliminazione ai gironi dello scorso anno, per tornare al vertice senza che l’impresa abbia le forme di un evento episodico.
Chi invece si augura che vi sia stato molto di transitorio nell’uscita ai quarti di finale contro il Bayern Monaco è la Juventus. Che è la più affamata partecipante della prossima Champions League, riflesso delle parole e dell’atteggiamento del suo allenatore. Conte è affascinato o ossessionato, o tutte e due le cose, dal calcio che si gioca martedì e mercoledì sera perché ha capito che lì è dove ci si fa un nome, al livello più alto.
Real, Barça, PSG e City hanno i soldi per diventare di stagione in stagione pretendenti al titolo, saltando a piedi pari quegli stadi di crescita che una squadra di fascia medio-alta è costretta ad affrontare. La Juve no. In estate 100 milioni, o anche meno, da spendere per fare una super squadra non ci sono e allora bisogna apprendere, imparare, fare esperienza, perdere prima di vincere. Per questo credo che il doppio ko col Bayern si rivelerà propedeutico nelle fasi più avanzate del torneo.
D’altronde il Borussia, la cosa più lontana dall’idea di squadra piena zeppa di milioni e giocatori-figurina, non è andato poi così lontano dal vincere. E’ lì che deve la guardare la Juve.
Dove non arrivano i soldi o i super giocatori, possono farcela il gioco e la passione.
Infine, la menzione d’onore spetta a una delle squadre più divertenti dell’anno passato, sicura protagonista anche di quello venturo: lo Shakthar Donetsk.
Detto delle innumerevoli novità, le istruzioni per l’uso consigliano di non tuffarsi in giudizi spericolati prima di Natale, a mio parere. Può sembrare eccessivo, come però lo è pretendere di vedere il prodotto fatto e finito nel giro di uno o due mesi. Da settembre a maggio le squadre cambiano sempre, nel bene o nel male.
Beh, che il Barca ha mostrato limiti in difesa questo, a mio parere, mi pare evidente…Hanno preso Neymar, dicono talento, vedremo…la curiosità è enorme, ma se non risistemano il reparto arretrato penso che possano andare incontro a nuove delusioni…Non credo nel Real perchè non credo nel nuovo allenatore….magari mi è antipatico anzi lo è ai miei occhi per cui questo mio giudizio può non essere attendibile…Vedremo il MU, del dopo Fergusson, cosa combinerà….come mi incuriosisce il Bayern di Guardiola….non credo in una continuità sicura delle tedesche anche se effettivamente si sono dimostrate le più forti! La juve? vedremo anche lei..anche se non la vedo ancora all’altezza delle due tedesche e dello stesso Barca!
ANTEPRIMA STAGIONE 2013/14- 1a PARTE
E’ finita da una settimana la Confederations Cup ed è già tempo di ritiri prestagionali. La ruota panoramica del mondo del pallone non si ferma mai tant’è che dalla prossima settimana le squadre di Serie A cominceranno a radunarsi al gran completo, chi più chi meno. Per tacere dei team di Premier League e Bundesliga, già al lavoro da giorni.
Ho la sensazione che la prossima sarà una stagione imprevedibile tra i top club europei. La fuga degli eventi dai pronostici è da sempre il sale di questo sport ma le novità del mercato contemporaneo rischiano di far saltare ancora di più il banco.
Come sarà il Bayern di Guardiola? E il Real di Ancelotti? Neymar e Messi giocheranno sul serio assieme? Allo United che sapore avrà il primo anno senza Ferguson? O il primo di Moyes, se preferite. Il City riuscirà a diventare una squadra da Champions? E poi il Chelsea di Mourinho, la Juventus, il Borussia…insomma, il piatto è veramente ricco.
Vediamo di fare un minimo di ordine, analizzando le prime quattro squadre.
