Buffo, no?

Roberto Beccantini28 novembre 2013

Troppa carne al fuoco, torno allo spezzatino.

1. Juventus molle e noiosa. Dal bombardamento di Copenaghen estrasse la miseria di un golletto. Dalla carestia di Torino, addirittura tre gol. A parte la solita dormita (là, su punizione, qui su fallo laterale). Buffo, no?

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2. Al Napoli potrebbero non bastare quattro successi e dodici punti. Alla squadra di Conte basterà non perdere a Istanbul: e dunque una vittoria, una sola. Quella con i danesi.

3. Vidal è un tuttocampista, la tripletta non gli aggiunge nulla. Sa fare molto e vede la porta, con la testa e (anche) di testa. In passato, quando gli sceicchi eravamo noi, tenere lui e Pogba sarebbe stato un gioco da ragazzi. Oggi che gli sceicchi sono altri, la fine è nota: si tratta solo di fissare una data. E un prezzo. Almeno per uno di loro. Da quello che leggo, i tifosi sono preparati.

4. Senza Cristiano Ronaldo, in formazione largamente rimaneggiata e addirittura in dieci dal 26’ del primo tempo (espulso Sergio Ramos), il Real di Ancelotti le ha suonate al Galatasaray di Mancini. A proposito di biscotti o menate varie.

5. In principio fu l’abbraccio di Chiellini a Sergio Ramos. Poi il tocco di Abate a Neymar. Quindi, a Dortmund, le leggera «copula» tra Fernandez e Lewandowski. Rigore, rigore, rigore. In Europa, tolleranza zero. Da noi, non proprio. Consiglio spassionato: facciamone tesoro.

6. Il Napoli di Benitez. Partenza tra gli olé e d’improvviso: 0-2 Arsenal, 0-2 Roma, 0-3 Juventus, 1-3 Borussia. Un sospetto: quattro attaccanti (Callejon, Hamsik o Pandev, Mertens o Insigne, Higuain) cominciano a essere troppi. Con le grandi, almeno.

7. Celtic bipartisan: la scorsa stagione, 0-3 con la Juventus; martedì, 0-3 con il Milan. Piano con le serenate.

Sua altezza

Roberto Beccantini24 novembre 2013

Il catenaccio è un diritto. Contro la Juventus, al completo o in emergenza, come questa volta, lo esercitano spesso. Ci ha provato anche il Livorno. Ha retto per un’ora. Privo di Paulinho, la carabina titolare, si è sciolto proprio quando, paradossalmente, ha cercato di buttare un occhio oltre i reticolati. Gianni Brera invitava a difendere la sconfitta, figuriamoci un pareggio.

Llorente, al volo su cross di Pogba; Tevez, con il bisturi, su tocco dello spagnolo. La squadra di Conte ha avuto pazienza. Livorno era una tappa di trasferimento verso il Copenaghen, che andrà battuto a tutti i costi per «restare» in Champions e poi giocarsela a Istanbul. Se il Sassuolo di Berardi e Zaza si è svegliato dopo il 7-0 dell’Inter, la squadra di Conte ha cambiato marcia dopo la sbornia fiorentina. Cinque successi di fila, con un saldo-gol di dodici a zero.

Il mio podio di giornata: Llorente, Pogba, Asamoah. Bene pure Vidal, centrale di fortuna, e persino Padoin, a destra. Llorente era lo sfogo tattico non contemplato (o appena sfiorato: Borriello, Matri, Bendtner, Anelka). Fermo da quasi un anno, ci ha messo un po’ a farsi capire, e il mister a capirlo. Fa salire i compagni, come insegnano a Coverciano, fa massa in area, e non è solo un battitore di testa.

Certo, il ritmo non è stato «inglese». Non è una novità, per i nostri pollai. All’estero sono più aperti, ma vi raccomando i Boruc di turno e, nel caso specifico, la difesa del West Ham sul rigore pro Chelsea. Nicola ha preferito non far giocare gli avversari. Donadoni, a Napoli, se l’è giocata. Libero schema in libero Stato.

Coriandoli arbitrali: manca un giallo a Chiellini (su Schiattarella, nel primo tempo); manca un rigore alla Juventus (braccio largo di Ceccherini, nel secondo).

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Orgoglio e postgiudizio

Roberto Beccantini21 novembre 2013

Nessun dubbio che, oggi, Cristiano Ronaldo sia il più forte giocatore del mondo. Fuoriclasse assoluto, come Leo Messi. Viene da un 2013 straordinario per qualità e continuità: altro che «bulletto» (al Lapo, al Lapo). Cristiano, per me, è la prolunga post-moderna di Ronaldo. Velocità, potenza, precisione: tutto, e in spazi più larghi. Il portoghese nasce ala e finisce centravanti. Non solo: se Messi è diventato Messi «solo» nel Barcellona (un dato di fatto, non una censura), Cristiano è diventato Ronaldo migliorandosi sempre – e sempre migliorando – Manchester United, Real Madrid, Nazionale.

In materia di Palloni d’oro, il bilancio è di quattro a uno per Messi. Tutto ciò premesso, aver riaperto e allungato il voto dal 15 al 29 novembre, tollerando pure eventuali correzioni, è una gran porcata. Sia in funzione Ribéry, il favorito che rischiava la bocciatura «mondiale», sia pro Cristiano. Nel cambiare le regole in corsa, Joseph Blatter se li mangia tutti, i piccoli dittatori a libro paga (e non). Ricorderete la pantomima a uso e consumo degli studenti di Oxford, con tanto di marcetta anti CR7. Lui, il presidente della Fifa.

Beccato in flagrante, chiese scusa. E dopo le scuse, con il pretesto che molti tra ct, capitani e giornalisti erano in ritardo, ha allargato i cordoni dell’urna. A 77 anni, continua a fare il lavoro sporco in giacca e cravatta. Te lo do io Platini.

Fino al 2009, c’erano il Pallone d’oro di «France Football», legato a paletti come successi di squadra, performances individuali, classe, carisma, fair play, carriera, e il Fifa World player of the year. La fusione del 2010 ha portato al Pallone d’oro Fifa, con meno recinti. Non discuto il valore e la cilindrata di Cristiano, per carità, ma conosco i miei polli. Cosa sarebbe successo se Svezia-Portogallo si fosse disputata il 25 maggio e la finale di Champions il 19 novembre?