Sono notti che restano. All’andata, senza Cristiano, e al di là dei centimetri di Morata, fu un massacro. Questa volta, con Cristiano, è stato un trionfo. Da 0-2 a 3-0: e primo posto nel girone di Champions, addirittura. Non ci credevo, l’avevo scritto. Dal derby di sabato al Camp Nou di stasera siamo passati dalla Juventus peggiore alla Juventus migliore, soprattutto per un tempo. Può darsi che il Barcellona l’abbia presa alla leggera, era senza Piqué e dicono che Leo Messi – il migliore dei suoi, comunque – sia all’ultimo tango. Ne dicono tante.
Fatto sta che, al pronti-via, Madama è andata a scegliersi lei il cavaliere – cioè il gioco, cioè il pressing – soffiandolo agli avversari, fermi agli ozi torinesi e alla polizza dello scarto. Cristiano ha trasformato un rigore muy generoso, McKennie ha raddoppiato in acrobazia, sul «solito» assist del «solito» Cuadrado. Mi son dovuto dare un pizzicotto. Le incursioni dell’americano, le sponde di Morata, la vivacità di Ramsey – persino lui, sano immaginario – e la difesa raccolta attorno a Bonucci e Buffon. Ho detto raccolta, non chiusa a chiave.
Pirlo aveva rinunciato al pacchetto delle ali (Chiesa, Kulusevski, Bernardeschi) e varato un 4-4-2 mobile, reattivo, in cui tutti aiutavano tutti. Piano piano, ma non Pjanic Pjanic, Koeman ha cercato di scuotere le sue mummie. Non ce l’ha fatta. Ha chiuso con i pulcini che invocavano disperatamente mamma Pulce, l’unico a impegnare Buffon, sempre lì, sul pezzo, a 42 anni.
In avvio di ripresa, la Juventus ha ricominciato come aveva cominciato. All’attacco. Altro pizzicotto, please. Ed ecco il secondo penalty, per un braccio di Lenglet colto dal Var e non dall’arbitro, tirchio anche nel giallo (sarebbe stato il secondo). E così, per il Marziano, doppietta e 752.
Zero a tre: il Barcellona, nella sua tana, non perdeva dal 3 maggio 2013 (Bayern).
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