Qui si parla di libri. Il titolo l’ho rubacchiato a Umberto Eco e al suo “Costruire il nemico”. Libri di avventura, di amore, di sport, di calcio, di calci. Cronache di storie e storie di cronache. Nessun genere è pre-cluso o post-cluso. I libri sono mondi che ci rendono grandi o piccoli in base a come li navighiamo.
Chi comincia?
Volevo segnalare un trittico noir, sicuramente datato ed anche un po’ politicamente di parte, ma interessante per le atmosfere e per le descrizioni di Marsiglia, oltre che per gli intrecci narrativi:
Casino totale – Chourmo – Solea di Jean Claude Izzo
protagonista Fabio Montale, prima commissario poi semplice indagatore, protagonista di una parabola discendenete ed amaramente malinconica, intrisa di ricette, vini e, ogni tanto, un bicchiere di Lagavulin
** Questa volta è il turno di Nicola Calzaretta e del suo ultimo parto: «Le cose perdute del calcio. Un viaggio nel tempo, un gioco della memoria. Per vedere l’effetto che fa». NFC Edizioni. Nicola è un archeologo moderno, gli piace rovistare fra le «macerie», recuperare stele e stili di un tempo, quando c’era il transistor e la maglia del portiere ere nera, quando le panchine facevano tanto Peynet e non andavano in fumo «solo» i gol, ma anche le sigarette del mister. Il calcio com’era, un nonno che ci ha svezzato e trascinato verso il circo attuale. Un albero degli zoccoli (e dei tacchetti) che l’autore descrive con leggerezza e maestria.
** Buon pomeriggio, gentili Pazienti. Vi segnalo un libro agile e a suo modo romantico, scritto con garbo e competenza da Claudio Colombo. Riguarda il mondo e gli eroi della boxe. S’intitola: «Cronache da bordo ring. Ali, Hagler, Tyson e gli altri», edizioni inContropiede. E’ la sintesi, on the road e on the jab, dei viaggi dell’autore, con le gambe, con la mente e con il cuore. Non raccomando il libro di un collega che stimo: suggerisco un libro che mi è piaciuto. E quella barzelletta di Alì, quando la malattia lo aveva ormai invaso, pura arte.
** Un’altra opera che pongo alla vostra attenzione è «Inter, il pagellone». Di Federico Pistone, casa editrice Sperling & Kupfer. Un viaggio «dalle origini all’ultimo scudetto», con tanti promossi ma anche non pochi bocciati. Di solito, in questi casi, si va di incenso e basta. Non sempre, per fortuna. Ruolo per ruolo, presidente e allenatori compresi. Lo stile è asciutto, i giudizi netti: libero, ognuno, di confutarli. L’obiettivo non è il consenso: è la curiosità. Anche perché la storia di una società appartiene a tutti, non solo ai suoi tifosi.
Gentile Alessandro, buon giorno. Scusi per il ritardo. No, di Mauro Corona non ho letto niente. Le dirò: nei confronti degli scrittori italiani sono molto esigente, ne leggo davvero pochi. Li trovo, in generale, troppo lenti. Colpa mia, naturalmente.
Gentile Beccantini.
Lo vediamo da anni ospite delle trasmissoni in tv. Come personaggio mi piace molto, perché è anticonvenzionale, anticonformista, fuori dagli schemi. Lei ha mai letto qualche libro di Mauro Corona? Io, per ora, uno solo. Si intitola “I fantasmi di pietra”. E’ la storia della gente di Erto, il suo paese caduto vittima, insieme al altri, della frana del Vajont nel 1963. E’ stata una lettura piacevole, a tratti anche commovente, che mi ha colpito favorevolmente.
Buongiorno Cabrini Beck, era solo per ricordare a cosa è destinato questo spazio. Non certo per rivolgere quesiti a lei in via esclusiva. E mi fermo perchè desidero andare al mare.
Gentile Riccardo, buon giorno: i grandi rubano, i piccoli copiano. Mai dimenticarlo…
Libridine
Qui si parla di libri. Il titolo l’ho rubacchiato a Umberto Eco e al suo “Costruire il nemico”. Libri di avventura, di amore, di sport, di calcio, di calci. Cronache di storie e storie di cronache. Nessun genere è pre-cluso o post-cluso. I libri sono mondi che ci rendono grandi o piccoli in base a come li navighiamo.
Chi comincia?
Gentile Alessandro, ho letto anch’io l’analisi del grande Gigi. Non mi intendo di finanza, di economia, ammesso che mi intenda di qualcosa. La storia del «gioco gratis» (non nuova, ricorda Alex Del Piero?) è una delle versioni girate sulla carta e sul web. La vera verità non la sapremo mai, o comunque non adesso. Dicono che sia stato il Barcellona stesso a porre fine al tormentone. Leo, a 34 anni, pretendeva una squadra che la società non poteva più garantirgli; Laporta, pretendeva chiudere il libro e prenderne un altro, non semplicemente voltare pagina. Da qui il divorzio. Dopo 21 anni, dopo una generazione (!). E’ chiaro che se fosse stata solo una questione di soldi e di amore, una soluzione l’avrebbero trovata. Ma non era così. Qual è il guaio? Il guaio è pesare l’era Messi, esclusivamente, sulla bilancia dell’epilogo e non dell’intero ventennio. Un errore grave. Fermo restando che tutti vorremmo che i nostri eroi morissero con noi, per noi.
Non ci caschi almeno lei. Grazie per lo spunto.
Perfetto. Da una merda comunista non desidero niente di migliore. Semmai qualcosa di ancor più peggiore