Gli anni di Guardiola saranno stuzzicanti se l’occhio non cadrà esclusivamente sui risultati. Capire se potrà replicare il Barça in un ambiente con giocatori e cultura diversa può essere rilevante quanto fare la banale conta dei trofei che alzerà, se non di più. Non si tratta semplicemente di vincere o rivincere, ma di farlo giocando il miglior calcio del mondo.
Al Real Madrid il concetto è, da sempre, pressoché identico. Dell’ennesima Liga non sanno che farsene. La supremazia nazionale ormai vale quello che vale dato che è la Champions il sogno/incubo di proprietà e tifoseria: Carlo Ancelotti por la decima. Buena suerte.
Si parla di bel gioco giusto? Allora nel discorso deve entrare di diritto il Borussia Dortmund. Senza Gotze sono meno trendy, ma il loro mercato è il più analitico d’Europa. Non scelgono semplicemente i giocatori più forti, ma i più adatti a giocare il loro sistema: zoomata sulle new entry Aubameyang e Mkhitaryan.
Con le big alla ricerca della quadratura del cerchio, per i primi mesi saranno ancora tra i primi della pista.
Lo sbarco di Neymar sul suolo continentale non fa altro che aggiungere pepe al menù. Due forti come lui e Messi non ce li ha nessuno ma il Barcellona deve evitare di risolvere l’enigma tattico con la scorciatoia: “Prima do la palla ad uno e l’azione dopo la do all’altro, così via”. Farli giocare assieme significa creare un sistema che li coinvolga simultaneamente e li completi. Posto che la squadra resta di quello col 10 sulla maglia.
Sarà che si è capito come giocano, sarà che qualche limite è venuto fuori ma contro il Barça io non scommetto mai. Occhio a darli per troppo logori troppo presto.
Infatti, quando ho precisato che anche il criterio del palmares non è immune da rilievi critici intendevo riferirmi proprio al fatto che vi sono stati giocatori da considerare senza dubbio fuoriclasse nel loro ruolo (non molti per la verità) che hanno “sprecato” la loro carriera in squadre che non potevano consierarsi top club a livello internazionale. Oltre a batistuta, da te segnalato, si pensi a maradona che ne è l’esempio più eclatante. ma anche Antognoni e lo stesso Totti. Tuttavia, a mio giudizio, il criterio della vittorie conseguite resta comunque il più probante perchè è l’unico legato quantomeno a dati oggettivi.
roprio per questo ritengo che l’unico criterio che possa essere più affidabile degli altri – pur riconoscendo che non è immune da rilievi critici – sia il palmeres. In fondo quello che hai vinto hai vinto; è lì e non te lo può levare nessuno.
Scritto da DANIELE CIANCIOLO il 29 giugno 2013 alle ore 10:45
Interessante questione ma io mi sono sempre chiesto: il palmares, quanto un giocatore ha vinto in carriera, considerando l’era calcistica in cui è collocato, quanto può essere veritiero e attendibile delle qualità del giocatore stesso per reputarlo campione/fuoriclasse? Il palmares può essere anche bugiardo. E’ un rischio. Prendi Batistuta, nome a caso da esempio. Grande attaccante, uno dei migliori al mondo degli ultimi 20 anni almeno. Non ha vinto quasi nulla. E allora?
Scritto da Alessio Cattaneo il 28 giugno 2013 alle ore 20:32
Alessio, molte delle questioni scritte sono condivisibili ma ritengo che possiamo anche sintetizzare i concetti. Giovinco, maglia juventina pesante o no, è una seconda punta pura o al massimo trequartista (per caratteristiche fisiche e tecniche oggettive e non da idee altrui). La figura del trequartista ormai è desueta nel calcio attuale, sempre più ibrida e quasi eclettica per non dire impalpabile. Giovinco al massimo, da prima punta azzardata, può farlo in una squadra provinciale che gioca spesso in ripartenze e contropiedi. Quindi alla Juventus attuale di Conte, che ama costruire gioco e non subirlo, non può giocare da prima punta. Il mercato e le scelte decideranno, anche, quale sarà il suo destino calcistico e tattico.