Calma

Roberto Beccantini10 novembre 2012

Potrà anche sembrare crudele fare l’autopsia a una vittoria così schiacciante, ma questo è il mio compito. Procediamo per gradi. Dopo il k.o. casalingo con l’Inter si chiedeva alla Juventus di reagire. Ha reagito. Quattro gol al Nordsjaelland, cinque in un tempo, e sei in totale, al Pescara. Se gli avversari, modesti, le hanno dato una mano, la squadra di Conte si è data l’altra: cosa che capita spesso, ma non sempre.

I campioni hanno recuperato aggressività e mira. Attenzione, però: fino al gol numero cinque, il Pescara avrebbe potuto farne tre: la punizione di Quintero sul palo, la rete di Cascione, la paratissima di Marchisio, costrettovi da un’uscita maldestra di Buffon (che succede?). Ciliegina sulla torta, il giallo a Pirlo (sul 4-1): mancherà con la Lazio.

Gironzolando tra i cavilli: in fase d’attacco, con Isla (o Lichtsteiner) e Asamoah più ali che terzini, la Juventus si ritrova spaccata, tre dietro e sette davanti. O i ritorni a casa sono solleciti o gli avversari arrivano, comodi, fin sull’uscio. Non discuto che la differenza di valori, abissale, abbia prodotto piccoli cali di elettricità. Sono uomini, e non caporali; ma nemmeno robot.

Con Vidal, il centrocampo ha sbloccato anche il risultato di Pescara. Questa volta, però, come reparto ha vinto l’attacco: quattro (tripletta di Quagliarella, acuto di Giovinco) a due (Vidal, appunto, e Asamoah). E’ stata una di quelle sere in cui il merito strizza l’occhio al destino e oplà, due gol su rovesciata, addirittura: prima Asamoah, poi Quagliarella. Caccia grossa.

E adesso Lazio e Chelsea in casa, Milan a San Siro. Più morbido il calendario dell’Inter, Atalanta a parte: Cagliari al Meazza, Rubin a Kazan, Parma al Tardini. La Juventus si gioca la Champions; l’Inter, già promossa in Europa League, «solo» il sorpasso. Buon appetito.

Il solito problema

Roberto Beccantini7 novembre 2012

Il problema è sempre quello: si può far strada, in campionato e in Europa, se i centrocampisti devono occuparsi di tutto? La scorsa stagione, la Juventus si aggiudicò lo scudetto con Matri, miglior cannoniere, fermo a dieci gol. La partita con il Nordsjaelland contava, esclusivamente, per misurare la reazione dopo la sconfitta con l’Inter. La reazione c’è stata, favorita dagli strilli di Conte e dalla modestia degli avversari. Il pareggio di Copenaghen resterà nella storia come un clamoroso – e censurabile – fuori programma: l’uomo che morde il cane.

I danesi hanno applicato un catenaccio vecchia maniera (vecchia per modo di dire: vecchissima): anche il Pescara, sabato, si chiuderà a chiave, che discorsi, ma di sicuro cercherà di farsi vivo dalle parti di Buffon. Piano, dunque, con i titoloni. Tutto va filtrato, tutto va mediato, a cominciare dall’aggressività recuperata per finire ai progressi di Isla.

Marchisio, Vidal: non solo i gol, anche le occasioni più ghiotte. Come a Udine (sul 2-0) e con la Roma (sul 3-1), Giovinco ha fatto centro a risultato già in ghiaccio (sul 2-0, ancora). Un conto è andare al tiro sereno, un conto andarci con la partita addosso. A 25 anni, bisogna saper maneggiare emozioni e tensioni. Sempre che si voglia valicare il muro della normalità. Lo stesso discorso vale per Matri: più è solo, più si complica la vita. Quagliarella, lui, è più freddo.

La partita è durata una mezz’ora scarsa; nella ripresa, pura accademia. Veniva, la Juventus, da nove pareggi tra Europa League e Champions. A Donetsk, per la cronaca, il Nordsjaelland aveva perso 2-0. La vittoria del Chelsea a spese dello Shakhtar, firmata da Moses al 93’, accentua la confusione ma non sposta i termini dell’impresa: con Chelsea in casa e Shakhtar in trasferta saranno due spareggi. Alla Juventus, servono quattro punti. Troppi? Tanti.

Il fattore Milito

Roberto Beccantini3 novembre 2012

Complimenti all’Inter. Non era facile resistere a due macigni come il gol di Vidal con Asamoah in fuorigioco e la mancata espulsione di Lichtsteiner. Poi Tagliavento, pessimo, ha cambiato metro, perdonando qualcosa a Cambiasso e Juan Jesus, ma i buoi erano già scappati. Non perdeva, la Juventus, da 49 partite. Stramaccioni l’ha rosolata con il tridente, e questo rende onore al suo coraggio A turno, Palacio e Milito hanno limitato Pirlo: merito degli avversari, se non è stata la solita Juventus.

Per carità, i campioni avrebbero potuto raddoppiare con Marchisio, e non è che, nel primo tempo, abbiano prodotto meno occasioni degli avversari. Anzi. C’è un però, e riguarda il centrocampo: non può fare sempre miracoli, non può sempre sostituirsi alle punte. La squadra con i migliori attaccanti ha rimontato e battuto la squadra con il miglior gioco (non stavolta). Credo che in testa alla classifica cambi poco – e comunque dipenderà dalla reazione dei bianconeri – anche se l’Inter, che continua ad aggiudicarsi tutte le trasferte, già sei su sei, si è portata a meno uno. Né va sottovalutato l’infortunio di Vucinic: altra musica, con Bendtner. Lo stadio ha applaudito la Juventus: era il minimo, dopo quel popo’ di arrampicata.

L’Inter cresce. Dal ko casalingo con il Siena, Stramaccioni ha studiato se e come impiegare il tridente; e, soprattutto, ha trovato la formula: sette più tre. Il problema della Juventus è anche, paradossalmente, Pogba: Conte ne avrebbe bisogno in attacco, non in mezzo, dove ha già Pirlo, Marchisio e Vidal. Giovinco, lui, non riesce a incidere.

Tra episodi e dintorni, la prima sconfitta non si scorda mai. Ribadisco, con Milito al posto di uno a caso degli attaccanti in rosa, la Juventus avrebbe già in pugno lo scudetto. Viceversa, resta favorita ma dovrà sudarselo.

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