Accanimento?

Roberto Beccantini2 settembre 2012

Chiedo scusa, ma continuo a non cogliere accanimento nei confronti della Juventus. Neppure nei confronti del Milan, se è per questo. Il rigore su Pazzini, a Bologna, non c’era; l’espulsione di Brkic, a Udine, non esiste, dal momento che non esiste la chiara occasione da gol. Lancio-campanile di Pirlo, Giovinco in mezzo a Danilo, Domizzi e Brkic, controllo aereo complicato a prescindere. L’errore di Rizzoli – che, come a Pechino, segnala il penalty e il resto all’arbitro centrale – è tutto qui: nel suggerire il rosso, e non il giallo (a Danilo, comunque; non certo al portiere).

La partita dura un quarto d’ora scarso. Peccato. La squadra di Guidolin veniva dai rimorsi-Champions di martedì notte: già aveva faticato in parità numerica, figuriamoci dopo, in dieci. Pilota automatico, i campioni, e via. Invito a non prendere l’effervescenza di Giovinco per bollicine di champagne: troppo comodo, e troppo facile, in quelle condizioni. Grande con i piccoli, o gli avversari «piccoli» perché menomati: mai avuto dubbi, su questo. Il problema è un altro, il solito: quando diventerà grande con i grandi?

Dubito che i dieci italiani schierati da Allegri a Bologna, undici con Tagliavento, corrispondano a un disegno condiviso: se mai, a un piano obbligato, d’emergenza. Sfortunato con la Sampdoria (due pali), fortunato in Emilia (rigore inventato, papera del portiere): tre punti in due partite, un anno fa erano stati due in tre gare. La tripletta di Pazzini aiuta a pensare positivo. In un campionato povero ed equilibrato come questo ci sta molto, se non proprio tutto: non è da scudetto, questo Milan, ma anche con Ibra non è che offrisse un calcio raffinato e stellare. Aveva il solista che gli risolveva tutte o quasi le sparatorie. Oggi, deve inventarselo.

Guelfi e juventini

Roberto Beccantini31 agosto 2012

Guelfi e juventini. Il titolo non c’entra nulla ma mi piace: profuma di Berbatov, richiama alla memoria le divine commedie tra Fiorentina e Juventus, due calvi che si sono contesi un pettine rubato dal primo Fulham di passaggio. Scrivo dopo le palle del mercato e le palline di Montecarlo, prigioniero di una domanda: è stato più fausto il sorteggio di Champions (Chelsea, Shakhtar Donetsk, Nordsjaelland) o quello di Marotta (Nicklas Bendtner)?

A naso, direi il sorteggio di Champions. Bendtner, danese, mi ricorda Amleto e il suo essere o non essere: non certo l’attaccante da venti gol che serviva alla Juventus. Bendtner è un Matri più fisico, più mobile e più matto. Non sposta montagne. La parola al campo. Se ho preso un granchio, mi «corriggerete».

Ricapitolando: Van Persie, Suarez, Dzeko, Benzema, Cavani, Higuain, Fernando Torres, Falcao, Cardozo, Fernando Llorente, Jovetic, Drogba. L’ordine d’arrivo mi ha ricordato lo sprint del campionato del mondo di ciclismo a Gap, 1972: Bitossi, Bitossi, Bitossi, Basso! Van Persie, Van Persie, Van Persie, Bendtner! Con il rischio – evitato – che si potesse tornare a Borriello.

Capite perché detesto il mercato? Perché droga i sogni, produce attese smodate, adesca e travia i lettori. Il 27 maggio avevo scritto: «Van persi». Il 7 giugno replicai con «Voglia d’Italia: sarà vero?». Brutta storia, Scommessopoli; e in giro, Juventus compresa, non c’è il becco di un quattrino. Spopola il prestito oneroso. L’errore di Marotta e della società non è stato l’epilogo, obbligato: è stato il metodo, populista. Ciò detto, Asamoah, Isla, Pogba e Giovinco sono stati acquisti validi.

Palla al centro, finalmente. Vedo la Juventus in pole, di poco, ma occhio alla Champions: costa. Subito dopo, Napoli e Inter. Quindi Roma e Milan. Il Milan, azzerato, è un gruppo: ad Allegri il compito di trasformarlo in squadra.

L’invidia di Galliani

Roberto Beccantini25 agosto 2012

Alla prima Juventus di campionato manca solo il ruttino del dopo cena. Pancia piena, gambe molli, testa lontana dal Parma. Sarà il periodo, d’accordo, ma attenzione: la sindrome del complotto non aiuta a scacciare le ambigue coccole del calcio d’agosto, a maggior ragione se prodigo di vittorie (Supercoppa, trofeo Berlusconi). Né credo che la brutta figura sia da ascrivere alla latitanza di Conte: non mi risulta che a Pechino o a San Siro in panchina ci fosse lui

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In qualità di presidente dell’associazione Giùlemaninedagiovinco mi assumo le mie responsabilità, anche se inchiodarlo in attacco non ha senso: ha bisogno di spazio. Donadoni è un allenatore che non frequenta i salotti ma sa come si deve giocare da primi della classe e, soprattutto, contro i primi della classe. Il suo Parma aveva chiuso l’ultimo campionato con sette vittorie. Si è difeso per forza, non per scelta.

La Juventus ha regalato un tempo. Sembrava tornata all’inverno dei lunghi pareggi: poco pressing, zero tiri. Alla ripresa, il cambio di marcia: venti minuti vecchio stile, Vidal più largo, Asamoah su tutti (e la fascia non sarebbe nemmeno la sua reggia). Venti minuti, non di più: dopodiché, troppi sbadigli e, nel finale, troppe occasioni agli avversari. Il pilota automatico è uno strumento che va inserito a tempo debito.

Meglio questi «giudici» di altri: satira politica, ça va sans dire. Russo passerà alla storia come il primo giudice di porta ad aver concesso un rigore nel campionato italiano (poi parato da Mirante a Vidal): netto il contatto Mirante-Lichtsteiner, ma azione viziata dal fuorigioco dello stesso Lichtsteiner (assistente Petrella, dico a lei). Ciampi, in compenso, passerà alla storia eccetera eccetera per aver smascherato il primo gol-fantasma (di Pirlo). Questione di centimetri. Immagino l’invidia di Galliani.

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