Tolti sei punti senza anestesia

Roberto Beccantini22 dicembre 2020

Allora: un 3-0 che ritorna 0-0, uno 0-0 che diventa 0-3. Morale: via sei punti. E senza anestesia. Comincio dal tavolino: l’unico rischio è che d’ora in poi, visto com’è andata al Napoli, la «region di stato» delle Asl possa mettere becco sui protocolli. Non si deve giocare a tutti i costi: vero, ma allora i Preziosi e i Maran del Genoa cosa erano, dei matti, degli assassini?

La Fiorentina, adesso. Anche a Parma, prima di annettersi la notte del Tardini, Madama aveva lasciato una palla-gol agli avversari. Parata da Buffon a Kucka. Questa volta, Vlahovic non l’ha perdonata. Vi raccomando il lancio di Ribéry, la dormita filosofica di Bonucci (una delle tante) e la resa di De Ligt. Non era la Juventus di sabato. Aveva cominciato molle, con le mosse di Pirlo facilmente lette da Prandelli. Poi, al 15’, l’entrataccia di Cuadrado su Castrovilli: giallo, Var, rosso. Corretto. Era andata meglio a De Roon (sempre su Cuadrado, a proposito), e, sempre con la Dea, a Chiesa, se parliamo di rigori, rispetto a Cristiano e Bernardeschi. E’ andrà ancora meglio a Borja Valero, graziato in avvio di ripresa.

Più ancora di La Penna, colpevole è stato l’incipit: sciagurato, lento, arrogante. A proposito di «posteri»: scritto in tempi non sospetti. Firenze non vinceva da otto gare, ha buttato via stampelle e bende; Biraghi, Ribéry, Caceres e Milenkovic l’hanno condotta oltre un ostacolo che gli allibratori, mica solo gli esperti, consideravano impervio. Pirlo è rimasto spiazzato. Dopo i bagliori con Atalanta e Parma, si ritrova nel buio più pesto. Ha tolto Ramsey e inserito Danilo. Ha avvicendato Morata con Bernardeschi. Non dico che la partita sia finita sull’uscita del regista occulto, resta il fatto che la superiorità numerica ha gasato la Viola e costretto i campioni a una moltiplicazione dei pani e dei pesi che in dieci, probabilmente, non sarebbe riuscita
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Ai posteri, ai posteri…

Roberto Beccantini19 dicembre 2020

Ai posteri l’ardua sentenza. Perché sì, sarà una sentenza: e di quelle toste. La Juventus, che con l’Atalanta aveva rischiato di vincere (molto) ma anche di perdere (abbastanza), ha letteralmente asfaltato il Parma, al Tardini. Parma con il quale condivide il record dei pareggi: ben sei. Parma che aveva costretto le milanesi, a San Siro, sul 2-2. Vi chiederete: quale sentenza?

Semplice: saprà dominare come ha fatto stasera, godere dei recuperi (Bentancur, McKennie) e non solo dei gol (Kulusevski, ex di turno, Cristiano, Cristiano, Morata), del pressing alto (come dicono a Coverciano) e non solo dei colpi di tacco? Saprà, fuor di metafora, giocare come risulta nella tesi di Pirlo: a testa alta, spingendo gli avversari sotto le loro tende (vedi alla voce Camp Nou), senza mai mollare, ripeto: mai, nemmeno sul tre a zero, se non al momento del conto?

Il Parma ha 12 punti, come il Benevento, e 6 in più del Crotone. Eppure né a Benevento né a Crotone Madama aveva giocato così. Mettiamoci pure il peso dei rivali – questi più sgonfi di quelli, forse – ma credo che la marcia l’abbia cambiata, soprattutto, la Juventus. Tornavano Kulu e Ramsey, un Ramsey curiosamente vivo: non era la formazione, però, la mossa che allontanava le montagne russe, storiche compagne di viaggio delle ultime versioni, da Sarri a Sua geometria. Era la ferocia.

Tranne un paio di errori di Cristiano e Bonucci, in avvio, tutto ha funzionato come un orologio: compreso Buffon, le due volte in cui Kucka ci ha provato. La coppia d’attacco veniva dalla partita più grigia, più piatta. Sempre sul pezzo e ciao Pep. Se mi chiedete il ruolo di Kulusevski, non lo so (a naso, non sulla fascia), però ha segnato. Alex Sandro sembrava un’ala. E persino Bernardeschi ha azzeccato un cross.

Ai posteri, ai posteri. Martedì arriva il primo: la Fiorentina.

Conta solo vincere, ma guarda…

Roberto Beccantini16 dicembre 2020

Per carità, Conte è Conte (e non Allegri), ma togliere Lau-Toro sopra di un gol e di un uomo proprio non l’ho capita. Il Napoli, alla terza sconfitta sul campo, avrebbe strameritato il pareggio, gliel’ha negato Handanovic: con una gran parata su Insigne, quando si era ancora sullo 0-0, e poi su Politano e Di Lorenzo, per tacere del palo di Petagna agli sgoccioli.

E’ il calcio, bellezze. Vittorie così, di sofferenza estrema, fanno morale: soprattutto se introdotte dal pari interno della Juventus e suggellate dal pari esterno del Milan capolista a Marassi, con il Genoa. Classifica libidinosa: Milan 28, Inter 27, Juventus 24, Napoli e Sassuolo 23. In attesa di Roma-Torino, del ritorno di Ibra, delle ultime sul tavolino di Juventus-Napoli.

Per un tempo, a San Siro, damigiane di camomilla. Da armistizio scritto. Il k.o. di Mertens, avvicendato da Petagna, un tiro di Martinez e uno di Zielinski. Tutto qui: ritmi bassi, difese preponderanti, Conte e Gattuso a giocare a scacchi senza re e torri.

Alla ripresa, un paradosso via l’altro. Il palleggio del Napoli strappava zolle a un’Inter ingessata, che neppure Barella riusciva ad agitare. Se il botta e risposta fra Insigne e Handanovic era il primo squillo della notte, il secondo l’ha orientata. Contatto Ospina-Darmian, rigore. Per Lukaku, una sentenza. Sarà Ringhio a svelare l’arcano del rosso sventolato da Massa a Insigne: vai a c… Però. Qual è il problema? Il problema è che certi falli di lingua vengono colti e sanzionati più di certe martellate.

L’Inter aveva perso Brozovic (dentro Sensi). Ecco: l’uscita di Lau-Toro e l’ingresso di Hakimi, in un momento che avrebbe dovuto suggerire ben altra gestione, hanno offerto al Napoli munizioni non rare. Si giocava a una porta, quella di Handa.

Resta «il» risultato. Quinto successo di fila. I prestazionisti battono in ritirata, mesti. A Fusignano, bandiere a mezz’asta.