Mamma mia. Garde ha fatto esattamente quello che farà il Livorno, lunedì. Tutti dietro la linea della palla (traduzione: catenaccio), Malbranque fisso su Pirlo e morsi di contropiede. Il Lione, quinto in campionato, era privo di mezza squadra. Lacazette, gran fumo. Occasioni, una: sprecata da Briand, il vice di Gomis.
Rispetto a domenica, i maniaci delle lavagne brinderanno al baricentro più alto. Vero. Ma i lanci di Bonucci erano Sputnik nello spazio. Mancava la velocità di pensiero. Mancavano le incursioni dei centrocampisti, una volta la specialità della casa. Mancava – fino, almeno, all’ingresso di Giovinco – quel gesto che è stato bannato dai vivai come elemento di disturbo: il dribbling.
Tutto, in questi casi e a questi ritmi, diventa un lusso: dalla difesa a tre a Osvaldo. Tornava Tevez, ma se in Europa non segna dal 7 aprile 2009 non può essere una semplice coincidenza. Ha tirato addosso a Lopes la merce rara di una palla-gol. Si è infortunato. Meglio nella ripresa, la Juventus: anche perché far peggio era difficile. Il destino (fuori Tevez) e Conte (fuori Osvaldo) hanno mescolato le carte. Dentro Vucinic e Giovinco. Non ci crederete: dire che abbiano cambiato la partita è forse troppo, ma di sicuro l’hanno portata oltre il calo del Lione. Ognuno a modo suo: Vucinic, facendo sponde anche a se stesso e divorandosi un gol da portacenere-scagliato-contro-il-muro; Giovinco, puntando l’uomo, come se i miei moccoli fossero arrivati fin lì.
Il gol di Bonucci è stato il classico fuori-campo battuto dal «lanciatore». Le semifinali di Europa League sono meno lontane. E per lo scudetto restano otto punti e sette partite. In attesa della verità sui muscoli di Tevez, una vittoria che fa morale. Per carità , se non l’attacchi la Juventus prima o poi qualcosa combina. Giovinco, Vucinic: calcio, mistero senza fine buffo.