Ogni maledetta domenica

Roberto Beccantini30 March 2025

Polvere di stelle, polvere da sparo.

** Fiorentina-Atalanta 1-0 (Kean). Viola al dente, soprattutto a metà campo, con Cataldi, Fagioli, e Mandragora. Capitolo a parte, Kean: uno squalo. Sul gol, borseggia e si mangia Hien. Sfiora il raddoppio, trasforma ogni palla in agguati. Per Palladino, avanti popolo a tutti i livelli (risultato, gioco). Per Gasp, secondo k.o. consecutivo: prestazione grigia, da Dea in pantofole. Nonostante l’impiego dell’artiglieria pesante. Sfumati i sogni-scudetto, occhio alla zona Champions.

** Inter-Udinese 2-1 (Arnautovic, Frattesi, Solet). In attesa di aprile, mese di fuoco tra campionato, derby di Coppa Italia e Bayern di Champions. Morale: spruzzata di turnover e primo tempo in cattedra, con due riserve a segno, gli assist di Dimarco, al rientro, e un dominio assoluto, da applausi. Alla distanza, solita flessione, con cambi che non cambiano (Inzaghi) e altri sì (Runjaic); squadra meno lucida, avversari più aggressivi e, a corredo della lecca di Solet (segnatevelo), due paratone di Sommer: su zuccata di Lucca (interessante, ma ancora grezzo) e Solet sotto misura. L’espulsione dell’invasore-invasato Inzaghino certifica la sofferenza. Resta il risultato: fondamentale.

** Napoli-Milan 2-1 (Politano, Lukaku, Jovic). Conte Dracula ripristina il 4-3-3, «Sergiao», per la libido di Cassano, rinuncia a Leao. Da Di Lorenzo a Politano, gol dopo 2’, fra Theo e Pavlovic sconnessi. Poi da Gilmour a Lukaku, con la difesa in vacanza. Al Maradona si balla e si canta, il Diavolo non esiste. Si sveglierà nella ripresa, uscito Joao Felix ed entrato Leao (più Chukwueze, più Jovic). Lobotka si infortuna, il Napoli rincula, Leao agita la sinistra (almeno lui), Theo si procura un rigore, parato da Meret a Gimenez (ma non toccava a Pulisic?), e spalanca la porta a Jovic. Come si scriveva nel Novecento: troppo tardi.

Toh, il corto musetto

Roberto Beccantini29 March 2025

Come in ogni delitto che si rispetti, da Garlasco in giù, se sulla scena del crimine salta fuori un indizio, i Ris si scatenano. La traccia era, è, il Dna di Tudor al posto di quello di Thiago. Risultato, per ora: Juventus-Genoa 1-0. Vittoria, dunque, dopo le legnate di Dea e Viola. Vi dico subito che le indagini saranno lunghe e l’esito – il quarto posto – molto, molto complicato.

Vecchio corto muso, dunque: e così sia. Ha deciso un golazo di Yildiz, dribbling e spennellata di destro. Ma il contesto? In sintesi: difesa a tre (Gatti poi Kalulu, Veiga, Kelly); meno costruzione dal basso, più ricerca della profondità; Nico a destra, a tutta fascia (non brillante, non smorto); il turco più libero di ruotare (ma guarda); Vlahovic titolare (alla ricerca proustiana dello stop perduto); Koopmeiners sotto punta, segnali di fumo; in generale, un po’ più di cuore, sullo sfondo di un pressing ora rabbioso ora sbadigliante. In attesa di un nuovo ordine, se mai ci sarà, un disordine che ha coinvolto la squadra, sul filo di un equilibrio precario e di uno scarto che, in passato, non aveva scongiurato fantozziane rimonte. E proprio al 93’, su contropiede di Thuram, per poco non ci scappava il raddoppio, sfilato da Leali a Weah.

Il Genoa di Vieira naviga in acque placide. Ha una struttura, un gioco. Sfoggiava maglie tipo Boca, in onore dei migranti xeneizes che lo fondarono. Marcava a uomo, con Frendrup, Masini e Sabelli a calibrare gli agguati. Occasioni, una: di Pinamonti, a fil di palo. E l’ex Miretti, più cornice che quadro. Ma sempre dentro l’ordalia, il vecchio giovane Grifo.

Nessuna notizia di Kolo Muani, tornando alla Goeba. Un’orma alla volta. Ed eccone un’altra: il Bologna dell’Orso ha vinto a Venezia, quinto hurrà consecutivo.

Poveri noi o poveri loro?

Roberto Beccantini23 March 2025

Il manifesto di Dortmund spacca in due Germania-Italia. Sarà 3-3 – loro alle semifinali di Nations League, noi a casa – ma chi deve mangiarsi il fegato? Chi? Und warum? E perché?

Primo tempo: tedeschi padroni di tutto, azzurri ridotti a una nuvola di passaggio. Rigore di Kimmich (per fallo di Buongiorno su Kleindienst); stoccata di Musiala, su angolo di Kimmich (toh), nel bel mezzo di un’assemblea di condominio convocata da Donnarumma (che palle, le palle inattive); capocciata di Kleindienst, su parabola di Kimmich (uffa). L’Italia: un petardo iniziale e poi tutti indietro, a masticare il pane duro del pressing teutonico.

Secondo tempo: Spalletti si corregge e sguinzaglia Politano. Fuori, tra gli altri, i centimetri di Gatti. I bianchi, chissà, pensano di aver già vinto e ritirano le barche, non solo i remi. Ne pagheranno il fio. Un pasticcio tra Sané e Kimmich arma il destro di Kean; e uno. Entra pure Raspadori, che titilla la mira di Moise: destro, e due. Sarà proprio Raspadori, al 95’, a trasformare il penalty concesso per mani-comio di Mittelstadt. Sul 3-2, Marciniak aveva colto un rigorino – di Schlotterbeck su Di Lorenzo – poi tolto dopo processione al Var.

Migliori per distacco: Kimmich, Musiala (tolto inopinatamente da quel «genio compreso» di Nagelsmann) e Kean (che non avrei sottratto alla lotteria degli episodi, per quanto spremuto). In questi casi, tirare le somme diventa una tortura. C’è un caro-biglietti e c’è (stato) uno sconto-partite: due in una, e sempre allo stesso prezzo. Wow. Gira e rigira, ha deciso l’1-2 di San Siro. Però l’ordalia del Westfalenstadion rimarrà nella memoria. Ognuno, come in politica, celebrerà i suoi comizi, le sue coalizioni; di governo (tirannico, i «crucchi» del pronti-via) o di opposizione (da scarpate sul leggio, gli scappati alla forca nella ripresa).

A modo suo, un inno al calcio: che più studi, più ti scappa.