Dal triplete della Lazio al tridente è tutta un’altra musica. Certo, l’Udinese è l’Udinese, fragile nella fase difensiva, ma insomma: Cristiano, Dybala e Higuain hanno divertito e si sono divertiti. Per un tempo, almeno. Poi Madama ha rallentato, l’Udinese è cresciuta, Cristiano ha preso un palo e ribadito quanto sia bravo Musso, fino ai tuffi di Buffon e al gol di Pussetto, epilogo che ha mandato in bestia Sarri.
Il marziano ha segnato di destro (tiro bellissimo, per come ha dovuto calibrarlo più in fretta della solita fretta) e di sinistro (chirurgico). Bonucci di testa, su sponda di Demiral, preferito a De Ligt. Fermo al rovinoso pomeriggio col Verona, il turco sembrava perso. E’ rientrato a Leverkusen, ha convinto ed eccolo arrampicarsi su Okaka e sdraiarsi, provvidenziale, ai piedi di Lasagna.
Sarri si è sempre posto di fronte al tridente con la flemma del rivoluzionario che preferisce le sortite notturne al colpo di stato in pieno giorno. L’aspetto buffo è che l’Omarino ha coperto il campo in lungo e in largo come ai tempi dell’ultimo Allegri, tuttocampista o trequartista a seconda dei vezzi lessicali. L’ho visto avviare un paio di contropiede da area ad area, addirittura.
E’ che se stai corto, pressi e palleggi alto, la palla suda più di te, cosa che in passato non sempre succedeva, e gli avversari si demoralizzano. Nella posizione di Pjanic, squalificato, ha giostrato Bentancur: non ai livelli della prima mezz’ora dell’Olimpico, ma all’altezza delle esigenze, rare e modeste. Ai lati, Matuidi e Rabiot: portatori seriali di legna.
In Europa vince chi ha più coraggio e attacca meglio. Non sempre schierare molti attaccanti qualifica il gioco d’attacco, ma Real e Barcellona ci hanno insegnato che ne vale la pena. Urgono rivali più probanti. E se per caso il meccanismo s’inceppa, la panchina non offre altre punte di ruolo. Però è un’idea che seduce.