Dal «Corriere della Sera» del 5 febbraio: «Stefano Braschi, designatore della Can di serie A dall’8 luglio 2010, ha cambiato idea. All’inizio dell’anno aveva spiegato che colpire il pallone con le mani lontane dal corpo rappresentava una condizione sufficiente per fischiare il rigore. Otto giorni fa, aveva sostenuto con i suoi referenti privilegiati che il “mani” di Granqvist in Juventus-Genoa era da rigore, in dissenso con il presidente dell’Aia, Nicchi. Ieri, nel giorno consacrato dalla Federcalcio (presente il presidente Abete) all’incontro tra arbitri, allenatori, giocatori e dirigenti, davanti ad Antonio Conte ha spiegato che il “mani” del genoano non era da rigore. Le indicazioni sul regolamento fornite dall’Uefa vanno in senso contrario, ma questa è un’altra storia».
Detto che sono altri anche i problemi seri, dal calcio scommesse al calcio mafia, questa piccola scheggia di libero arbitrio racconta l’Italia più e meglio di cento trattati. Nell’ambito di una discrezionalitè persino giustificata (e giustificabile) dalla «volatilità » della materia (i falli di mano), ecco uscire allo scoperto i simboli della nostra ambiguità : 1) il cambio delle regole in corsa (Braschi); 2) il ritorno – mascherato e mascarato – al doppio designatore, documentato dall’invadenza di Nicchi nel campo di Braschi e dai crescenti motivi di dissenso (tra i due) sugli argomenti più caldi, tecnici o politici che siano.
Non si chiede la luna: semplicemente, un briciolo di coerenza. Almeno all’interno della stessa stagione (e dello stesso argomento). Fin dal 1990 ci si scanna sulla formula «tiro da lontano e controllo sbagliato uguale rigore». Nel 2008 il designatore Collina introdusse il concetto della «carambola», tendente all’involontarietà . L’importante è che i Guida abbiano ragione sempre, da settembre a maggio, non solo da gennaio in poi.