Amarcord di Champions. Inter-Arsenal 1-0 ci riporta, di peso e di cuore, al calcio degli anni Sessanta. Partenza-sprint, traversa di Dumfries, gunners in difficoltà . Così, almeno, sembra. Sullo sfondo, un’ordalia dalla trama ermetica, ambigua. Un’uscita alta e spericolata di Sommer su Merino non commuove Kovacs. Il quale Merino alzerà troppo il gomito per murare Taremi: rigore. Siamo al 48’ del primo tempo. Calhanoglu trasforma di destro e di destrezza (19 su 19, per la cronaca).
Inzaghi pensava al Napoli: turnover, dunque. Gli è andata di lusso. Arteta ha perso Rice, e là in mezzo si naviga a vista, di titic-titoc. Piano piano l’Arsenal prende possesso della notte. Finirà con 14 angoli a zero, due salvataggi in extremis – di Dumfries sulla linea, di Bisseck su Havertz – e una parata di Sommer (ancora sul tedesco); accerchiamenti e assembramenti a parte. Da Picchi, Guarneri e Burgnich a De Vrij, Bisseck e Darmian (o Pavard): palla alta e incornare. E dal momento che Inzaghino è uomo di mondo, un bel 5-4-1 a sigillare il bottino. Catenaccio, oh yes: ma dal boato di San Siro, non risultano scomuniche, prese di distanze, fucilate alle lavagne, nostalgie per il Luna Park del derby d’Italia. Quattro partite, dieci punti e zero gol al passivo. E dal momento che la Premier resta il riferimento sommo: 4 puntazzi tra Guardiola (a casa sua) e il suo allievo.
Zero, come l’Atalanta. Lo Stoccarda aveva sgonfiato la Juventus allo Stadium. La Dea lo rosola come sa, di fisico e in verticale, senza rinunciare al suo stile, alle sue risorse. Qua e là soffre, certo, ma l’Europa non porge mica l’altra guancia. Il gol di Lookman è figlio di De Ketelaere, i ragazzi della via Gasp. La rete di Zaniolo, di uno sgorbio della difesa tedesca. Zaniolo, già : mancava solo lui, all’appello. Eccolo. L’Ego di Bergamo adora questo tipo di restauri. E se mai ci riuscisse…