Da Kvara a Gatti

Roberto Beccantini8 dicembre 2023

La Cassa di Risparmio ha sconfitto per 1-0 la Bellezza viva ma sfiorita. L’hanno decisa i grognards di Allegri: McKennie, Cambiaso, Gatti. Gli artefici dell’azione, l’autore del gol. Di testa. Come a Monza, dopo lo schiaffo del Carboncino. Da un terzino allo stopper: persino Pep avrà apprezzato.

Sulla carta, il Napoli ha una rosa più forte ma dicono che il Violinista ne abbia combinate di terribili. Solo lui? Nostalgia canaglia di Kim. E Kvara io non lo tolgo mai, anche se mi cicca l’occasione delle occasioni che, nel primo tempo, avrebbe potuto sabotare l’equilibrio. Come la doppia fiammata di Chiesa, in precedenza, da cui non erano scaturiti che il «muro» di Juan Jesus (su Vlahovic) e un angolo. Come la paratona di Szczesny su Di Lorenzo.

Bremer e Osimhen ci hanno offerto cozzi omerici, i rientri di Danilo (un altro fedelissimo) e Locatelli si sono rivelati preziosi. La partita, zaino stipato e rugginoso, se l’è caricata o’ Napule. A destra, soprattutto: con Di Lorenzo, Anguissa e Politano. Ci perdeva la sinistra (un classico), là dove Natan era un esterno d’emergenza e il georgiano braccato da Cambiaso, McKennie e, se lo imponeva il caso, addirittura da Gatti.

Un palo di Vlahovic ha introdotto l’azione che avrebbe orientato il tabellino. Madama ha continuato a darci dentro per un po’, poi è salita sul pullman: mischie, molte; pericoli, rari. E sulla fotta sesquipedale di Szczesny, Osimhen bazzicava in fuorigioco. I campioni, per la cronaca, erano ancora imbattuti in trasferta. E dalle ultime quattro sfide, il Feticista dei risultati aveva ricavato la miseria di un pareggio.

Dieci gare utili. Non segnano gli attaccanti, segnano i centrocampisti e i difensori. Una volta si diceva: la classe operaia in paradiso. E su Allegri, non so cosa aggiungere se non parafrasare il grande Lucio: A modo suo.

Te lo do io Onana

Roberto Beccantini3 dicembre 2023

Zero a tre. Ha perso, il Napoli, per aver cercato di vincere. Ha vinto, l’Inter, dopo aver rischiato di perdere. Penso alla parata-lampo di Sommer sulla sventola di Elmas, alla traversa di Politano. Il missile di Calhanoglu appartiene alle «cose turche» che le lavagne non contemplano ma accettano leccandosi i baffi. Non credo che Mazzarri stia pagando «solo» le scorie del Violinista. Osimhen non è ancora l’Attila di Spalletti e Kvara lampeggia, non acceca più: anche perché gli avversari l’hanno studiato e, proprio per questo, lo accerchiano, lo triplicano.

La partita è stata vibrante, non all’altezza di Manchester City-Tottenham 3-3, ma, come ritmo ed emozioni, più mossa di Juventus-Inter 1-1. I campioni ci hanno provato fino al botta e risposta che, al 62’, ha orientato il destino della notte. Contatto dubbio, in area, tra Acerbi e Osimhen, norma del vantaggio (?), mezzo miracolo dello svizzero (te lo do io, Onana) sul diagonale di Kvara. Palla agli ospiti: Lau-Toro sbircia dalla fascia il panorama e imbecca Barella per uno slalom brignonesco. Da applausi.

Le staffette non modificano lo status quo. Guerrieri come Lobotka e Anguissa avevano ormai dato l’anima. Lo scarto costringeva gli uni a scoprirsi, per forza, e suggeriva agli altri di covare gli attimi, per scelta. E così, di transizione, ecco la ciliegina di Thuram, servito da Cuadrado.

Tre punti e a capo. L’Inter ri-sorpassa la Juventus, 35 a 33, e sbatte il Napoli a 11 punti. Inzaghino già privo di Bastoni e Pavard, ha perso in fretta De Vrij, sostituito brillantemente da Carlos Augusto. Mazzarri, lui, orfano di Mario Rui e Olivera, si era inventato Natan terzino sinistro.

I migliori: Politano (che non avrei tolto) ed Elmas; Sommer, Barella e il capitano. Il risultato può sembrare pesante, ma in contropiede sarebbe potuto addirittura esplodere.

Risultatone

Roberto Beccantini1 dicembre 2023

Al pareggio di Valentin Carboni (classe 2005) avevo cominciato a scrivere: non è sempre Firenze, pensando al catenaccione del secondo tempo (là e qua, in Brianza). E come titolo: da «solida» minestra a solita minestra. Improvviso, il 2-1 di Gatti, su azione rabbiosa di Rabiot, the best. Prima un liscio, poi un destraccio. Gatti che, al 33’, si era mangiato, da un metro, il raddoppio. Gatti, uno stopper in versione centravanti.

E adesso? La Juventus non muore mai è un evergreen: con il Verona, al 96’, aveva segnato Cambiaso. Al netto dell’etichetta, resta un’ordalia di una noia mortale, esplosa dal 91’ al 94’. Con e senza centravanti, il Monza di Palladino (e di un Colpani periferico) ha centrato la porta solo una volta, e in maniera abbastanza casuale: alludo al tiro-cross del Carboncino, un tipo tutto dribbling e faccia tosta.

Bravo, Allegri, a confermare Nicolussi Caviglia; meno bravo, a toglierlo. Se riavvolgiamo il nastro, balza in evidenza l’incipit. Autoritario, come con l’Inter. Lo smash aereo di Rabiot aveva ucciso in culla il doppio miracolo di Di Gregorio sul rigore di Vlahovic (da un abbraccio di Kyriakopoulos a Cambiaso, incursore di turno). L’angolo, per la cronaca e per la storia, l’aveva calibrato Hans il valdostano. Dopodiché, paesi bassi. Molto bassi.

Figuriamoci se Max, alla vigilia, non l’aveva menzionato: la scorsa stagione, con il Monza, zero punti e zero gol (0-1, 0-2). Con tutto il rispetto, un minimo di differenza sarebbe dovuta emergere comunque. Sono sincero: l’ho colta di rado. Non in Vlahovic e, salvo piccoli spunti, neppure in Chiesa. Succede, se miri esclusivamente, o quasi, a difenderti.

La sentenza sposta la classifica (Madama prima per due notti, in attesa di Napoli-Inter), non la filosofia che il popolo peserà sulla bilancia del risultato. E questo è un risultatone. Finché dura.