La bomba

Roberto Beccantini28 novembre 2022

Fuga di gruppo. La fine di un’epoca. La fine o il crollo, tempo al tempo. C’era una volta il consiglio di amministrazione della Juventus. Si sono dimessi tutti: fra gli altri, il presidente Andrea Agnelli, il vice Pavel Nedved e l’amministratore delegato Maurizio Arrivabene (si fa per dire). Emerge, dal comunicato, che a Maurizio Scanavino è stato conferito l’incarico di direttore generale.

Alla base dell’esodo figurano l’indagine Prisma, aperta dalla Procura di Torino con l’accusa di falso in bilancio e la richiesta (bocciata) dei domiciliari per lo stesso Agnelli, e le ultime contestazioni della Consob, che hanno spinto il club a rivedere il progetto di bilancio da approvare, facendo slittare per ben due volte l’assemblea degli azionisti, fissata adesso il 27 dicembre. Sul banco d’accusa, più che le plusvalenze fittizie, ci sarebbe la «strana» contabilizzazione di alcuni stipendi all’epoca della pandemia.

In una lettera ai dipendenti, Andrea ha spiegato che «Stiamo affrontando un momento delicato societariamente e la compattezza è venuta meno. Meglio lasciare tutti insieme dando la possibilità a una nuova formazione di ribaltare la partita». La sua elezione risale al 19 maggio 2010. Dopo un settimo posto, il secondo consecutivo, con Beppe Marotta e Fabio Paratici diede vita a un ciclo irripetibile: 9 scudetti, 5 Coppe Italia, 5 Supercoppe. Più due finali di Champions, «i grandi rimpianti».

Il periodo di confusione è cominciato nel 2019, in coincidenza con gli sviluppi dell’operazione Cristiano Ronaldo, portata a termine l’anno prima. Non per il valore del marziano, ma per il delirio di onnipotenza che coinvolse ambizioni (l’Europa, a ogni costo), mercati e scenari. La Superlega fu una ossessione barbara, la farsa dell’esame Suarez un duro colpo all’immagine,
Leggi tutto l’articolo…

Meno carnevale

Roberto Beccantini28 novembre 2022

Diario mondiale, ottava puntata. Brasile e Portogallo agli ottavi.

** Camerun-Serbia 3-3. Quando, a livello di nazionali, si scornano un calcio mai nato, l’Africa, e un calcio mai cresciuto, l’ex Jugoslavia, aspettatevi di tutto. Da 1-0 a 1-3 a 3-3. Al circo, sono ancora lì che godono. Nelle aule di Coverciano, si tossisce e si scuote la testa, mah. Cacciato Onana, i leoni indomabili erano partiti in quarta. Gol di Castelletto, friulano di padre. Come la Croazia con i canadesi, i serbi hanno reagito. E giù botte: Pavlovic, Milinkovic-Savic (partita piena, finalmente) e Mitrovic, quest’ultimo in capo a un raffinato disegno. Mai dire mai, anche se non c’è James Bond. Difatti: Song toglie Hongla e rischia Aboubakar. La scintilla. Non so se sia stato Stojkovic a ordinare il fuorigioco a metà campo: temo di sì. Mal gliene incolse. Fuga e lob di Aboubakar che poi, sempre sul filo del filo, serve a Choupo-Moting la palla del fine-ricreazione. Non c’era più il Sergej laziale (por qué?). Piccole sgroppate di Kostic e niente Vlahovic: pubalgia canaglia.

** Corea del Sud-Ghana 2-3. Un’altra corrida da calcio di strada, in cui tutti attaccano tutti e nessuno difende. Sul podio più alto, Kudus: 22 anni, già in evidenza con il Portogallo. Sono i coreani ad alzarsi dai blocchi come tarantolati. Naturalmente, segnano gli altri: Salisu, Kudus. Tra le dormite assortite delle sentinelle, il Kim napoletano compreso. Alla ripresa, Paulo Bento, il ct degli asiatici, rimescola le carte e Cho Gue-Sung ne beneficia, realizzandone due nel giro di 3’. Tutti al casinò, a puntare su Son, lo sperone di Conte. Niente.
Leggi tutto l’articolo…

Marocco e i suoi fratelli. Occhio a Sané

Roberto Beccantini27 novembre 2022

Diario mondiale, settima puntata.

** Giappone-Costa Rica 0-1. I nippo devono aver ragionato così: «noi» abbiamo battuto la grande Germania, «loro» ne hanno presi sette dalla Spagna; ergo, sarà una passeggiata. Non proprio. Attacchi svogliati, possesso nebbioso. Ha vinto, Costa Rica, con il primo tiro in porta (del Mondiale, non della partita). Il primo e per ora unico. La firma è di Keysher Fuller, difensore dell’Herediano. Un monumento al milite ignoto.

** Belgio-Marocco 0-2. Un’altra sorpresona. Con il Canada, i diavoli vinsero senza meritarlo. Questa volta meritavano di perdere e hanno perso. Terzi in Russia, svagati e ampollosi in Qatar. Tutti, da De Bruyne a Courtois, formidabile al debutto ma pollo sulla punizione laterale del sampdoriano Sabiri. Qualcosina l’ha portata Mertens. Non De Ketelaere, non Lukaku, schierato (o rischiato?) visto che nessuno, nemmeno Martinez dalla panca, riusciva a scuotere lo sciame di ombre vaganti per il campo. In compenso, chapeau al Marocco e al suo timoniere, Regragui. Se la rete rompighiaccio non appartiene al manuale del calcio, sul raddoppio di Aboukhlal gustatevi il movimento e il tocco di Ziyech (di destro, addirittura). Da una parte, il Marocco: uomini di ferro su navi di legno; dall’altra, il Belgio: uomini di legno su navi di ferro. Coma ha scritto Giancarlo Dotto, «la vita non è giusta, ma qualche volta si diverte ad esserlo».

** Croazia-Canada 4-1. Al pronti-via, lo studente sembrava il professore.
Leggi tutto l’articolo…