Natale a casa Milano

Roberto Beccantini23 dicembre 2020

Dopo quattordici turni, la classifica del campionato scorso era: Inter 37, Juventus 36, Lazio 30, Roma 28, Cagliari (una partita in meno) e Atalanta 25, Napoli 20, Milan 17.

Dopo quattordici turni, la classifica odierna è: Milan 34, Inter 33, Roma 27, Sassuolo 26, Napoli 25, Juventus 24, Atalanta 22, Lazio 21. Mancano all’appello Udinese-Atalanta e Juventus-Napoli.

La mia griglia d’agosto era: 1) Juventus, 2) Inter, 3) Atalanta, 4) Milan, 5) Napoli, 6) Roma, 7) Lazio. E’ il Natale di Milano e, probabilmente, l’anno. Se l’Inter tutta sostanza di Conte (al diavolo Eriksen, le rime baciate, tutta la cianfrusaglia che eccita i fusignanisti), ha centrato la settima vittoria di fila, il Milan è ormai da sedici partite che realizza almeno due gol. E’ stato concepito durante il lockdown, Pioli ha trovato i Re magi (nell’ordine: Ibra, Kjaer, Theo Hernandez) e li ha inseriti in un presepe che neppure a casa Cupiello avrebbero immaginato. E stasera, a San Siro, ne mancavano un fracco, non solo il Totem e il suo vice danese.

Ah, questi allenatori. La Lazio aveva rimontato due gol e stava dominando. Improvvisamente, Inzaghino ha tolto Immobile e Milinkovic-Savic, protagonisti assoluti del pareggio (assist del serbo, sinistro di Ciro). Al Milan non è parso vero. Ha (ri)cominciato a sporgersi, con Rebic ha sfiorato un paio di gol, e Theo, questo straordinario rugbista prestato al calcio, avete presente Gareth Bale?, l’ha trovato.

Della Juventus avevo scritto ieri. Cosa aggiungere se non che il tavolino proprio bene non ha portato? Madama è crollata in casa, e il Napoli dall’attacco decimato, per rimontare il Toro, la squadra più rimontabile d’Italia, ha avuto bisogno di un gioiello di Insigne. Un punto in tre partite, Gattuso: lottassero tutti come lui.

Complimenti a Sassuolo e Benevento. Buon Natale a tutti.

Tolti sei punti senza anestesia

Roberto Beccantini22 dicembre 2020

Allora: un 3-0 che ritorna 0-0, uno 0-0 che diventa 0-3. Morale: via sei punti. E senza anestesia. Comincio dal tavolino: l’unico rischio è che d’ora in poi, visto com’è andata al Napoli, la «region di stato» delle Asl possa mettere becco sui protocolli. Non si deve giocare a tutti i costi: vero, ma allora i Preziosi e i Maran del Genoa cosa erano, dei matti, degli assassini?

La Fiorentina, adesso. Anche a Parma, prima di annettersi la notte del Tardini, Madama aveva lasciato una palla-gol agli avversari. Parata da Buffon a Kucka. Questa volta, Vlahovic non l’ha perdonata. Vi raccomando il lancio di Ribéry, la dormita filosofica di Bonucci (una delle tante) e la resa di De Ligt. Non era la Juventus di sabato. Aveva cominciato molle, con le mosse di Pirlo facilmente lette da Prandelli. Poi, al 15’, l’entrataccia di Cuadrado su Castrovilli: giallo, Var, rosso. Corretto. Era andata meglio a De Roon (sempre su Cuadrado, a proposito), e, sempre con la Dea, a Chiesa, se parliamo di rigori, rispetto a Cristiano e Bernardeschi. E’ andrà ancora meglio a Borja Valero, graziato in avvio di ripresa.

Più ancora di La Penna, colpevole è stato l’incipit: sciagurato, lento, arrogante. A proposito di «posteri»: scritto in tempi non sospetti. Firenze non vinceva da otto gare, ha buttato via stampelle e bende; Biraghi, Ribéry, Caceres e Milenkovic l’hanno condotta oltre un ostacolo che gli allibratori, mica solo gli esperti, consideravano impervio. Pirlo è rimasto spiazzato. Dopo i bagliori con Atalanta e Parma, si ritrova nel buio più pesto. Ha tolto Ramsey e inserito Danilo. Ha avvicendato Morata con Bernardeschi. Non dico che la partita sia finita sull’uscita del regista occulto, resta il fatto che la superiorità numerica ha gasato la Viola e costretto i campioni a una moltiplicazione dei pani e dei pesi che in dieci, probabilmente, non sarebbe riuscita
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Ai posteri, ai posteri…

Roberto Beccantini19 dicembre 2020

Ai posteri l’ardua sentenza. Perché sì, sarà una sentenza: e di quelle toste. La Juventus, che con l’Atalanta aveva rischiato di vincere (molto) ma anche di perdere (abbastanza), ha letteralmente asfaltato il Parma, al Tardini. Parma con il quale condivide il record dei pareggi: ben sei. Parma che aveva costretto le milanesi, a San Siro, sul 2-2. Vi chiederete: quale sentenza?

Semplice: saprà dominare come ha fatto stasera, godere dei recuperi (Bentancur, McKennie) e non solo dei gol (Kulusevski, ex di turno, Cristiano, Cristiano, Morata), del pressing alto (come dicono a Coverciano) e non solo dei colpi di tacco? Saprà, fuor di metafora, giocare come risulta nella tesi di Pirlo: a testa alta, spingendo gli avversari sotto le loro tende (vedi alla voce Camp Nou), senza mai mollare, ripeto: mai, nemmeno sul tre a zero, se non al momento del conto?

Il Parma ha 12 punti, come il Benevento, e 6 in più del Crotone. Eppure né a Benevento né a Crotone Madama aveva giocato così. Mettiamoci pure il peso dei rivali – questi più sgonfi di quelli, forse – ma credo che la marcia l’abbia cambiata, soprattutto, la Juventus. Tornavano Kulu e Ramsey, un Ramsey curiosamente vivo: non era la formazione, però, la mossa che allontanava le montagne russe, storiche compagne di viaggio delle ultime versioni, da Sarri a Sua geometria. Era la ferocia.

Tranne un paio di errori di Cristiano e Bonucci, in avvio, tutto ha funzionato come un orologio: compreso Buffon, le due volte in cui Kucka ci ha provato. La coppia d’attacco veniva dalla partita più grigia, più piatta. Sempre sul pezzo e ciao Pep. Se mi chiedete il ruolo di Kulusevski, non lo so (a naso, non sulla fascia), però ha segnato. Alex Sandro sembrava un’ala. E persino Bernardeschi ha azzeccato un cross.

Ai posteri, ai posteri. Martedì arriva il primo: la Fiorentina.