Più champagne che birra

Roberto Beccantini14 giugno 2024

Let’s gol: 5-1. La prima Germania d’Europa si mangia facile la Scozia e lascia tracce significative, anche se non ancora definitive (ci mancherebbe). Reso omaggio a Franz Beckenbauer, colui che, avanzando, fece avanzare il calcio, la gente di Monaco si gode una partita che i tedeschi consegnano subito alle bollicine della loro cantina. Più champagne che birra. Vale, l’analisi, per 44’: sino a quando, cioè, le cornamuse restano in undici. Il rosso a Porteous, varista ma corretto, spegne le candeline della torta. Sin lì, Deutschland a cavallo. Attorno all’ultimo ballo del signor Kroos (34 anni), Nagelsmann ha edificato un castello che di sabbia proprio non sembra. Tempo al tempo, naturalmente, ma questo è.

I gol che spaccano la notte esaltano il calcio semplice, ficcante: gran palla di Kroos a Kimmich, sulla destra, tocco al centro, piatto di Wirtz, con Gunn un po’ sorpreso. E’ l’11’. Da Gundogan a Havertz, a Musiala, controllo, arresto e destro. E’ il 19’. Gioco, partita, incontro. Ventunenni, Wirtz e Musiala sono «liberi d’attacco» che affiancano il pivot mobile dell’Arsenal. Il tutto, a suon di dribbling: Musiala, in particolare.

Il rigore che si procura Gundogan e trasforma Havertz era sfuggito a un Turpin non sempre illuminista. L’espulsione di Porteous è come la firma in calce a un atto notarile. La ripresa ha cronaca – sassata di Fullkrug, autorete di Rudiger, lecca di Emre Can dal limite – ma non più storia. Fullkrug, Emre Can: due panchinari. La squadra di Clarke (zero tiri, ripeto: zero) si aggrappa all’orgoglio. La Germania si dimette dal pressing feroce che ne aveva decorato l’impatto. Non ne ha più bisogno. Domina anche così. Il popolo capisce e si adegua. Giorni verranno, per carità, e ne sapremo di più. I battesimi, di solito, nascondono insidie. Ne sanno qualcosa proprio gli ex panzer, sconfitti implacabilmente ai Mondiali del 2018-2022 e, in mezzo, all’Europeo del 2021. Almeno una lezione, questa, l’hanno imparata.

Per chi votate? Per chi avevo votato

Roberto Beccantini13 giugno 2024

Dopo la politica, vota il calcio. «Europee» in Germania, dal 14 giugno al 14 luglio. Governo uscente, l’Italia (ops). Bando alle chiacchiere: vi giro la mia griglia. Aspetto la vostra.

Francia
Inghilterra
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Germania
Spagna
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Portogallo
Italia
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Belgio
Croazia
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Olanda
Serbia
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Turchia
Danimarca
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Ucraina
Svizzera
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Austria
Ungheria
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Polonia
Scozia
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Repubblica Ceca
Slovacchia
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Romania
Slovenia
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Georgia
Albania
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Come James Bond

Roberto Beccantini1 giugno 2024

Il Real è come James Bond. Quando la vedova nera già pregusta la mossa fatale – su una coscia, alla schiena, in una gamba: fate voi – ecco l’effetto speciale: un corner, un colpo di testa e «007» che prima la scampa e poi la alza. Quindici, per la storia. E sette per Carletto nostro e vostro: cinque da allenatore (3 Real, 2 Milan) e due da giocatore (entrambe con il Diavolo). Solo culatello? Mah.

Al Borussia Dortmund, gli applausi del loggione. E non solo, spero. Nella pentola di Wembley, aveva dominato per un tempo: Carvajal che salva su Adeyemi, a porta vuota; palo di Fullkrug (sul filo del filo, forse oltre); paratona di Courtois su Adeyemi, in contropiede; paratona su Sabitzer, dal limite. Sin lì, il Real sonnecchiava, zero tiri, Bellingham e Kroos da 5 scarso, Vinicius fumo e Rodrygo cenere. Lo tenevano su i gregari: Camavinga, Carvajal, l’arquero. Terzic, a petto di Ancelotti, pareva un piccolo stregone. Adeyemi, Sancho, Emre Can, Hummels, Fullkrug, Sabitzer, Ryerson: non uno che non sembrasse il doppio di quello che era. Alla distanza, piano piano, sarebbero tornati sulla terra. Tutti.

La Champions è il suo smoking, si era scritto alla vigilia. Lo è stato. In coda, ma lo è stato. Alla ripresa, immagino che abbia sbirciato il tabellone: ma come, non siamo 2-0 per loro? No. E allora, vamos. Da una punizione di Kroos, all’addio (come Modric, al probabile divorzio per volontà di Florentino), il primo brivido. Una sgrullata di Fullkrug, il centravanti, ha chiuso una partita e ne ha aperta un’altra. La staffetta tra Adeyemi e Reus non poteva incidere. Erano stanchi, i gialli, stanchi di attendere gli avversari non blindati in salotto ma in mezzo al giardino, pronti a morderli e a ribaltarli in transizione o in contropiede.
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