Qui si parla di libri. Il titolo l’ho rubacchiato a Umberto Eco e al suo “Costruire il nemico”. Libri di avventura, di amore, di sport, di calcio, di calci. Cronache di storie e storie di cronache. Nessun genere è pre-cluso o post-cluso. I libri sono mondi che ci rendono grandi o piccoli in base a come li navighiamo.
Chi comincia?
Letto il suo articolo su eurosport.
“Aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso…”
“50 punti sul campo, banale e un po’ fazioso…”
Difficilmente vincerà l’Europa legge
Difficilmente arriverà quarta.
Non discuto le sue opinioni, ma menagramo…forse concorda con me
Della regina Atletica i 100 metri sono, a un tempo, la corona e lo scettro. Così visivi, e vistosi, così lampanti e lampeggianti, che appena li fissi, sono già passati. Respirano poco, pochissimo, ma non finiscono mai. Come tutte le gare, più di ogni altra gara. Nascono da una colpo di pistola, muoiono spesso in una rissa, sul filo del filo.
Sono arte e Marte. Claudio Colombo e Fabio Monti li hanno esplorati, sondati e raccontati in un libro che s’intitola: «I cento metri. Storie, leggende e protagonisti di 100 sprint da ricordare», Diarkos editore. Si va dal battesimo ateniese di Thomas Burke, al tramonto dell’Ottocento, al Marcell Jacobs bavarese dell’oltre Duemila. Non ci sono tutti, naturalmente, ma ci sono tutti quelli che più hanno acceso la passione degli autori. Uomini e donne, da mammine volanti a razzi tascabili: i capitoli sono «veloci», né poteva essere diversamente, con le gare scavate fino a estrarne il frastuono della carne e il fruscio dello spirito. Perché (quasi) tutto comincia da lì: da quello che provi e accendi dentro, per poi farlo esplodere fuori.
I numeri scortano, casti e inflessibili tutori, le imprese. Le analizzano sino a spogliarle, senza mai rinunciare a quello sbuffo di enfasi che non è cipria ma (fu vera) gloria. La leggenda di Usain Bolt, dall’epifania di New York agli ori di Olimpia e del Mondo, ne costituisce il passaggio più alto ed emozionante. Il pedone più «fast» del pianeta, capace di toccare picchi di 44,722 chilometri orari (Berlino 2009), una macchina che non è metafora. Armoniosa, però, e poderosa.
La «vacanze romane» di Wilma Rudolph, la voracità di Shally-Ann Fraser-Pryce, i duelli tra Valery Borzov e Pietro Mennea sono onde che agitano la trama. Anche per questo troverete preziosa l’appendice statistica che la suggella. In attesa che la storia faccia il suo corso. E la sua corsa. Figlia del vento (Carl Lewis), madre del tuono (Jim Hines), matrigna del diavolo (Ben Johnson).
L’allenatore è un mestiere che fa sempre discutere. Al di là e al di qua dei risultati. Conta più lui o contano più i giocatori? Sapete come la penso: contano più i giocatori. Ma poi c’è mister e mister, naturalmente. Non sono così somaro da non capire che Pep Guardiola è, oggi, il migliore al mondo. Anche se preferisco il casino organizzato di Jurgen Klopp.
Veniamo al sodo. Vi suggerisco, sull’argomento, un libro che passa in rassegna lo scibile umano dei tecnici. Patti chiari e amicizia lunga fin dal titolo: «Allenatori d’Italia». Dopodiché: «Storia, storie e numeri in forma di primo dizionario dei 603 tecnici della Serie A dal 1929 a oggi». E’ sul mercato dal novembre del 2022. Lo hanno firmato Gianni Marchesini e Andrea Santoni. Casa editrice, Gianni Marchesini edizioni. Spiccano fior di contributi: Alessandro Bocci, Alessandro Fiesoli, Massimo Grilli, Fabio Monti, Alberto Polverosi. Per tacere delle tre super-prefazioni: Adalberto Bortolotti, Italo Cucci, Mario Sconcerti.
Non vi anticipo in quale categoria gli autori hanno sistemato Massimiliano Allegri, se fra i «Top 11» o in piccionaia, per non privarvi della sorpresa, visto che il tema è molto caldo e si protrae dalla notte dei tempi (e dai pomeriggi dei corti musi). Le pagine sono bussole che aiutano il lettore a esplorare la selva dell’Italia pallonara attraverso le mappe di coloro che ne hanno scortato e scandito la crescita tattica, fra catenaccio e zona pressing. Si va, così, da Helenio Herrera, mago della Grande Inter, a Severino Feruglio, leggenda del calcio friulano. Passando per le eccellenze che hanno dipinto i muri della chiesa e i gregari che li hanno incorniciati.
Una panchina, una sola, e sei dentro. Perché la legge dei «grandi» non è tirannia. E’, al massimo, gerarchia.
