Qui si parla di libri. Il titolo l’ho rubacchiato a Umberto Eco e al suo “Costruire il nemico”. Libri di avventura, di amore, di sport, di calcio, di calci. Cronache di storie e storie di cronache. Nessun genere è pre-cluso o post-cluso. I libri sono mondi che ci rendono grandi o piccoli in base a come li navighiamo.
Chi comincia?
“Tre” di Valere Perrin. Poteva essere delizioso. Invece è una cagata.
Buon giorno, gentile Beccantini.
Solo un piccolo disturbo sull’arrivederci di Messi al Barcellona. Dico solo che mi dispiace, perché mi sarebbe piaciuto se avesse terminato la carriera lì. Questo non è stato possibile. Pazienza. Mi dispiacerà ancora di più se, come sembra, andrà a giocare in una squadra senza storia di un campionato di seconda fascia, però è anche vero che la vita è fatta di scelte ed è giusto che ciascuno di noi, ricco o povero, famoso o sconosciuto, si comporti come meglio ritiene opportuno. Ho letto, sempre su La Stampa di oggi, un articolo di Gigi Garanzini, giornalista che apprezzo anche per via del fattto che è un tifoso del Toro. Ho trovato scritta una cosa esilarante, assurda, priva di senso. Sarà anche veritiera, non discuto, però rimane molto stravagante, anzi demenziale, come la definisce l’autore del pezzo. Ovvero che Leo non sarebbe potuto rimanere al Barcellona neppure se, per assurdo, avesse accettato di giocare gratuitamente. Questo perché, secondo i regolamenti in vigore in Spagna, è ammessa una decurtazione dello stipendio al massimo fino al 50% rispetto alla stagione precedente. Quello di Messi, però, sarebbe stato un nuovo contratto, non la rinegoziazione di uno ancora in essere. Tecnicamente, dallo scorso 30 giugno Messi è un giocatore svincolato, senza squadra, cioè in una condizione in cui viene azzerato tutto quello che c’era prima di quella data. Cosa importa alla Liga, da Tebas in giù, se un giocatore, per sua volontà , decide di giocare per il minimo sindacale? Mi può spiegare come stanno le cose?
Gentile Alessandro, buon pomeriggio e scusi per il ritardo. Ormai sono «vaccinato» a tutto, a tutti… Scherzi, e battute, a parte: ho 70 anni, figlio unico senza figli, devo rispondere solo a mia moglie oltre che alla mia coscienza. E ai miei lettori. Ho scelto un mestiere, chiamiamolo così, che mi fa essere in pensione da quando lo faccio: cioè, più o meno, da 15 anni e mezzo. Dunque, mi reputo molto fortunato. Scritto questo, ho fatto i due richiami di Astrazeneca, come mia moglie. E, sempre come mia moglie, ho il green pass. Sul vaccino, la penso come lei: non deve essere un obbligo, ma va caldamente consigliato: a tutela, soprattutto, di coloro che lavorano sul serio. Sorrido a leggere dei 60 milioni di ct diventati, da un anno, 60 milioni di virologi. E sorrido, naturalmente, di certe «dittature» esplose come un virus attorno al virus. Se può interessare, non chiedo mai alla gente che frequento se è vaccinata. Porto ancora la mascherina.
Ma sono fortunato perché mi sposto meno rispetto a una volta e, per questo, credo di non fare testo. Un caro saluto.
Buon giorno, gentile Beccantini.
lei cosa mi dice a proposito delle folle urlacchianti che dicono no al green pass (io l’ho già scaricato), che straparlano di libertà violate, di regime e di Draghi dittatore come Hitler? Ha scritto bene il professor Piergiorgio Odifreddi in un suo commento pubblicato su La Stampa dello scorso 24-07: questi signori e signore sono sì no vax e no mask, ma anche, e soprattutto, no brain. In sostanza, dei decerebrati.
Parlando da vaccinato con doppia dose, io rimango fermo sulla mia idea che la vaccinazione debba restare facoltativa e non diventare obbligatoria, salvo per alcune categorie (personale sanitario e scolastico). Va fortemente raccomandata, consigliata, ma non imposta. Se uno, per motivi suoi, non vuole vaccinarsi, deve essere lasciato libero di comportarsi come meglio ritiene opportuno, però deve anche essere consapevole che certe cose non le può fare e certi luoghi non li può frequentare. Possibilmente senza scendere in strada per dire scemenze come quella che, sempre secondo loro, l’Italia sarebbe un paese dittatoriale come la Germania nazista degli anni 30.
‘Ciò che ci è più vicino ha bisogno di una vita tortuosa per arrivare a mostrarsi’, uno degli aforismi preferiti da Roberto Calasso, uno dei padri della sublime casa editrice adelphi, che ci ha lasciati la scorsa notte
Sto solo aspettando quando questo spazio tornerà ai fasti dei primi anni.Diciamo quando c’era Lex.Intanto cerco di dare un piccolo contributo. https://youtu.be/934BlSW7szY
Giorgia Meloni. “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee”. Ed. Rizzoli. Autobiografia di Giorgia Meloni, non una manifesto politico, ma il racconto della vita DEL Presidente dei Conservatori e Riformisti europei. Vita nella quale la politica ha avuto peraltro un ruolo preponderante.
Grazie dei consigli, gentilissimo Causio.
Buongiorno a tutti,
vorrei consigliare una raccolta di racconti, Chris Offutt, “nelle terre di nessuno”, uno spaccato della famosa deep America, che spiega, meglio di tanti saggi, il perchè poi gli USA si sono trovati uno come Trump presidente: un piccolo John Steinbeck che descrive un mondo che sembra non appartenerci ed invece, in fondo, ci riguarda.
Sulla stessa d’onda, se interessa l’argomento, un ottimo film di qualche anno fa, lo trovate su Netflix,
“Hell or High Water”: la disperazione e la rabbia di chi si sente escluso dal grande sogno americano.
Mi preoccuperó molto quando diventeremo una squadra simpatica, Giampiero Boniperti