Il bel Tamigi blu

Roberto Beccantini21 giugno 2021

Avrei detto Ucraina. Invece Austria. Una squadra fresca, che pratica un calcio di gruppo, semplice, senza i fronzoli degli unti dei signori e nemmeno le pezze nel sedere degli scappati di casa. Su tutti, Alaba (7) e Sabitzer (7): il primo, terzino o centrale; il secondo, tuttocampista di sostanza, svezzato a Lipsia da Nagelsmann, giovane Gatsby della panchina. Allenerà il Bayern. Alaba non ne ha ancora 29 ma sembra che giochi da una vita. Tanto Bayern e, da luglio, il Real. Quante volte hanno scritto che era alla frutta? Era al dolce, beato lui. A Bucarest, ha risolto Baumgartner (6,5). Manca, al ct Foda, un bomber conclamato: Arnautovic (5,5) a 32 anni si ciba di bossoli, Kalajdžic (6) è sulla rampa di lancio, che non significa essere già in orbita. Male il gregge di Sheva. Hanno tradito i califfi, soprattutto: Malinovskyi (5), Yarmolenko (5), Yaremchuk (5) e Zincenko (5, e più non dimandare). Dunque, Italia-Austria sabato sera a Wembley. Favorito parte Mancini. Riposti i materassi dei gironi, con gli ottavi si entra in un altro mondo. Più pressioni, meno stampelle. Tornerà la «tipo». Un solo dubbio: Locatelli o Verrati. Per me: Locatelli.

A punteggio pieno anche Belgio e Olanda. Il Belgio ha rosolato i i finnici con la flemma dei forti: 2-0, autogol di Hradecky (6,5) su sgrullata di Vermaelen (6) e raddoppio di Lukaku (6,5) su tocco di De Bruyne (7). Formazione mista, un po’ titolari e un po’ riserve, con Eden Hazard (6) a incrementare il rodaggio.

Splendida la vittoria della Danimarca promossa, 4-1 a una Russia meno imbalsamata ma sempre «turista» in difesa. Dal cuore di Eriksen alla lecca di Christensen (7) e al sigillo di Maehle (8), dalla Dea con furore: pura «dinamite» dell’arsenale di Elkjaer. Copenaghen piena di grazia.

Nel 3-0 dei batavi alla Macedonia, due i «mementi»: l’uscita di Pandev (9 alla carriera) fra applausi e lacrime, come era giusto che fosse, e la doppietta di Wijnaldum (8), uno dei miei tuttologi preferiti.

Tutti cambiati e contenti

Roberto Beccantini20 giugno 2021

Primi del gruppo, con nove punti, otto cambi e zero problemi. Negli ottavi, a Wembley, sarà Austria o Ucraina. Intanto, Italia uno Galles zero. E’ la trentesima partita utile consecutiva che porta Mancini al livello statistico di Pozzo, l’undicesima vittoria di fila, la tappa che alza a 1.055 minuti il muro d’imbattibilità difensiva. Qualcuno aveva parlato di biscotto, memore di antiche e rancorose pasticcerie, in Europa e oltre. Benissimo ha fatto, il ct, a svuotare la «tipo» e ruotare l’organico. All’Europeo del 1996, Sacchi lo fece troppo presto (già alla seconda) e ne pagò il fio. Al Mondiale del 1978, Bearzot non lo fece alla terza (già qualificato) e il destino gliela giurò. I cinque cambi liberano dai calcoli, dagli scrupoli. E così sia, allora.

Rientrava Verratti (6,5): penso che sia più un «dieci» che un «otto», con quel dribbling a girotondo e le gambine prensili. Procuratosi il fallo, ha battuto la punizione che poi Pessina (7), gran riserva, ha trasformato da predatore, lui che ha un faccino da chierichetto. A proposito dei ragazzi del Gasp che, lontano da Bergamo, soffrirebbero di saudade: Pessina, appunto, Gosens, Spinazzola, Kessié, persino Cristante; e se ne ho dimenticato qualcuno, mi «corriggerete».

Chiesa (6+) non è Berardi. Chiesa è uno scroscio, Berardi un temporale, più verticale il primo, anche orizzontale il secondo. Gente che sta facendo la cronaca, con la volontà e lo spirito di emulare chi fece la storia.

Se c’è la bussola del gioco, potranno magari scendere le provviste di caviale e champagne ma è difficile che ci si perda: vale per Bastoni (6), Belotti (6) e Bernardeschi (6), l’elemento che, più di tutti, ha moltiplicato le funzioni rimanendone prigioniero (gran palo su punizione a parte). I ritmi, lenti,
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Gosens formato Dea

Roberto Beccantini19 giugno 2021

Budapest, Ungheria-Francia 1-1. Ubriachi di sé medesimi, i campioni del mondo si sono lasciati abbindolare dal catenaccione di Marco Rossi (7). Gol di Fiola (7), pareggio di Griezmann (6). Sembrava Ungheria-Portogallo, con i galletti, però, molto più polli, molto più stracchi. Tutti: Pogba (5), Rabiot (5), Benzema 5, Mbappé (6 meno meno). Persino Kanté (5,5). Sul fronte magiaro, sempre in gamba Gulacsi (7). Immagino l’ira di Deschamps: il caldo, d’accordo, e il ritorno del fattore campo. Ma urge imporre un limite alla pancia piena e ai ruttini da bollicine.

Monaco, Portogallo-Germania 2-4. Bella e vibrante, in mano agli attacchi. Decisive le fasce, Kimmich (7) a destra e, soprattutto, Gosens a sinistra: gol e assist da pura Dea, questa volta (9). Loew ha recuperato pressing e triangoli, Havertz (7), Gnabry (6,5) e Thomas Muller (6,5) sono centravanti di passaggio, può essere un’idea a patto che il movimento sia sincrono, e i rifornimenti pregiati. In compenso, continuano a deudermi Bernardo Silva (5,5) e Bruno Fernandes (5). Nei panni di Santos, ne toglierei uno e dentro subito Renato Sanches (6,5, gran palo). Un disastro Semedo (4), mangiato da Gosens. Da Cristiano Ronaldo (6,5) il gol, comodo, del vantaggio e l’assist per Diogo Jota (5,5). Brutto segno, le autoreti di Ruben Dias (5) e Guerreiro (5). Squadre allegre, la Germania non muore mai. E tutti sul cornicione.

Siviglia, Spagna-Polonia 1-1. Alle furie manca la scintilla. Troppo leggibile, la manovra; e l’idea delle due punte non ha pagato. Anzi: Gerard Moreno (5) ha sbagliato un rigore pizzicato dal Var e Morata (5,5) da tre puntate al casinò ha ricavato solo un pieno. Più vivi, i polacchi, più guerrieri: Paulo Sousa li avrà scossi. Lewandowski letale (6,5), Zielinski marginale (5,5) e Szczesny (6) up and down, down in uscita, up ai piedi di Morata. Partita maschia, secondo il lessico d’antan. E allora, 6 a Orsato.