Metà schermo, metà scherno

Roberto Beccantini1 febbraio 2012

Dietro ai rinvii di Parma-Juventus, Siena-Catania, Bologna-Fiorentina e Atalanta-Genoa non c’è soltanto l’emergenza neve (emergenza?). C’è la crisi, storica e cronica, di una classe di dirigenti senza classe (Petrucci, Abete, Carraro, Beretta: si salvi chi può), oltre alla bulimia che spinse Silvio Berlusconi a invadere il calcio e trasformarlo in un prodotto funzionale alle sue tele-ambizioni.

Nei bordelli di Las Vegas sono le prostitute che dettano il prezzo. Nei lupanari del pallone, sono i clienti, sono le tv: Sky, Mediaset. Volete una montagna di euro? Bene, fatemi questo, e soprattutto fatemelo a quest’ora. Ci siamo capiti.

Scrivo da anni che la serie A è obesa e che, con il Cavaliere in regia, i salotti sono diventati stadi e gli stadi non sono diventati salotti, tranne uno. Prendete, inoltre, il fatturato 2010 delle tre Grandi: i diritti tv incidevano per il 60% nel Milan, per il 62% nell’Inter e per il 65% nella Juventus. Paragoniamoli con le Grandissime d’Europa: Real Madrid 36%, Barcellona 44%, Manchester United 37%, Arsenal 38%, Chelsea 41%, Liverpool 43%, Bayern Monaco 26% (dati ricavati da «Vincere con il fair play finanziario» di Paolo Ciabattini).

Da noi, la prostituzione non è solo intellettuale (Mourinho dixit), ma soprattutto televisiva: sia in regime di vendita individuale, come in passato, sia in ambito collettivo, come adesso. I calendari sono saturi: Francia, Inghilterra, Italia e Spagna hanno venti squadre, la Germania diciotto.

Su un totale di oltre sette miliardi di diritti televisivi, non un euro – negli ultimi dodici anni – è stato dedicato agli stadi. Non uno. Soltanto la Juventus si è costruita il suo. Anche gli inglesi copulano di sera con Murdoch, ma volete mettere la qualità dei loro talami? Nessuno vuole rinunciare a nulla: nemmeno i giocatori, golosissimi. Metà schermo metà scherno: ecco l’Italia.

Proprio un altro Mondo

Roberto Beccantini31 gennaio 2012

Non è una favola, no. E’ un inizio e, dunque, qualcosa di più. Se il futuro è un posto diverso e non necessariamente migliore, il passato può essere un dribbling e un moccolo, una sedia alzata e uno stomaco rovesciato. In alto i cuori, e i calici, per Emiliano Mondonico. Ha sconfitto il cancro, allenerà il Novara. Mi spiace per Attilio Tesser, l’artefice del grande balzo, dalla serie C-1 alla serie A, ma il calcio è questo, i risultati tritano, ogni volta lo scrivo sperando che qualcosa cambi, e invece cambia sempre qualcuno.

Classe 1947, Emiliano era un’ala che dribblava al ritmo dei miei amati Beatles, calzettoni giù e piedi fumanti, la linea laterale come confine di un modo e di un mondo, lui che ha sempre giocato e allenato da indiano: in campo mordeva gli avversari; in panchina li aspettava, li circondava. Tanto Toro, nella sua carriera, e anche un po’ di Napoli e Firenze. E poi Albinoleffe, periferia della periferia dell’impero, scommesse e promesse, l’adrenalina appesa a un bisturi.

Ora si può tornare a sorridere di tattiche e salami; di quanto, come tenico, Mondonico assomigli a Rafa Benitez, tipico allenatore di lotta e non di governo, come ha dimostrato al Valencia, al Liverpool e (non troppo) all’Inter. Emiliano si è preso la vita e l’ha difesa dalla banalità del male. Né santo né eroe, con quella voce un po’ così, finta, a volte, ma mai falsa, solitario e casinista come le ali di una volta, quando il sette e l’undici bollavano uno stile, e non semplicemente una schiena.

Dopo Eric Abidal, ecco Emiliano. Sono stati più fortunati di altri, più fortunati e, forse, più guerrieri, meno fatalisti. Lo sport aiuta a non sentirsi soli, il Mondo che torna dall’inferno è un segno e un sogno dei tempi. E pazienza se ogni inzio, spesso, nasconde una fine e non un fine, oggi l’esonero di Tesser, domani chissà. Un Mondo di auguri, ricominciamo da qui.

Così vicini, così diversi

Roberto Beccantini29 gennaio 2012

Avvisi di «garanzia».

1) Nell’ambito di un campionato mediocre, Juventus-Udinese è stata vibrante. Credo che Conte l’abbia domata, al di là dei meriti e degli episodi, grazie a una panchina più lunga di quella di Guidolin, «mutilato» dalla Coppa d’Africa. Un anno fa il Milan capolista aveva 41 punti. La Juve, oggi, ne ha 44. Incredibile.

2) Rete su punizione, assist per Nocerino: Ibrahimovic continua a tenere in piedi il Milan (3-0 a Novara, 3-0 al Cagliari dopo il derby perso). Galliani, vista l’ossessione Tevez, un po’ di paura della Juventus comincia ad averla. Per carità: solo un po’.

3) Cossu: migliore in campo a Torino, peggiore a San Siro. Nainggolan: sta per diventare papà, mettiamola così.

4) Classifica cannonieri senza rigori: 12 reti Klose; 11 Di Natale (-3) e Cavani (-1); 9 Denis (-3), Ibrahimovic (-6) e Matri; 8 Jovetic (-2) e Palacio 8 (-2).

5) Due le parate del week-end: Benassi su Pazzini e Buffon su Armero. Ricordiamoci anche dei portieri, ogni tanto.

6) Sette vittorie, poi il ko di coppa a Napoli e la sconfitta di Lecce. Le rimonte costano, soprattutto se nutrite da un gioco minimalista. Il problema non è l’italianismo di Ranieri, ma il modo di praticarlo. Non ho capito la sostituzione di Sneijder.

7) Napoli a meno quindici. Detto che gli ottavi di Champions giustificano molto, ma non tutto, non vorrei che il comandante Mazzarri venisse declassato a mozzo. Scommettiamo?

8) Senza handicap, l’Atalanta avrebbe 29 punti, gli stessi del Napoli. Complimenti a Stefano Colantuono, allenatore e uomo tutto d’un pezzo (e non tutto d’un prezzo, come molti nei dintorni).

9) Rivisto Amauri in Fiorentina-Siena: sembrava un centravanti.

10) Calciopoli: a giorni saranno rese note le motivazioni delle condanne di primo grado emesse l’8 novembre. Pronti a discuterle.