Uno per tutti

Roberto Beccantini5 dicembre 2012

Piaccia o non piaccia, tutti assolti tranne Antonio Giraudo. Gli hanno ridotto la pena (dai tre anni inflitti in primo grado, e dai quattri richiesti, a un anno e otto mesi), ma è rimasta l’infamia dell’associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva (Juventus-Udinese, solo quella). Come partecipante, non più in qualità di promotore: di qui lo sconto (!). Il carro accusatorio ha retto (Giraudo più Moggi più Bergamo più Pairetto più Mazzini più De Santis, più eccetera). Dall’appello abbreviato, però, sono scesi tutti i passeggeri meno uno.

Ho sempre pensato a una guerra per bande, a maggior ragione dopo il disvelamento di Calciopoli 2 (le telefonate dell’Inter, gli altri nastri del Milan). Tre sentenze penali (due abbreviate, una ordinaria) e i verdetti sportivi nella loro interezza hanno scardinato la mia tesi. Ne prendo atto.

In attesa delle motivazioni, fatico a orientarmi. Gli arbitri e il loro presidente d’allora, Tullio Lanese, sono usciti indenni uno dopo l’altro. Tiziano Pieri, prosciolto nell’appello odierno, resta aggrappato comunque a Bologna-Juventus, una delle frodi contestate a Moggi sull’altro fronte. Il quale Moggi, a leggere le cinquecento e passa cartelle di Teresa Casoria, ha «cupolato» per sé, e non per la Juventus. Insomma: l’associazione cammina, ma è sempre più magra.

Ripeto: non che tutti i filistei dovessero morire con Sansone-Giraudo, per dare un senso compiuto alla condanna, ma il liberi tutti tranne uno qualche dubbio lo fa venire. Scrivo Calciopoli e non Farsopoli, non credo ai complotti e rispetto i tribunali: la sentenza, però, mi sembra tirata per i capelli, come i quattro mesi di Antonio Conte. Non perché non ne meritasse di più, ma perché non li meritava in base alle spiegazioni offerte dal Tnas. Di appello in appello, quello di Moggi comincerà il 24 maggio 2013. Campa cavillo.

Il lato G

Roberto Beccantini1 dicembre 2012

Come a Catania, è stato un rosso, tanto folle quanto corretto, a sfigurare l’ordalia. Barrientos al Cibali, Glik nel derby. Fin lì, il Toro aveva retto alla pari. Dopo, non più. Che abbiano segnato Claudio Marchisio e Sebastian Giovinco, juventini di «cantera» e di città, è una chicca statistica che non può non far piacere, se il riferimento – per molti- resta l’undici su undici del Barcellona di domenica scorsa, contro il Levante. Viceversa, se tifate per la globalizzazione, liberissimi di fregarvene.

Le vie del derby sono proprio infinite. La prima occasione – e che occasione – era capitata a Meggiorini. La Juventus, di passaggio dal 3-5-2 al 4-4-2/4-3-3, sembrava la squadra, timida e macchinosa, di San Siro. L’espulsione dello spericolato Glik ha sparigliato il mazzo. Il derby si è arreso al pensiero unico, con tutta la Juve sempre o quasi nella metà campo del Toro. La buonanima di Nils Liedholm raccontava che in dieci si gioca meglio. Ai suoi tempi, forse. Non adesso. Sono sicuro che Conte darà più importanza alla mezz’ora iniziale – sofferta, travagliata – che non al seguito. Le grandi squadre si cementano lavorando sugli errori e non sui pregi.

Giovinco ha realizzato il più utile fra i suoi gol inutili, Marchisio, a 26 anni, ha confermato di essere un centrocampista moderno, completo, ora rifinitore ora stoccatore. Così così gli altri orchestrali. Rimane il problema delle palle perse, dalle quali nascono, spesso, più occasioni che azioni. Del Toro mi hanno commosso Darmian e l’applauso della curva, comunque.

Un mezzo disastro, Rocchi. Il rigore sbagliato da Pirlo non è una novità, e pure su questo Conte dovrà meditare. La Juventus ha due punti in più della scorsa stagione e mercoledì a Donetsk senza Marchisio, squalificato, si gioca gli ottavi di Champions. Serve un pari. Non sarà una passeggiata.

Il lato B

Roberto Beccantini1 dicembre 2012

Non si parla che di scossa Berlusconi, sui giornali italiani. Perché torna in lizza, perché è tornato a Milanello. Tempi duri per Al-fano e Al-legri. Occupiamoci dell’argomento più importante: il calcio. Da quando Silvio ha ripreso le sue visite pastorali, il Milan ha rimontato il Napoli, espugnato Bruxelles, sconfitto la Juventus, liquidato il Catania. Membro!

Sono tutti in brodo di giuggiole, i trombettieri milanisti. Chi ricorda sommessamente al Cavaliere che il Milan due gol li aveva già rimontati a Palermo e che El Shaarawy, prima che il suo elicottero spazzolasse i prati di Carnago, di reti ne aveva già realizzate otto, rischia la scomunica.

Lontano dagli eccessi – i destri: Meno male che Silvio c’è; i sinistri: Meno Silvio che male c’è – segnalo altre visite, altre scosse, non meno rivoluzionarie del nuovo numero di Boateng e di Montolivo capitano. La visita dell’arbitro Rizzoli a San Siro, contro la capolista, e quella dell’assistente Rosi al Cibali, «totalmente fuori posizione» sul fuorigioco di El Shaarawy (scritto dalla Gazzetta).

Povero Catania: tra Juventus, Milan e Inter non si può dire che, alla fine del trittico, gli errori a favore (!) e a sfavore si siano compensati. Gli resta, per fortuna, il girone di ritorno: per fortuna? Il lato B del Milan sta orientando editoriali, elzeviri, analisi, commenti. Volete mettere la scoperta che Pato è un problema con il rigore ascellare di Isla? Questo fa parte dei giochi; quello fa parte del gioco. E il furtarello del Massimino cosa sarà mai di fronte agli studi danteschi del Cavaliere: «Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti»?.

Domenica, Torino-Milan a vent’anni esatti dal caso Lentini (fondi neri, trasloco di azioni, serie B evitata per «grazie» ricevuto). Immagino che Berlusconi farà un’altra scappata.