Il gentile Riccardo Ric chiede notizie del mio silenzio.
E’ un silenzio di centimetri, perché le coccole domestiche, ancorché non così plateali come denunciato dalle guardie (?), spingeranno la Juventus a immaginarsi, in Europa, più forte di quella che è.
E’ un silenzio rispettoso di quello, e di «quelle», che si agitano dietro le quinte.
E’ un silenzio di stanchezza: sempre gli stessi slogan, sempre le solite, volgari, insinuazioni (di capitan Totti, questa volta), sempre i soliti pistolotti (Francesco, fuori le prove); sempre le immancabili minchiate via twitter; sempre i soliti appelli: «Primario, ha sentito quel che ha detto Taormina?». No. Pallotta invece sì: well done.
E’ un silenzio dettato dalla coincidenza che non si parlava di moviola in campo da Juventus-Torino del 23 febbraio, e nessuno dei Pazienti l’ha notato. State perdendo dei colpi anche voi.
E’ un silenzio che non trovo corretto interrompere per sparare sulla Croce Rossa, al secolo Carlo Tavecchio. Le sua banane sì, sono uno scandalo, non certe pere: alcune di queste, al massimo, sono errori. E poi, bloccato Louise, c’è sempre Felpa.
E’ un silenzio dovuto al fatto che ho tempestato di telefonate l’entourage della Fifa per saperne di più sul gol di Bonucci: il fuorigioco di Vidal era o non era punibile? Lo so, la «Gazzetta» si era già pronunciata, ma mi è stato detto che non mi devo fidare dei giornali italiani.
E’ un silenzio di rottura perché credo che ci fosse ben poco da aggiungere all’accusa, in arrivo, di fare di ogni erba un fascio.
Conto i minuti che mi separano da Italia-Azerbaigian. In silenzio. Tanto, la fine è nota.
Muntari ha detto che Totti non si discute, lui ha sempre ragione. Forse bisognerebbe spiegargli che solo i gli imbecilli hanno sempre ragione.
@ Salvadore.
Ciao, Salvo. Io invece di perdere tutto quel tempo per scrivere cose intelligenti a uno che non le vuole sentire, gli avrei solo chiesto: Signor Travaglio, com’è la storia di quando le è stato vietato di sedere in tribuna al Delle Alpi? Ce la può raccontare?
Oh Madonna, ci mancava la lettera aperta a travaglio!!!! A quello le lettere aperte gli entrano da un orecchio e gli escono dall’altro……..perchè di mezzo non c’è niente.
Quando un uomo d’affari riceve, in cambio di un grosso “favore” (fabbrica Pirelli in Indonesia), un bidone
di spazzatura cosa fa? lo getta nelle fogne?
x Salvadore…non mi riferivo alle sentenze dei tribunali..ma solamente a quelle emesse dalla sedicente “giustizia sportiva” …l’hanno fatto una volta potrebbero farlo una seconda volta richiamando il disposto della prima sentenza…intendevo quello. Loro hanno agito in virtù di una volontà popolare antijuventina che voleva distruggere a qualsiasi costo la juve…l’hanno mandata in “b” perchè non potevano fare altrimenti…a me sarebbe “piaciuta” la radiazione per assistere allo spettacolo del dopo…Ancora oggi non ci sanno dire quale partita la juve abbia truccato allora…adesso vogliono far credere che la juve impone i favori…Leo
Martinello, certo la lettura della frase di Ford è proprio quella. Io l’ho riportata solo perché esplica bene il sentimento popolare: se stai zitto ottieni comunque meno credito di chi starnazza o raglia…………
infatti, vedi che i depasquale di turno ………
Lettera aperta a Marco Travaglio
(di Giulio Gori)
10/10/2014
@giuliogori
Gentile Marco Travaglio,
a scriverle è uno dei lobotomizzati che non hanno preso bene le sue sparate su Juventus-Roma, uno dei tanti cui è venuto spontaneo invitarla ad «accomodarsi serenamente da un’altra parte». Ma, del resto, non essere d’accordo con lei significa essere cretini o in malafede; scelga lei, non siamo gente permalosa. Purtroppo, però, nel calcio spesso si ragiona per categorie ontologiche: come in politica si scomodano Berlusconi e il berlusconismo quando non si sa più quale argomenti scegliere, così nel pallone si ritira fuori Moggi dal cilindro, giusto per dar forza a una frase. E chi scrive, le assicuro, non ha punta simpatia per nessuno dei due.
Il problema, qui, non è semantico, è proprio di concetto: al di là di quel che è successo sul campo di calcio, con episodi arbitrali discutibili che sono andati in un senso e nell’altro, mica in un’unica direzione (e lo dice la Gazzetta dello Sport, non Moggi), e al di là del fatto che sarebbe l’ora di cominciare a fare un salto di qualità culturale e rendersi conto che la decisione arbitrale, nel bene e nel male, è parte integrante del gesto calcistico, è proprio l’idea della «rapina» a fare acqua da tutte le parti: se una squadra scende in campo e si vede fischiare a proprio favore dieci rigori inesistenti, che colpa ne ha?
