L’isola dei noiosi

Roberto Beccantini26 marzo 2023

Fallito lo scritto con gli inglesi, sarebbe stato deleterio crollare pure all’orale con i (corti) maltesi. Deleterio e quasi impossibile. Bene o male, l’Italia è ottava nella classifica Fifa; loro, 167esimi. Li allena Michele Marcolini, artigiano vagabondo. Allo stadio di Ta’ Qali è finita 2-0, testa di Retegui e tapi-in di Pessina. La partita, valida per le qualificazioni europee, ci permette di incerottare il claudicante avvio.

Il Mancio ne aveva cambiati otto, rispetto alle ombre del Maradona. Non lui, però. Non Mateo Retegui. Centravanti grezzo, poco incline al fraseggio e all’orpello, il gol nel sangue. A segno di destro, giovedì, su tocco filtrante di Pellegrini. Di cabeza, stavolta, su corner di Tonali. Due su due: una media tanto significativa quanto «insidiosa». Per chi sarà chiamato a ripetersi; per la concorrenza, avvisata. Per tutti, tranne che per il ct. Naturalmente, non è il caso di stringersi a coorte: da un’isola all’altra c’è una bella differenza. E comunque, a rigor di cronaca, l’unica, grande parata della notte l’ha effettuata Donnarumma: su Satariano, al pronti-via.

I giudizi sono indizi, non certo sentenze. Non un azzurro tenebra come nel primo tempo di Napoli; ma sbiadito, sì. E noioso. Molto noioso. Soprattutto nella ripresa; girata di Scamacca a parte. Il raddoppio lo aveva siglato Pessina, uno dei nuovi: in mischia, su cross di Emerson Palmieri. Nel centrocampo dei senzaJorginho, è emerso il fisico di Cristante, uno di quei «soldati Ryan» che tengono su, di peso, i quadri delle pareti: quadri non sempre d’autore, fra parentesi.

L’operazione Malta non ha aggiunto nulla allo «status» della Nazionale. Errori tecnici, omissioni, piccolo cabotaggio. Il mister era incavolato nero. Come quei pochi, immagino, che sono riusciti a non addormentarsi.

Un tempo a testa, ma meglio loro

Roberto Beccantini23 marzo 2023

Nello stadio intitolato a colui che la fregò e la sbranò, l’Inghilterra ci ha battuto per 2-1. Era il battesimo delle qualificazioni europee. Mancini, dal cilindro, aveva estratto il coniglio di Mateo Retegui, argentino dal bisnonno di Canicattì. Ha realizzato il gol della bandiera, su assist di Pellegrini. Ha procurato il secondo giallo di Shaw. E’ sopravvissuto a un primo tempo dominato in lungo e in largo dai «leoncini». Ha 23 anni, veniva da un altro mondo. Guai a trasformarlo in una mano di roulette. Se il ct ci crede, gli dia altre occasioni: e più munizioni.

Naturalmente, chi non c’era (Locatelli, Zaccagni) verrà invocato e rimpianto. Jorginho non ne azzeccava una, Barella e Verratti si perdevano nella giungla. E là davanti, zero tiri. Per 45’, solo England: gran parata di Donnarumma su Bellingham, rete di Rice in mischia, rigore di Kane per mani-comio «varista» di Di Lorenzo, topica clamorosa di Grealish a porta vuota. Il destino non ha gradito, anche se poi non ha infierito.

Ripresa a copione rovesciato. Bellingham, che giocatore!, scendeva di livello e, zoppo, si ritirava. Kane – 54 gol, nuovo top-scorer dei bianchi – operava in pratica da «dieci», ma Saka e Grealish non riuscivano più a dettargli il passaggio o ad aggredirne le idee. Cresceva, in compenso, l’Italia. Gnonto e Politano stappavano bollicine, Tonali e Cristante portavano ciccia, il gol di Retegui, improvviso, spaccava la trama, resa a senso unico dal rosso a Shaw. Mai visto gli inglesi italianeggiare in quel modo, rubando secondi come volgari borseggiatori. Parlate pure di assedio, ma di Pickford non rammento voli pindarici.

Morale della favola: sulla torta divisa in due non ci piove. La squadra di Southgate ha però sfruttato meglio le sue fette. Nulla di nuovo sotto il cielo di Napoli: alla ricerca del centravanti perduto, ci sta che vinca chi lo ha.

Il braccio della sorte

Roberto Beccantini19 marzo 2023

Al destino frega niente della mano di Allegri. Sbava per il braccio di Rabiot. Con la Sampdoria, stop e gol. Con l’Inter, controllo a monte, idem Vlahovic (manina «congrua»?), ancora il francese (di piede) e poi Kostic, gol. In entrambi i casi, il Var ci ha pensato su (addirittura 3’, a San Siro) e, alla fine, ha dato ragione agli arbitri. I dubbi restano, anche nel sottoscritto, e sono vagoni: è l’uno più uno che scatena la canea. Ci sarà prima o poi un derby d’Italia in grazia di Dio?

Ciò premesso, e non è poco, è stata una partitaccia. Nella mia griglia, l’Inter era prima, la Juventus quarta. Dunque, risultato enorme. Non c’era Di Maria, Chiesa è entrato e uscito, Inzaghino non aveva mezza Maginot (Bastioni, Skriniar), ha ruotato tutte le punte, dalla Lu-La a Dezko e Correa, con Brozovic subito e Mkhitaryan nel finale; ha attaccato molto, ma senza la fantasia del miglior Calha. Di Szczesny ricordo due parate all’inizio, su Barella, e un bouquet di uscite british, senza proiettili che potessero sfregiarne i guanti.

Madama si è difesa a catenaccio e contropiede. Compatta, concentrata, pronta a cogliere l’attimo. Rete a parte, non le sono mancate le munizioni, se non proprio le occasioni, per il raddoppio: l’amletico Soulé, lo stesso Kostic, Chiesa prima della resa. D’Ambrosio e Paredes, entrati a emergenze in corso, sono stati espulsi per reciproci vaffa, colonna sonora dell’ordalia.

Capisco l’ira funesta dell’Inter per l’episodio-clou, ma si era appena al 23’, il tempo non mancava. Sono mancati, se mai, la precisione nei passaggi e la velocità di pensiero. Per tacere di Lau-Toro: scomparso, come il Leao milanista.
Leggi tutto l’articolo…