Teste dure, i tedeschi. Anche adesso che non sono più i panzer di una volta, hanno ante meno rambiche e prediligono il torello fitto e, spesso, orizzontale. Era l’andata dei quarti di Nations League: Italia-Germania 1-2. Il 17 giugno saranno 55 anni dal Quattroatre dell’Azteca. Bei tempi, anche se Gigi Riva non tornerà . Purtroppo.
Partita strana, a San Siro, e non certo memorabile. A loro la palla, a noi i tiri. Nel senso che il migliore non è stato Musiala, è stato il portiere: Baumann. Bravo su Tonali, su Kean, su un quasi-suicidio di uno dei suoi, su Maldini; bravissimo su Raspadori. Per noi, Tonali: il gol-lampo – bello: cambio campo di Bastoni, da Barella a Politano, cross teso, tallone randagio di Tah, destro ficcante – l’assist a Raspadori e (di tacco) a Kean, qualità e quantità .
Molte assenze, di qua e di là . E, agli sgoccioli, l’infortunio di Calafiori. Perché, dunque, l’Italia ha perso? Perché le lavagne – neppure quelle di Spalletti – possono governare gli episodi. Nagelsmann, uno dei giovani stregoni che adescano e dividono, non aveva centravanti, a meno che non si volesse definire tale Burkardt. Cruciale l’ingresso di Kleindienst, un traliccio che faceva tanto vecchio West. Sua la capocciata del pari, su esterno destro da orgasmo di Musiala e cross placido di Kimmich, fra statuine immobili perché sorprese o sorprese e, dunque, immobili. E di Goretzka, su angolo di Kimmich (e dai), la zuccata del sorpasso in un ingorgo ferragostano. Le palle inattive continuano a crivellarci. Le staffette del nostro ct non hanno prodotto sconquassi. Ricapitolando: cuori forti ma tutti gregari, a eccezione di Tonali e, per metà match, Barella.
Nella classifica Fifa, l’Italia è nona e la Germania decima. Domenica sera, a Dortmund, secondo atto: nulla è impossibile, a patto che l’Italia torni la principessa del Parco, era settembre e fu uno strabiliante 3-1 in rimonta.