Dopo quel tuffo al cuore

Roberto Beccantini13 giugno 2021

Scossi dal cuore di Christian Eriksen, al quale la Clinica tutta augura il meglio possibile dopo aver temuto il peggio immaginabile, proviamo a recuperare qualche appunto d’Europa dal falò dei primi palpiti.

Galles-Svizzera 1-1. Partita così così. Mi è piaciuto Embolo (7), un attaccante che in area piomba da sentieri tutti suoi. Ramsey (5,5): lo aveva smarrito a Torino, non l’ho trovato in Nazionale. Sì, un po’ più dentro al gioco: ma ancora non basta, non «mi» basta. Alla prossima.

Belgio-Russia 3-0. Doppietta di Lukaku (7,5) e tutto il resto, nostalgia. Ogni volta che vedo i russi, penso all’Unione Sovietica del colonnello Lobanovsky, a quella macchina non implacabile ma difficilmente placabile, e mi intristisco. Poi la memoria corre alla caduta del Muro e allora capisco. Martinez, da parte sua, punta a recuperare Hazard (Eden), i cui dribbling – volteggianti come farfalle, pungenti come api – decorarono il Chelsea di Mourinho, Conte e Sarri.

Inghilterra-Croazia 1-0. Un quarto d’ora di sturm und drang dei leoncini di Southgate, con palo di Foden (6,5), e poi l’uncinetto di Modric (6,5), «zia» saggia e metodista. Provateci voi, da un francobollo di quattro milioni di abitanti, a estrarre un altro Rakitic e un altro Mandzukic. E’ mancata la mira, sono mancate le sportellate in area, là dove è pianto e stridore di «lenti». Bello, il gol: per il dondolio e il servizio tranciante di Phillips (7), per come Sterling (6,5) ha prima dettato il passaggio e poi l’ha «chiuso». Non c’è stato bisogno di Kane (5). Spero di vedere all’opera Grealish, un mio pallino. E Orsato? In pratica, l’hanno diretta i giocatori: 6,5.

Austria-Macedonia del Nord 3-1. Hanno deciso i cambi, Gregoritsch (7)
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Fiocco azzurro

Roberto Beccantini11 giugno 2021

Per leggere Italia-Turchia 3-0 bastano il senza voto di Donnarumma e l’8 a Spinazzola. Non c’è stata partita, nemmeno questa volta, eppure era il battesimo europeo, cerimonia sempre infìda. La squadra di Mancini gioca a memoria da un sacco di tempo: e, così facendo, si diverte. E diverte. Ha costretto i turchi a uno di quei catenacci che spingono gli inquilini, per paura di raccogliere qua e là briciole di coraggio, a buttare via le chiave. Non sia mai.

Tornava il popolo, all’Olimpico. E «nessun dorma», naturalmente. Detto, fatto. Un tempo di approccio metodico, con la capocciata di Chiellini (7) a far da tuono, e poi ripresa tutta lampi. La frittata di Demiral su cross di Berardi (7,5), l’unghiata di Immobile (7) dopo il botta e risposta fra Spinazzola e Cakir, il cioccolatino di Insigne (7,5) su assist di Ciro.

E Calhanoglu? Disperso. E Burak Yilmaz? Ammanettato da Chiellini e Bonucci (6). Se mi chiedete di salvare qualcosa, scelgo le bollicine di Under. In attesa che venga quel giorno (con avversari più tosti, problemi più complessi, rotte più spericolate) continuiamo a segnare e a non prendere gol. E non è che l’avvio di Jorginho (6), marcatissimo, fosse stato da ola. Come il decollo di Barella (7), poi cresciuto alla distanza, e Locatelli (6,5), idem. E’ una squadra che sa di non avere fenomeni, un limite che il ct ha trasformato in risorsa. Tutti per uno, uno per tutti: Insigne che gioca «a ricciolo»; Immobile che finisce e rifinisce; Berardi, quantum mutatus ab illo, che da destra si butta a sinistra; Chiellini arrembante alla Toloi. E, mi dicono, persino Bernardeschi: non per gli spiccioli di stasera, però.

Del 4-3-3 i terzini costituiscono i confini e le fionde: da Spinazzola, che i patiti della Nba avrebbero eletto «mvp», a Florenzi (6) e Di Lorenzo (6,5). Insomma: fiocco azzurro.

Ultima cosa: hanno chiuso i mani-comi. Evviva!

Si va

Roberto Beccantini10 giugno 2021

Buon Europeo a tutti. Comincia domani, a Roma, con Italia-Turchia. E’ un’edizione speciale, martoriata, itinerante. L’idea, splendida, era venuta a Platini, per celebrare i 60 anni della rassegna (1960-2020). Il Covid la trasformò in un bieco azzardo. Si gioca, così, un anno dopo. Ma si gioca. Gli Europei e i Mondiali sono i rintocchi più chiassosi, e festosi, che hanno scandito la mia giovinezza, roba ormai di un secolo fa. La bulimia delle coppe li ha costretti a scendere a patti. Saranno pure barbose, le eliminatorie, ora, soprattutto, che la caduta del Muro ha smembrato l’Europa dell’est e l’Uefa deve dar da mangiare a 55 federazioni: resta il fascino di un «giallo» che, nel giro di un mese, ci porterà all’assassino. Senza se e senza ma.

Campione uscente, il Portogallo di Cristiano Ronaldo (ma non solo). Mia favorita, la Francia di Kanté e Mbappé: che nel 2016, prima di laurearsi campione del Mondo a Mosca, venne sconfitta proprio dai portoghesi, in casa. Poi Belgio e Inghilterra. Mancini ha ricostruito l’Italia. Oggi, la vedo in bilico fra quarti e semifinali. Gioca bene, diverte: le sono mancate le grandi vittorie che solo i grandi avversari porgono. Mi preoccupano due cose: la vecchia ditta Bonucci-Chiellini e il borotalco nel quale la propaganda ha recluso e affogato il rotocalco degli azzurri.

Di Europei ne abbiamo vinto uno solo. Nel Sessantotto, anno non proprio banale, dopo una monetina e una finale ripetuta. Cinquantun partite in un mese: non è detto che trionfi la squadra più forte. Potrebbe toccare a quella più fresca, o più forte in quel periodo lì. Ci sarà il Var, si comincia all’Olimpico e si chiude a Wembley. Fra Nazionale e Nazione il rapporto è sempre stretto e per questo, a volte, ambiguo, pericoloso. Il carro è lì. Attorno, una gran ressa. Da fateci vaccinare a fateci sognare. Torniamo 60 milioni di ct: nostalgia?