Ei fu. Credo che a Monaco sia finito il secolo breve, ma straordinario, del Barcellona. Il Bayern lo ha letteralmente spolpato: 4-0, lo stesso risultato inflitto alla Juventus in due partite. Rimane la sfida di ritorno, certo. Però: il Bayern non è il Milan e, soprattutto, lo scarto da recuperare è doppio. In compenso, è stato proprio l’identico Barcellona di San Siro, zero tiri e un possesso palla così sterile, così noioso, che di sicuro avrebbe spinto Gianni Brera a riesumare la celeberrima «masturbatio grillorum».
Già finalista nel 2010 e 2012, il Bayern è cresciuto molto come squadra. Il Barcellona, viceversa, da Guardiola a Vilanova, «via» Roura, come squadra è molto calato. I trionfi e l’età portano usura (Xavi, 33 anni). Fuori dai denti: l’ultimo Barça è stato Messi, nel bene e nel male, salvo le mance ai Fabregas o ai Villa di turno, ignorati sul più bello. Il «recordismo», dai 91 gol «solari» di Gerd Muller ai numeri della Liga, ha spinto la Pulce ad abusare fisicamente di sé medesimo. Sempre in campo, anche quando l’agio avrebbe suggerito il contrario. Morale: un’ombra a Milano, un’anatra zoppa in Baviera.
Si sa già che proprio Guardiola sostituirà Heynckes. L’operazione riguarda più lo stile di gioco che l’esigenza di fabbricare (altri) successi. Come sempre, sarà la storia a giudicare. Nel frattempo, hanno giudicato, e colpito, Thomas Muller, Gomez, ancora Muller e Robben. Non c’è stata partita. Da una parte, calcio totale; dall’altro, calcio stanziale.
Prima o poi i cicli finiscono. Non si può fare di Messi, 26 anni a giugno, l’unico sfogo espiatorio. Mi ha deluso Sanchez. Per dare spettacolo senza centravanti e senza tiratori da lontano bisogna sfiorare la perfezione. Cosa che, nel solco della tradizione, ha fatto il Bayern: più fisico, più armonico, più tutto.