Halleluia

Roberto Beccantini23 giugno 2024

Non si può non cominciare dall’Halleluia di Sinner e del doppio Bolelli-Vavassori, vincitori sull’erba tedesca di Halle, per poi passare a un’altra erba, quella di Francoforte, dove soltanto al 91’ la Germania ha raggiunto una Svizzera non proprio in versione Federer ma capace per un’ora abbondante di controllare e respingere, in bellezza, la monotonia «relazionale» (sic) dei tedeschi. Persino di Kroos. E addirittura di Gundogan.

Così: 1-1. Germania prima, Svizzera seconda. In copertina, Ndoye (firmatario del gol su invito di Freuler: alé Bologna!), Akanji e Xhaka, autore di una «curva» che avrebbe potuto garantire il raddoppio (ma Neuer è Neuer, meine Damen und Herren). Il pareggio l’ha siglato Fullkrug, il centravanti-ciccia, di testa, su cross di Raum: due cambi. Mossa, quella dell’Altafini del Borussia Dortmund, che – dal mio divano – avrei fatto molto prima, vista la notte di Havertz. Ma il divano non è la panchina.

La Germania è stata Musiala sino all’arrembaggio finale, quando i corpo a corpo hanno relegato gli elvetici sugli scogli. Nagelsmann era partito con la solita «tipo». Calcio piatto, attorno a troppe mischie e a qualche dribbling, unica variante di lavagna. E di ritmo. Yakin è percepito come un Normal-one, ma proprio questa è la sua forza. Gioca bene, la Svizzera, «bene» per l’organizzazione e la volontà di rispondere, sempre, colpo su colpo. Magari, in alcune situazioni, Embolo e c. avrebbero potuto, e forse dovuto, essere più incisivi sotto porta, ma non si può avere tutto (e tutti). Ndoye, comunque, un palo lo aveva scheggiato.

Il Var ha spinto un Orsato dal metro «inglesissimo» a graziare Sommer sul tiro-gol di Andrich: per una pedatina di Musiala a monte. La video-assistenza, ancora, ha cancellato il 2-0 di Vargas per l’ormai canonico fuorigioco di un piede. Negli ottavi, se ci si qualifica come credo, ci toccheranno i diversamente Roger. Occhio.

Il passator cortese

Roberto Beccantini22 giugno 2024

Si procede di buona lena, all’europea. Veniva, il Belgio, dal k.o. con la Slovacchia; e la Romania, dal 3-0 all’Ucraina. Morale: 2-0. Tielemans subito, su sponda di Lukaku, e De Bruyne alla distanza, su topica di Burca. Intanto, a proposito: Var tre Lukaku zero. Terzo gol annullato, il secondo per offside «scemi-automatico» (un po’ di scarpa). Tedesco aveva ridisegnato la squadra: Tielemans, uno dei nuovi. Doku ha un dribbling che non può non agitare emozioni, ma esagera nello specchiarsi. Partita in pugno, De Bruyne a cavallo, per come indica cosa fare e per come, quando è il suo turno, lo fa. Romeni fragili dietro, e sullo 0-1 Man trova in Casteels le corazza di Courtois.

** A Dortmund, Turchia-Portogallo 0-3 (Bernardo Silva, Akaydin autorete, Bruno Fernandes). Il fado è tratto. Montella rinuncia all’asilo (Arda Guler, Yildiz), Çalhanoglu scompare fra le onde, Bernardo apre, Bruno chiude. In mezzo, un autogol iconico. Mentre Cristiano e Joao Cançelo si mandano amabilmente a quel paese, Akaydin tocca al portiere che, scampato il pericolo, stava uscendo giulivo. Dietro front di entrambi, a tutto gas: troppo tardi. Segnali: Leao, secondo giallo per simulazione (darsi una regolata, no?); Cierre rinuncia al gol pur di offrire l’onore a Bruno Fernandes. Da egolatra a passator cortese: pasta di capitano. Ah, l’età…

** Ad Amburgo, Georgia-Repubblica Ceca 1-1 (Mikautadze su rigore, Schick). Alla garibaldina, fra mosse e scosse, sprazzi di Kvara, mani-comio e penalty varista che manda avanti i georgiani. Poi il pari – non molto chic, a dire il vero – di Schick (di petto, a mezzo metro dal gesso della porta). Il ceco esce per infortunio, come Kvara. E in flagrante contropiede, al 95’, Lobzhanidze si mangia il gol che avrebbe potuto trasformare l’acqua in vino, la cronaca in storia.

Finalmente uno 0-0

Roberto Beccantini21 giugno 2024

Europei, finalmente uno 0-0. Il primo dopo 21 partite. E mica tra vecchi arnesi. Francia e Olanda a Lipsia. I vice del mondo, i papà del totaalvoetbal. Senza Mbappé: come togliere la torta alle ciliegine e alla glassa di Deschamps. Nell’aria, il malizioso ritornello di «meglio due feriti che un morto». I bleu ci hanno dato dentro un po’ di più, specialmente nella ripresa. Griezmann si è mangiato un paio di occasioni colossali (ma sulla numero 1, al posto di Rabiot avrei tirato). In compenso, bravo Maignan su Frimpong subito e poi su Gakpo. Per il resto, piccolo cabotaggio e una gerla di errori, di omissioni, di sbadigli. Tra i migliori, uno dei peggiori del finale di stagione: Upamecano. Annullato correttamente, al 70’, un gol di Xavi Simons (fin lì, deambulante ai margini): troppo vicino al portiere, Dumfries, perché qualche pazzo potesse considerarlo «passivo».

** A Berlino, Polonia-Austria 1-3 (Trauner, Piatek, Baumgartner, Arnautovic su rigore). Le orde di Rangnick invadono i territori di Probierz. Per mezz’ora, gara a senso unico e incornata di Trauner. I polacchi si scuotono e Piatek pareggia, di rapina. Ma è un falò che si spegne in fretta. Ci pensa capitan Arnautovic, velo per Baumgartner e poi penalty impeccabile. Era appena entrato Lewandowski: un giallo e niente più. Zero punti: Szczesny, fra gli ultimi ad arrendersi, è fuori.

** A Dusseldorf, Slovacchia-Ucraina 1-2 (Schranz, Shaparenko, Yaremchuk). Ennesima rimonta, e il solito copione sfuggito di mano al regista. Calzona, temo, retrocesso da Cagliostro o impiastro: un classico. Non basta la (seconda) rete di Schranz. Medicato l’assetto, Rebrov trova – a parte Dovbyk, prigioniero di Skriniar – forza, carattere, pali (Tymchyk, Mudryk) e un filo di gioco. Yaremchuk è un cambio, a conferma della centralità delle panchine. Lo stop a seguire, bello, confonde i riflessi di Dubravka.