Mi chiamo Michele Chiariello, ho 43 anni e sono di Barletta, la città del grande Pietro Mennea, la freccia del Sud. Sono un eterno innamorato del ” Dio pallone”, ho cominciato a giocare a calcio sin dall’ età di 5 anni quando a Natale del 1984, scartai il mio primo regalo “calcistico”, un pallone e la prima maglia rossonera. Da quel momento sino all’ età di 27 anni, precisamente nel giugno del 2006, non l ‘ho più lasciato, non ho mai tradito quello che considero il mio ” miglio amico”; ma purtroppo per cause di forza maggiore sono stato costretto ad accantonarlo per 15 lunghissimi anni. Una diagnosi impietosa ha deciso che con il calcio che conta dovevo smettere: sclerosi multipla, ecco la causa del mio aver appeso gli scarpini al chiodo in maniera così precoce. Un fulmine a ciel sereno che ha devastato la mia vita ed i miei sogni. Chi non ha mai sognato di diventare calciatore una volta messo piede sul rettangolo verde? Tutti, me compreso; avevo cominciato la mia carriera calcistica nella Polisportiva Futura di mister Lello Giannini, per poi passare al Borgovilla di mister Alessandro Vitobello e in seguito alla Polisportiva Olimpia del presidente Alfarano. In seguito decisi di intraprendere una splendida avventura di due anni nella serie B di calcio a 5, nel Cristian Barletta di mister Maurizio Nanula e del presidente Tonino Dazzaro, per poi ritornare a calcare i campi di periferia con l’ esperienza nel Montalbano Jonico, squadra di eccellenza lucana. Ogni giorno percorrevo 190 km in macchina per raggiungere il campo di allenamento. Solo per pura passione. Inverni rigidi, freddissimi, allenamenti sotto la neve. I colpi alle caviglie cominciavano a fare più male. Però, incurante di quello che stava per accadere nella mia vita, della bomba che sarebbe esplosa da lì a poco, continuavo a giocare, a battagliare, a non mollare. Mi sentivo diverso, strano, affaticato, ogni giorno avvertivo dentro di me delle sensazioni strane. Sensazioni che mi portarono ad “abbandonare la nave” con la stagione in corso. A soli 27 anni dissi addio al calcio, anche se dentro di me ho sempre pregato che fosse un arrivederci. E così è stato. A settembre 2021, seppur in maniera del tutto amatoriale, ho ripreso a giocare a calcio. Una grande vittoria che mi ha dato nuova linfa per il raggiungimento di nuovi obiettivi. A giugno del 2021 ho scritto un libro Never Give Up: Borgonovo, Io e… Ringhio Gattuso dove tutto il ricavato lo sto devolvendo all’ AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) in quanto vorrei donare un sorriso a chi è meno fortunato di me, tendergli la mano e dargli quella forza di cui ha bisogno. Inoltre, anche a 43 anni non ho mai smesso di sognare, naturalmente il calciatore non posso più farlo, ma niente e nessuno mi vieta di parlare di sport, di scrivere di calcio, di documentarmi, di partecipare alle trasmissioni sportive, e allora eccomi qua, oggi ,21 Maggio 2022, un altro passo verso la ” felicità” l’ ho appena compiuto. E allora non mi resta che dirvi ” NEVER GIVE UP A TUTTI” e… Buon Viaggio!
https://www.amazon.it/NEVER-GIVE-UP-BORGONOVO-RINGHIO/dp/B096LMRL57/ref=sr_1_1?crid=290RI0S593FWW&keywords=never+give+up&qid=1653155180&s=books&sprefix=%2Cstripbooks%2C136&sr=1-1
Gentile Alessandro, buon giorno e scusi per il ritardo. Javier Cercas è uno dei miei autori preferiti. Ho letto “L’impostore”. Nel dettaglio stilistico: sono per i periodi corti, anche per evitare che, maneggiando la consecutio temporum, scivoli su qualche buccia. Scritto ciò, Cercas è come quella squadra che alterna il tiki-taka insistito al lancio lungo. Lo perdono…
Grazie.
Per il gentile Beccantini.
Ho finito di leggere “L’impostore”, di Javier Cercas, libro che mi è stato regalato a Natale. Coinvolgente e anche esilarante la storia di questo Enric Marco, il quale a partire dalla seconda metà degli anni 70, quando la Spagna conquistò la democrazia a seguito della morte di Franco, per trent’anni, per darsi un tono, si è venduto come un deportato, in gioventù, nel campo di concentramento nazista di Flossemburg, salvo poi venire sbugiardato da uno storico nel 2005. Se vogliamo può anche essere letto come un trattato sul narcisismo, la millanteria, se vogliamo anche l’assenza di scrupoli di alcuni uomini.
Solo una mia critica sulla scrittura. Mi sono imbattuto talvolta periodi eccessivamente lunghi. Lei non trova un po’ irritanti le frasi che occupano un’intera pagina? Per il resto il libro è bello e mi sento di consigliarlo.
“1923 2023 Agnelli Juventus la famiglia del secolo” Italo Cucci Salvatore Giglio Nicola Calzaretta. Prefazioni di Alessandro Del Piero e Fabio Capello. Ed. Reverdito
https://www.lastampa.it/cronaca/2022/09/07/video/la_portaerei_usa_incontra_lamerigo_vespucci_nelladriatico_lo_scambio_radio_siete_la_nave_piu_bella_del_mondo-8601005/?ref=LSHVDundefined-I0-PM12-S5-T1
“Anatomia delle Brigate rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario”. Alessandro Orsini. Ed. Rubbettino.
..
Interessante saggio sull’argomento. Interessante ed approfondito con elaborazione delle radici storico-culturali dei movimenti eversivi di estrema sinistra. L’ultima parte è dedicata a medesima analisi sul terrorismo nero di estrema destra.
https://www.change.org/p/giustizia-per-guido-gianni/psf/share?share=1&short_display_name=Riccardo%20&source_location=corgi