Calma

Roberto Beccantini18 marzo 2012

Nelle ultime otto partite, la Juventus ha vinto soltanto due volte contro avversari in dieci (Catania, Fiorentina). C’entrano gli episodi, gli arbitri (non solo esattori, mai dimenticarlo) e magari i recuperi di Parma e Bologna, emergenza che ha costretto Conte a «gonfiare» il calendario, spezzando il regime domenicale. Le flessioni, per carità, sono fisiologiche. La Juventus ha ripreso a giocar bene nel secondo tempo di Bologna. Il Milan fa un campionato a sé, Ibrahimovic gli assicura una forza che esula dalla manovra nuda e cruda. Il gioco, viceversa, rappresenta l’ottanta per cento delle risorse juventine. Ancora: il gol di Emanuelson a Parma non appartiene agli schemi, è una transizione verticale e micidiale, con dribbling e palleggio da scuola Ajax, una delle più feconde al mondo.

Calma con l’incenso e l’enfasi (e vergogna, Firenze, per certe nenie sull’Heysel). Calma, non perché si voglia sminuire il successo della Juventus, splendida, ma perché mancavano Jovetic e Behrami e il calcetto di Franti-Cerci a Garrone-De Ceglie ha spezzato un’ordalia già in crisi di equilibrio.

Cinque gol, cinque marcatori: ottimo e abbondante. Visto Vucinic? Certo, visto: tre pali, un gol e due assist fra Genova e Firenze. Il problema non siamo noi, critici feroci; il problema è lui. Spesso si astiene, sovente si ricorda della sfida come una madama che, davanti allo specchio e in pantofole, ha chiamato un taxi e le citofano dalla porta, «signora, per favore, si sbrighi». In discussione è la puntualità, non l’eleganza, la bellezza.

Il rosso di Cerci, corretto, a Bergonzi l’ha suggerito l’assistente Stefani. Per il resto, più gol che fischi. Una passeggiata. I veleni della vigilia? Sepolti sotto lo scarto.

Postilla. Forza Abidal, forza Muamba, forza tutti coloro che, famosi o no, soffrono alla luce e nell’ombra.

Che lezione

Roberto Beccantini16 marzo 2012

L’Az Alkmaar guida il campionato olandese, non proprio il minimo ma neppure il massimo: ciò doverosamente premesso, la lezione che ha inflitto all’Udinese mi ha impressionato. La squadra di Guidolin aveva perso 2-0 all’andata. Bene: con un uomo in più dopo 1’40″ e due gol di vantaggio dopo 14′, in casa, si è fermata lì. L’Az ha ridotto le distanze e sbagliato un rigore, qualificandosi a testa altissima. Mai, se non in rari momenti, ha pagato tatticamente l’inferiorità numerica. Se la carne è debole (fuoriclasse, zero), lo spirito di un certo calcio – eclettico e adattabile, mai traditore – resta forte. Guidolin ne ha pagato il fio, a conferma della mediocrità che zavorra la serie A.

Di ogni nazione, la Champions League fotografa l’élite; l’Europa League, viceversa, pesa il ceto medio che, da sempre, fissa il livello del movimento. Fatti, non parole: l’ultima Coppa Uefa vinta da un’italiana, il Parma di Malesani, risale al 1999; e l’ultima semifinalista, la Fiorentina, al 2008. Intorno, il deserto. Scritto che giocare di giovedì è vivamente sconsigliabile, non ha senso rifugiarsi nell’abusato «l’Europa League non ci interessa»: è un’aggravante, non un’attenuante.

A casa i due Manchester, bocciati – senza se e senza ma – Ferguson e Mancini. Il logorio dei fuoriclasse ha certificato la flessione della Premier. Spagna in fuga, come volevasi dimostrare. La classifica della Liga confonde: non è troppo scarso il gruppo, sono troppo forti Barcellona e Real. Tra Champions ed Europa League sono rimaste in lizza sedici squadre. Ecco il prospetto, Paese per Paese: 5 Spagna (Barcellona, Real, Athletic Bilbao, Valencia, Atletico Madrid); 3 Germania (Bayern, Hannover, Schalke); 2 Portogallo (Benfica, Sporting); 1 Cipro (Apoel Nicosia); 1 Francia (Marsiglia); 1 Inghilterra (Chelsea); 1 Italia (Milan); 1 Olanda (Az Alkmaar); 1 Ucraina (Metalist).

I miei pronostici

Roberto Beccantini15 marzo 2012

Champions, i miei pronostici: passano Inter e Napoli. Non posso non cominciare da qui. L’Inter mi è sembrata una grande squadra finita; il Napoli, una squadra cominciata e spezzata. Per la prima volta, il Napoli di Mazzarri aveva il pronostico dalla sua: non è riuscito a domarlo. Succede. Prendete Drogba: il peggiore al San Paolo, il migliore a Stamford Bridge. E poi l’allenatore: Villas Boas all’andata, Di Matteo al ritorno. Non solo: Mazzarri squalificato a Napoli, Mazzarri in panchina a Londra. Insisto: diamo troppa importanza ai tecnici.

Credo che l’infortunio di Maggio abbia contribuito a tracciare il risultato. Il Chelsea, molto «italiano», ha riscosso la rabbia della vecchia guardia. L’Inter, da parte sua, era sgonfia. Era più forte del Marsiglia, almeno sulla carta, ma nel giro di due partite ha fatto troppo poco per sottrarsi all’influsso degli episodi.

E così non ci resta che il Milan. Inter a parte, e al di là degli esiti, sono state rimonte profonde, tagliate con l’accetta: Milan-Arsenal da 4-0 a 0-3; Napoli-Chelsea da 3-1 a 1-4 (dopo i supplementari, addirittura). Sono scarti che riportano al calcio d’antan; il fascino dell’eliminazione diretta non ha eguali.

Rispetto a un anno fa, resistono Barcellona, Real e Chelsea. Sono scomparsi Tottenham, Inter, Schalke, Shakthar Donetsk e Manchester United. Spagna al comando; bene o male, tiene Milano (dall’Inter al Milan); in calo, viceversa, gli inglesi: da tre a una. Tra i nuovi clienti Apoel Nicosia, Bayern, Benfica, Marsiglia. Voce di popolo: Cipro uno Italia uno, come quella volta a Limassol, dopo il Mundial ’82. Hanno fatto rumore il 7-1 del Barça al Bayer Leverkusen e il 7-0 del Bayern al Basilea. Mettiamoci d’accordo: il Basilea aveva eliminato il Manchester United e il Barça non è, oggi, la squadra più bella e più forte del mondo?