Per un’ora ho avuto ragione io, poi ha avuto torto l’Inter. Fino al gol di Caceres, il migliore in campo era stato Buffon, e la mossa di Ranieri – Poli su Pirlo – stava funzionando. La bellezza del calcio è l’episodio, l’errore, lo strappo improvviso alla «consecutio». L’Inter si è piegata su se stessa, come spesso le succede alla prima imboscata; la Juventus ha recuperato gioco ed entusiasmo. Conte ha azzeccato i cambi, Ranieri no.
All’epilogo più logico si è arrivati attraverso sentieri, se non proprio irrazionali, almeno strani: da un possibile 0-1 a un virtuale 4-0 il passaggio è stato brusco ma naturale. Se Buffon è rimasto Buffon, Vucinic è tornato Vucinic. Non so che ne sarà di Ranieri, ignoro i piani di Moratti (a proposito: complimenti per il successo nella Champions dei bebè invitati): ribadisco che, sostituirlo adesso, non avrebbe senso.
La Juventus aveva nelle gambe i supplementari di coppa. L’Inter non l’ha colpita quando avrebbe dovuto, e per questo ha pagato. Caceres conferma che non tutti i Marotta vengono per nuocere. Non si può non parlare di Alessandro Del Piero: un gol al Milan, martedì, e un altro all’Inter, subito dopo lo sgorbio balistico di Vucinic. Dal mesto cucchiaio di Totti alla linguaccia gioiosa di Del Piero: la passione nasconde le rughe e scaccia il fastidio del ritiro. Totti ne compirà 36 a settembre, Del Piero 38 a novembre. Sono gli ultimi numeri dieci di una generazione che ci ha fatto sognare. Il destino ha voluto unire una parabola arrogante e un tocco felpato, un’ombra che esce e una sagoma che entra.
Non molla la Juve, non rallenta il Milan, che le scorte arbitrali consegnano, docili, alla mannaia di Ibrahimovic. La Roma si è sfatta come neve al sole. Tornando a Juventus-Inter: sono stati i giocatori a dare una mano all’arbitro, e non l’arbitro a qualcuno di loro. Evviva.