Un po’ d’aria

Roberto Beccantini10 ottobre 2014

Un po’ di calcio, finalmente. Briciole, monetine: poca roba, lo so. Ma calcio, perbacco, calcio normale, con le sue trame sghembe (che sofferenza, con l’Azerbaigian), i suoi tabellini buffi (testa di Chiellini, autogol della coppia Buffon-Chiellini, testa di Chiellini), i suoi improbabili nani della provvidenza (Giovinco, il mio cocco: un assist e una traversa).

Calcio. Lo scrivo con la stesso stupore con cui, immagino, le vedette di Cristoforo Colombo gridarono «terra». Un romanista, Florenzi, abbraccia uno juventino, Chiellini; uno juventino, Bonucci, dà il cinque a un interista, Ranocchia. E poi, Palermo. Un tifo caldo, generoso. Penso a Little Lions, Teodolinda, Salvadore: fieri della loro città e io fiero con loro.

L’ordalia viene dopo, confesso che non la facevo facile ma neppure così complicata. Si sapeva che Vogts-populi-vogts-dei avrebbe armato un catenaccio d’altri tempi, con un azero fisso su Pirlo. Il calcio esula da ogni convenzione e, spesso, da molte convinzioni. Puoi pareggiare anche senza tirare, basta uno sbuffo di vento, una «copula» tra stinchi, una parabola imbizzarrita.

Mai stati una gioiosa macchina da gol, gli italiani. Non che i soldatini di Conte abbiano preso sotto gamba gli avversari, tutt’altro, ma è proprio questo dettaglio – non averli sottovalutati – a rendere ancora più critica (e criticabile) la prestazione. Immobile e Zaza sono scesi sulla terra, abbiamo tirato poco e male, manca la fantasia che, al massimo, diventa geometria (di Pirlo).

Gli stenti aiutano a crescere. La partita, l’ha spaccata una riserva della Juventus, Giovinco. Ha avvicendato Florenzi, ha tagliato rivali cotti ma duri. L’importante era uscire dal bordello. Il tempo di una sigaretta, di una telefonata a casa. Tranquilli: lunedì c’è Malta e poi si torna dentro, tutti insieme.

Il silenzio

Roberto Beccantini8 ottobre 2014

Il gentile Riccardo Ric chiede notizie del mio silenzio.

E’ un silenzio di centimetri, perché le coccole domestiche, ancorché non così plateali come denunciato dalle guardie (?), spingeranno la Juventus a immaginarsi, in Europa, più forte di quella che è.

E’ un silenzio rispettoso di quello, e di «quelle», che si agitano dietro le quinte.

E’ un silenzio di stanchezza: sempre gli stessi slogan, sempre le solite, volgari, insinuazioni (di capitan Totti, questa volta), sempre i soliti pistolotti (Francesco, fuori le prove); sempre le immancabili minchiate via twitter; sempre i soliti appelli: «Primario, ha sentito quel che ha detto Taormina?». No. Pallotta invece sì: well done.

E’ un silenzio dettato dalla coincidenza che non si parlava di moviola in campo da Juventus-Torino del 23 febbraio, e nessuno dei Pazienti l’ha notato. State perdendo dei colpi anche voi.

E’ un silenzio che non trovo corretto interrompere per sparare sulla Croce Rossa, al secolo Carlo Tavecchio. Le sua banane sì, sono uno scandalo, non certe pere: alcune di queste, al massimo, sono errori. E poi, bloccato Louise, c’è sempre Felpa.

E’ un silenzio dovuto al fatto che ho tempestato di telefonate l’entourage della Fifa per saperne di più sul gol di Bonucci: il fuorigioco di Vidal era o non era punibile? Lo so, la «Gazzetta» si era già pronunciata, ma mi è stato detto che non mi devo fidare dei giornali italiani.

E’ un silenzio di rottura perché credo che ci fosse ben poco da aggiungere all’accusa, in arrivo, di fare di ogni erba un fascio.

Conto i minuti che mi separano da Italia-Azerbaigian. In silenzio. Tanto, la fine è nota.

Questione di centimetri, sempre

Roberto Beccantini5 ottobre 2014

Che bordello, ragazzi. Un baule pieno zeppo di centimetri familiari, non uno scrigno di gioie. Juventus-Roma: se non fosse questa, sarebbe un falso. Il 2-2 avrebbe rispettato meglio il bello e il brutto dell’ordalia, ma il calcio è un tamburo che rulla, non il violino mimato da Garcia.

Rigore di Tevez, rigore di Totti, Iturbe su assist di Gervinho, rigore di Tevez e poi, agli sgoccioli, la fucilata di Bonucci. Sette ammoniti, tre espulsi (Garcia, Morata e Manolas), un Rocchi vagone e non locomotiva fin dalle scaramucce introduttive.

Nel merito, perché siamo in Italia e solo di moviola si parlerà: c’era il penalty non concesso a Marchisio (con relativo rosso a Holebas). Non c’era quello fischiato a Maicon, un pelo fuori area (mani-comio). Rocchi, pessimo, aveva dato la punizione, l’assistente Faverani e le proteste degli juventini gli hanno fatto cambiare idea. Netto l’abbraccio di Lichtsteiner a Totti. Sul gesso della linea (e, dunque, da rigore) l’imboscata di Pjanic a Pogba.

Quanto alla posizione di Vidal sul tiro di Bonucci, bè, soltanto lo stupro del fuorigioco può giustificarla. Contente Fifa e Uefa, contenti (quasi) tutti. Dopo che in Athletic-Napoli la corsa di Aduriz sul gol di Ibai Gomez venne considerata regolare, sorry, tutto diventa lecito. Ho tante colpe, e me le prendo, ma non quella di aver agevolato il «fuorigiochicidio».

Tornando al calcio giocato: troppa isteria, non proprio uno spot ideale per la clientela europea. Mi hanno deluso, in ordine sparso, i leader: Pirlo, al rientro, Pjanic, Totti. Allegri se l’è giocata tra lotta e governo, Garcia con la velocità di Gervinho e Iturbe. In generale: più paura che coraggio.

Rare le occasioni: di Gervinho, di Pjanic, di Pogba, di Morata (traversa scheggiata). Il verdetto spacca la coppia di testa, ma tranquilli: non è un divorzio. La Roma è più vicina.