Un lettore mi chiede un ricordo di Sergej Belov. Erano gli anni Settanta, anni di piombo per l’Italia e di canestri per il sottoscritto. A «Tuttosport», seguivo proprio il basket. Sergej Belov fu il primo grandissimo a venirmi incontro. Universiade, Olimpiade, Coppa dei Campioni. L’Unione Sovietica era un impero, e l’Armata Rossa il suo braccio sportivo. Partite memorabili: con l’Ignis di Dino Meneghin, con gli americani.
Altri tempi. Tempi in cui i russi parlavano solo russo e gironzolando per il ritiro di Varese, dove un giorno erano finiti, si discuteva, a gesti, più di macchine fotografiche che di pick and roll. Belov apparteneva alla libertà della classe, non già alla scuola dell’obbligo. Gran tiro, gran visione periferica, dal talento purissimo e americano, come ben presto venne chiamato.
Sergej Belov e Alexander Belov. Né fratelli né parenti: semplicemente omonimi. Vado a memoria. Loro due, poi Edesko, il regista con baffi che Vladimiro Caminiti, sporgendosi per un attimo dal calcio, avrebbe definito «circassi». Quel giraffone di Zarmuhamedov, un armadio tutto pelle e ossa. Numero dieci, Sergej: la fantasia al politburo. Numero quattordici, Alexander.
Dan Peterson era innamorato pazzo, di Sergio. Non sprecava una finta, non sciupava un palleggio, aveva un tiro morbido, quasi allegro. Play di ruolo, realizzò venti punti nella celeberrima finale olimpica di Monaco ‘72. Quella che, decisa dall’altro Belov, sfornò i tre secondi più crudeli, più lunghi e più velenosi di ogni epoca.
Belov. E il suo ct, Vladimir Kondrashin, una sfinge tagliata su misura per quel mondo lì, di spie e intrighi. A ogni domanda, le rare volte che si degnava, rispondeva con un ghigno. C’era poca tv, allora, e questo contribuì a «nascondere» il genio di Sergej. Soprattutto, c’era una vodka.
Gentile Riccardo Ric, Gervinho non è la palla ma corre veloce. La Roma non ha centravanti di ruolo, ma Gervinho e Totti sono fior di attaccanti. Totti è poi (anche) molto altro.
@ nino raschieri
d’accordo anche con te, quello vale sempre e comunque nel calcio, infatti dicevo che un a partita come questa la Roma la poteva anche perdere, e succederà .
Ma la Mazzarrese rimane la Mazzarrese, difesa e contropiede può vincere contro una squadra migliore ma rimane provinciale
Robertson, COMPLETAMENTE DACCORDO, ho scritto le stesse cose. Il Primario parlava di ali (“che danno il tu al gesso della linea laterale) ed io di attaccanti che partono dall’esterno e convergono (Tevez-Vucinic_Giovinco ed anche Marchisio, da provare con beneficio di inventario, ma secondo me può farlo)
Comunque sono importanti le “catene” laterale basso-mezzala-attaccante esterno, devono crearsi gli spazi e sovrapporsi SIA in profondità SIA in larghezza
X Riccardo Ric – ….e chi la fa correre la palla, Bonucci con i suoi lanci?
Ah e ranocchia e’ il migliore difensore italiano. Vaaaaabene…..
martin
abbiamo detto la stessa cosa, in due modi diversi
E’ la palla che deve correre veloce….
d’accordo hai, però quando tutto ti gira bene è molto più facile far bella figura
sono curioso di vedere quando o se gli girerà male
in ogni caso considerando anche l’assenza di altri impegni, è superfavorita per lo scudetto
Hai,
marchisio ha meno corsa di florenzi, che e’ veramente un levriero.
Sui tre davanti son d’accordo. Ma i due estern di attacoo mica per forza devono averci scritto “ala” sulla fronte….. Nell’inter (burp) del 2010 i due esterni erano pandev, che aveva sempre giocato sconda punta. Trequartista (come tevez) e eto (centravanti e hodetto tutto). Gervigno mi pare giocasse di punta na volta, florenzi e’ un centrocampista d passo. Adesso non e’ che se un nn a pepe, nani, ribery e robben nn puo giocare con tre davanti…. Thomas mueler, che spesso gioca a dstra, mica e’ n ala classica….
Ancora, per dire, se ante 2010 uno avesse dtto chi e’ l’ala tra vucinic e eto’, chi mai avrebbe detto eto’?
Suvvia, conte….
@ Riccardo Ric
Scudiero non esageriamo…. alternanza va bene!!!!