Anche se hanno rifatto il San Mamès, e l’Athletic non è più il mazzo di pirati che ti prendeva alla gola, so cosa significa giocare in quella selva di pugnali e di petti che Bernd Schuster paragonò a una sorta di Vietnam. Lasciate ogni speranza o voi che entrate: Diego Maradona ci lasciò una caviglia, addirittura. E allora: in alto i calici per il Toro di Urbano Cairo e Giampiero Ventura, prima squadra italiana a espugnare la fortezza basca.
Per lunghi tratti è stato impossibile distinguere il toro dal torero, avvinghiati com’erano in un groviglio di corna e muleta. Resta il verdetto: Athletic due Toro tre. Spariglia il 2-2 dell’andata, promuove il Toro agli ottavi di Europa League ed elimina l’Athletic, già eversore del Napoli. Iscritto al partito dei pessimisti cosmici, mi perdoneranno i lettori se parlo di «impresa». Perché sì, nel caso del Toro lo è stata. Inter e Napoli hanno onorato il pronostico, la Fiorentina l’ha spostato di poco, la Roma a Rotterdam ha avuto tutti contro tranne l’arbitro, e risalire dall’1-1 dell’Olimpico era complicato, sì, ma non proprio drammatico. Il Toro, viceversa, l’ha letteralmente preso a schiaffi.
E così, dopo il messaggio dellaa Juventus alla Merkel, ecco qua la clamorosa «manita» del nostro ceto medio. Cinque su cinque. Mai successo, nella storia. Sono piccoli segnali che rianimano un sistema allo sbando e spiazzano i talebani del campionato poco allenante (quorum ego). In attesa delle verifiche del caso, la squadra che lo domina da tre anni e mezzo può guardare in basso con un orgoglio che proprio l’improvviso ed esplosivo safari degli avversari gonfia e decora.
Ma non divaghiamo. Il problema del Toro non è mai stato il passato (figuriamoci, con quel popo’ di epopea perennemente sospesa tra Valentino Mazzola, Grande Torino, Superga e la decadenza post-Pianelli), e neppure il futuro, sempre in cima alla lista dei piani e degli slogan. Il problema del Toro è stato, e rimane (rimaneva?) il presente. Cairo e Ventura gliel’hanno garantito, spiazzando l’etica protestante del popolo granata. Non è tutto, non è poco. Ciascuno a modo suo, naturalmente: il presidente, offrendo in pasto ai tifosi «celoduristi» mercati un po’ così e stagioni non proprio divertenti; l’allenatore, adeguando il gioco ai giocatori, senza vergognarsi di abbinare la cravatta ai jeans, il profumo dell’attacco alla puzza di catenaccio.
Da Immobile-Cerci a Quagliarella-Maxi Lopez, «via» Amauri. Quante ne lessi. Sembrava l’inizio della fine. E’ stato un altro inizio. La notte di Bilbao resterà , per sempre. Come la filastrocca dei gol: Quagliarella su rigore, Iraola, Maxi Lopez, De Marcos, Darmian. E gli assist di El Kaddouri, i rammendi di Vives, gli artigli di Glik. Non si poteva non rischiare, anche se non era detto che pagasse.
Cuore Toro: quasi un mantra. Da un secolo, per celebrare ogni ricorrenza, per parare ogni emergenza. Ventura non l’ha demolito. Ne ha aperto le finestre metaforiche, cambiando l’aria, gloriosa ma stantia. Traduzione: cuore Toro, sì, ma non solo. Anche testa. Anche gioco. E pazienza se «gioco Toro» trasmette meno emozioni. Si può entrare nella storia in tanti modi: anche vincendo.
L’Athletic ha colpito un palo, il Toro non ha mai porto l’altra guancia. Una partita nel senso romanzesco del termine: di coppa, a bulloni ardenti, con i calcoli pestati come una cicca. Alla Ventura. Mi ha divertito. Mi ha emozionato.
Chapeau.
Per il sig Pirillo che ha scritto del tutto e del niente, ma in modo appassionato, sarebbe interessante approfondire e capire cosa volesse dire.
Scritto da Luca G. il 27 febbraio 2015 alle ore 08:13
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Ciao Luca.
Ma anche no! Sembra il celeberrimo “pastone” del TG1.
Salvadore, nelle prime tre arriviamo sempre da quando non abbiamo più alla guida del club il trio smile
Salvadore, il Milan ha vinto una Champions (contro di noi sic!) arrivando quarto l’anno prima. Io preferirei non perdere un altro posto…….
Lex, dimenticavo, tanto la Juve nelle prime tre ci arriva sempre.
Le altre? Che vadano a fanculo.
Lex Luthor per quanto mi riguarda e credo che il mio sentimento sia condiviso dalla maggioranza juventina, del ranking uefa non mi importa nulla! I signori della figc ci dovevano pensare nel 2006 quando nel ranking, l’italia era prima. Dovevano prevedere che smantellando la Juve per il sentimento popolare le conseguenze sarebbero state disastrose.
Ben gli sta!
vero, non pensavo nemmeno io che l’olanda fosse più inguaiata di noi a livello di tifosi. comunque la vedo come lex, bene così per il ranking e per gli impegni che comunque gli altri dovranno sostenere. e poi magari sconfitta in finale. il top.
Beck, ma che minchia ce ne fotte di quello che fa il Toro, fino a prova contraria i degenti siamo tutti juventini e qualcuno appartenente ad una razza calcistica in via di estinzione.
Quindi ci prescriva qualche curetta ad ok.
Che sfacciato!!!
Neanche fingere sa più…
@ Luca G.
Chi non salta è un granata di m………
Il sig. Pirillo proprio questo voleva dire.
Fra i vari granata (di complemento), mettiamoci pure il Beccantini che, memore dei suoi trascorsi in tuttosport (min, noto covo granata), ci ha già definito storico tale Bruno Peres (e chi è?), e ora esalta l’impresa (bum!) dei mulita a Bilbao, dove comunque la Coppa l’abbiamo vinta noi.
Amsterdam, Amsterdam, e la Coppa si è fermata ad Amsterdam.
Mondonico, alza la sedia.
Ciao.
Fulvio.
Una lezione da Ventura l’abbiamo imparata ?
Giocarsela sempre.
Se ti difendi aumenti esponenzialmente le possibilità di essere eliminato.