Siccome siamo entrambi giornalisti (per quanto la mia statura professionale sia del tutto trascurabile), sappiamo che le parole hanno un significato preciso e che se si usa il concetto di «rapina» dovremmo avere gli elementi, le pezze d’appoggio si dice nel mestiere, per sostenere che dietro le decisioni contestate di un arbitro ci siano i loschi affari di una squadra. Altrimenti si tace e ci si limita a dire, se è il caso di dirlo, che un arbitro ha fatto pena. Pensi, siamo stati noi di Juventibus, per primi, a criticare Antonio Conte dopo la sparata contro l’arbitro di Juventus-Benfica, perché chi perde fa sempre bene a star zitto. A ben vedere, parlare di «rapina» non fa altro che fomentare i peggiori istinti di un tifo di lobotomizzati (quelli che le danno contro, sì, ma anche molti di quelli che stanno dalla sua parte) che costituisce uno dei più grossi imbarazzi del nostro calcio.
E qui veniamo a Berlusconi e Moggi. Sì, perché stavolta c’entrano davvero. Per venti anni, la campagna martellante contro i giudici da parte del cavaliere ha avuto come unico risultato quello di spaccare in due l’Italia e farle staccare la spina del cervello: o stai con B. o stai con i giudici, non c’è scampo. E se qualcuno, fatti alla mano, prova a mettere in discussione l’operato di una Procura o di un Tribunale, finisce per essere etichettato. È sparito ogni spazio di autonomia intellettuale. Eppure anche molti di quelli che non hanno alcuna simpatia per Luciano Moggi, quando si sono trovati di fronte ai fascicoli processuali di Calciopoli, sono rimasti atterriti. Lasciamo stare chi scrive che non conta nulla, pensiamo piuttosto a un Francesco Saverio Borrelli, persino lui anni dopo aver avviato l’inchiesta avrebbe riferito in Senato dello «strano» modo della giustizia sportiva di gestire il faldone delle intercettazioni, solo per dirne una.
E non stiamo a parlare delle stranezze al Tribunale di Napoli, ci sarebbe da scriverne una Treccani. Ma non dimentichiamo che siamo di fronte a una vicenda che processualmente ancora non è chiusa. Tanto più che il presidente Andrea Agnelli, vittima prediletta dei suoi strali, in questi anni altro non ha fatto che esercitare il suo diritto alla libertà di espressione e percorrere la lunga strada dei ricorsi nei Tribunali per veder riconosciuto quel che, giusto o no, ritiene gli spetti. Mica si è messo a fomentare le folle, a gridar di rapine, lui.
Su Calciopoli, Agnelli non è l’unico a non vederci chiaro. E non è per forza un segno di lobotomizzazione. Qui, su questo sito, c’è chi come Antonio Corsa e Antonello Angelini hanno passato anni a spulciare gli atti processuali, a verificare, a cercare di capire. E il fatto che sia arrivato a conclusioni opposte alle sue non significa che sia un esagitato che ragiona per partito preso. Anzi, lui i compiti li ha fatti, altroché se li ha fatti. Invece qualcun altro di nostra conoscenza è andato in giro, tra convegni e ospitate televisive, a raccontare (prendendo come oro colato le informative della Procura) che la Juventus giocò una partita contro un Bologna «senza difesa», falcidiato dalle squalifiche per colpa dei cartellini gialli che De Santis aveva tirato fuori la domenica prima: sarebbe bastata una verifica facile facile, per scoprire che gli squalificati erano due e non tre, che si trattava di due riserve (Petruzzi e Nastase) e che Gamberini giocò contro la Juventus assieme a tutta la difesa titolare dei felsinei. Giusto per fare un esempio.
Vede, qui da noi su Juventibus, non tutti sono giornalisti, ma tutti hanno la buona abitudine di studiare, di prepararsi. C’è chi, come Fabio Barcellona e Davide Terruzzi, parla di tattica e lo fa da allenatore. C’è chi, come Maurizio Romeo, conosce tutte le novità del regolamento della Figc, tutte le informative dell’Aia e della Fifa, e ci sa ad esempio spiegare perché il gol di Bonucci di domenica scorsa era regolare. Lui le regole le conosce. Se anche illustri giornalisti avessero avuto i suoi stessi scrupoli e si fossero degnati di studiare un po’, forse avrebbero preso qualche cantonata in meno. Ma si sa, nel nostro Paese c’è l’insana convinzione che basti essere maschi e italici per capire di pallone. A che serve prepararsi? Tanto basta spararla grossa per avere mandrie di tifosi dalla propria parte. Quelli buoni, i lobotomizzati sono sempre gli altri.
Noi di Juventibus la vediamo all’opposto.
Cordialmente (mica tanto),
Giulio Gori
Ah beh, se lo dice pistocchi cambia tutto……….
Leo i tipi alla pistocchi, taormina, melli e vari non hanno credito manco in famiglia figurati nei blog e poi le sentenze ti ricordo che espressero che i campionati erano regolari ed anche i sorteggi, il resto verrà col tempo, abbi fede.
E anche Pistocchi si aggiunge alla lista di coloro che hsnno capito.