Da Totti a Del Piero

Roberto Beccantini25 marzo 2012

Per un’ora ho avuto ragione io, poi ha avuto torto l’Inter. Fino al gol di Caceres, il migliore in campo era stato Buffon, e la mossa di Ranieri – Poli su Pirlo – stava funzionando. La bellezza del calcio è l’episodio, l’errore, lo strappo improvviso alla «consecutio». L’Inter si è piegata su se stessa, come spesso le succede alla prima imboscata; la Juventus ha recuperato gioco ed entusiasmo. Conte ha azzeccato i cambi, Ranieri no.

All’epilogo più logico si è arrivati attraverso sentieri, se non proprio irrazionali, almeno strani: da un possibile 0-1 a un virtuale 4-0 il passaggio è stato brusco ma naturale. Se Buffon è rimasto Buffon, Vucinic è tornato Vucinic. Non so che ne sarà di Ranieri, ignoro i piani di Moratti (a proposito: complimenti per il successo nella Champions dei bebè invitati): ribadisco che, sostituirlo adesso, non avrebbe senso.

La Juventus aveva nelle gambe i supplementari di coppa. L’Inter non l’ha colpita quando avrebbe dovuto, e per questo ha pagato. Caceres conferma che non tutti i Marotta vengono per nuocere. Non si può non parlare di Alessandro Del Piero: un gol al Milan, martedì, e un altro all’Inter, subito dopo lo sgorbio balistico di Vucinic. Dal mesto cucchiaio di Totti alla linguaccia gioiosa di Del Piero: la passione nasconde le rughe e scaccia il fastidio del ritiro. Totti ne compirà 36 a settembre, Del Piero 38 a novembre. Sono gli ultimi numeri dieci di una generazione che ci ha fatto sognare. Il destino ha voluto unire una parabola arrogante e un tocco felpato, un’ombra che esce e una sagoma che entra.

Non molla la Juve, non rallenta il Milan, che le scorte arbitrali consegnano, docili, alla mannaia di Ibrahimovic. La Roma si è sfatta come neve al sole. Tornando a Juventus-Inter: sono stati i giocatori a dare una mano all’arbitro, e non l’arbitro a qualcuno di loro. Evviva.

Ibra, perdonaci

Roberto Beccantini24 marzo 2012

Dopo Calciopoli, la Juventus ha già battuto quattro volte l’Inter, ma questa è la prima che l’affronta da favorita. Non è la stessa cosa. Finché aveva potuto camuffarsi da sommergibile, la squadra di Conte era arrivata perfino in cima alla classifica. Viceversa, quando ha dovuto farsi carico del nuovo status, ne ha sofferto la pressione. Penso a Milan-Juventus di campionato (1-1, tribolatissimo) e all’ultimo Juventus-Milan di Coppa Italia (dal 2-1 di San Siro al 2-2 casalingo nei supplementari); e in entrambe le occasioni, Allegri schierava una formazione assai rabberciata.

Juventus 56, Inter 41: quindici punti di differenza. Mai successo, nei gironi di ritorno post scandalo. Comandava sempre l’Inter: nel 2008, a più 13; nel 2009, a più 10; nel 2010, a più 16; nel 2011, a più 9 (calcolando il recupero di Fiorentina-Inter 1-2). L’inizio di una ricostruzione ha coinciso con la fine di un ciclo. Non scopro certo l’America se affermo che la vittoriosa rimonta del Milan contro la Roma, firmata Ibrahimovic, accentua la zavorra che gli sherpa di Conte dovranno trasportare. La Juventus ha speso molto martedì sera, in Coppa. Ed è proprio il ritmo che ne alimenta le geometrie, rendendole gradevoli e ficcanti.

Ranieri ha dovuto sopportare, di Moratti, la versione più ondivaga: c’era una volta Mourinho (e Balotelli, ed Eto’o, e Thiago Motta). Non ha fortuna, Claudio: ha beccato la Juve più magra e l’Inter più grassa; ha confuso Poulsen con Xabi Alonso. Scritto ciò, noto troppa euforia attorno alla Juventus. Per aver azzeccato tre partite, Vucinic è stato avvicinato, addirittura, a Ibrahimovic: questo spiega, con la rinuncia alle inchieste, la crisi del giornalismo sportivo italiano. L’importante è leccare, pompare: in caso contrario, le società negano le interviste.

La Juve è talmente favorita che non mi meraviglierei se l’Inter la imprigionasse. E per favore: niente cori o striscioni beceri.

Mala vista social club

Roberto Beccantini19 marzo 2012

Che campionato che fa. E che arbitri, soprattutto.

1) Le ultime parole famose di Marcello Nicchi dopo Milan-Juventus: «D’ora in poi applicheremo il regolamento». Scusi: e prima?

2) Lo stupro del fuorigioco continua: se non è attivo Ibrahimovic, che a Parma allarga le gambe per spalancare il mar Rosso a Emanuelson; e se non lo è Matri, che corre verso la palla e poi si astiene, in occasione della manovra che propizierà il tre a zero della Juventus a Firenze, non lo è più nessuno. Basta metterlo per iscritto.

3) Disastroso Russo a Cagliari: due rigori (molto generosi) e due rossi (molto fiscali) inflitti al Cesena. In Inter-Atalanta, Gava non gli è da meno: si può concedere il penalty per il groviglio Bellini-Pazzini, anche se non si capisce bene chi sia Laocoonte e chi i serpenti; viceversa, come si fa a non punire il tackle di Lucio su Gabbiadini? A proposito: Milito ha poi fallito dal dischetto. Colpa di Ranieri, naturalmente.

4) Nel dubbio, a Udine e dintorni, Rocchi «vota» sempre per il Napoli: rosso discutibile a Fabbrini, espulso Guidolin, braccio di Domizzi o spinta di Cannavaro? Braccio, e allora rigore. Il tutto, pensate, perché la scorsa stagione punì con il penalty una manata di Aronica contro il Milan. Che memoria.

5) Ricordate quando, il 7 novembre scorso, Delio Rossi prese il posto di Sinisa Mihajlovic a Firenze? Popolo in strada, magliette commemorative, euforia e isteria. Sono passati quattro mesi e mezzo e la squadra rischia la B. Troppa importanza agli allenatori, troppo poca ai giocatori.

6) Ancora e sempre: forza Abidal, forza Muamba, forza tutti coloro che, famosi o no, soffrono alla luce della fama e nel buio della fame.

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