Dalla doppietta di Djordjevic alla doppietta della Juventus passano sì e no tre minuti. Siamo nella giungla dei supplementari, con i duellanti stremati. Matri aveva inaugurato la rimonta di Firenze. Inserito da Allegri al posto di Llorente, firma la decima Coppa Italia di Madama. Il mestiere di centravanti è ben strano. Djordjevic centra due pali con lo stesso tiro, Tevez si fa un mazzo così dal primo all’ultimo minuto, Matri tocca il pallone due volte: gol annullato per fuorigioco (di centimetri) e gol-svolta.
Lo so, ridurre una partita – e una finale, per giunta – a un episodio, massimo due, può sembrare persino capzioso, ma sono certo che tutti i miei lettori e tutti i miei pazienti sarebbero stati ancora più generosi. La Lazio aveva sorpreso i campioni in avvio, con un 3-4-3 aggressivo e «alto» che ingabbiava Pirlo e, più in generale, ingolfava le rampe di lancio. Il botta-e-risposta tra Radu e Chiellini aveva lasciato immaginare un’ordalia più fiammeggiante. Si coglieva, nelle gambe dei laziali e nella testa di Pioli, la volontà di non pensare al derby di lunedì. Certo, la Juventus è la Juventus: anche quando difende a tre fin dall’inzio, modulo che, sono sincero, non avrei riesumato. Se non alla fine, per blindare, come al Bernabeu, il risultato.
Siamo agli sgoccioli di una stagione massacrante, la Juventus è ancora in lizza per il Triplete che il 6 giugno contenderà al Barcellona. Ha dominato il campionato, mentre la Lazio è avanzata a strappi. Nei confronti diretti, la squadra di Allegri si era imposta per 3-0 all’Olimpico e 2-0 a Torino. Altra musica, le sfide secche. Sono «lotterie» che, spesso, avvicinano le distanze e piallano le differenze.
Scritto della Signora fortuna, fatemi parlare della Signora tout court, quella che non muore mai, quella che si rialza sempre. Ha vinto in rimonta, come a San Siro con l’Inter, ha prodotto poco e sofferto il giusto, Vidal, Tevez, Chiellini e gli altri della difesa l’hanno tenuta letteralmente in piedi. Bravi, i bianconeri, a imprigionare Candreva e cancellare Felipe Anderson. Pirlo ha gironzolato come un maestro a cui avevano indicato un’aula che non riusciva a trovare. Pogba, lui, era distratto, superficiale: il do di petto con il quale ha armato il sinistro di Parolo mi ha strappato un moccolo che, temo, sconterò da qualche parte.
A Pioli mancava Biglia. Allegri era privo di Marchisio e Morata. Gli avrebbe fatto comodo, soprattutto, la rapidità verticale dello spagnolo. Con il concorso esterno in associazione divina, il mister juventino continua a trasformare in oro tutto quello che tocca, cambi compresi. Matri, d’accordo: ma vi invito a non trascurare i dribbling e i sentieri di Pereyra. Ricordo le perplessità d’agosto, i dubbi di settembre, le riviste sui tre scudetti di Conte sfogliate dai degenti di notte, di nascosto, come se fossero riviste porno, per paura di essere beccati dalle infermiere. E’ il calcio, bellezza.
A nome di tutta la Clinica rivolgo i più sinceri complimenti alla Lazio, sempre in partita e mai doma. Aveva di fronte la Juventus campione d’Italia e finalista di Champions League, non proprio una scolaresca in gita. Per Seneca «la fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità». La giro ad Alessandro Matri.
se fosse confermato lo scandalo io assegnerei la Champions all’Inter
scappato il doppio commento, scusate
mi sa che di trojan ne giravano tante alla Fifa!
mi sa che di trojan ne giravano tante alla Fifa
Ciao Quartieri! Poi controllo… Sono in trasferta a Zurigo, dopo l’Uefa devo sistemare anche la Fifa ;-))
Chi ha sgarrato pagherà :-))
Scritto da Fabrizio il 24 maggio 2015 alle ore 20:09
Visto? Detto, fatto.
Occhio a prendere sottogamba i trojan.
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https://www.beckisback.it/2011/11/09/un-altro-complotto/comment-page-1/#comments
Roberto Beccantini: tra farmaci prescritti e telefoni caldi ballano dodici anni di storia juventina (1994-2006).
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Roberto Beccantini 9 novembre 2011 – Un altro complotto?
Fino alle otto di sera di martedì 8 novembre 2011, il giudice Teresa Casoria rappresentava – per il popolo juventino e, dunque, per mezza Italia – il simbolo della giustizia vera, l’icona delle sanzioni ponderate, l’incarnazione del processo corretto. Dopo la lettura del verdetto, per quello stesso popolo e per quella stessa metà, è diventata una Palazzi con i tacchi a spillo, una toga scandalosa, la capessa di due picciotte con le lupare puntate alla schiena di Luciano Moggi. Aspettare le motivazioni, no?
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Avevo pronosticato la frode sportiva ma non l’associazione a delinquere: la stangata conferma il rito abbreviato di Antonio Giraudo che, a sua volta, confermava il castello della giustizia sportiva. Conservo dubbi sulla distanza criminale fra la «Biade» e il resto d’Italia, ma non si può non prendere atto di questo tsunami, e credo che non sia giusto – quand’anche venisse ridimensionato in secondo grado – attribuirne la violenza dell’impatto soltanto all’ennesimo complotto. Siamo già a tre indizi: non si chiede di applaudire la tesi vincente; semplicemente, di non sputarle addosso.
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Non ho capito lo smarcamento della Juventus. O meglio, lo giustifico sul piano economico, visto che la sentenza la tiene lontana da eventuali risarcimenti, ma la giustizia ordinaria non contempla la responsabilità oggettiva, quella sportiva sì. Giraudo era l’amministratore delegato, Moggi il direttore generale. La società non poteva non sapere, tanto che ha fatto piazza pulita del vecchio management. Strano come «Tuttosport» abbia subito scaricato Moggi, considerato un martire fino al giorno prima, e sposato la linea del club. Aspettando l’appello e/o la Cassazione, tra farmaci prescritti e telefoni caldi ballano dodici anni di storia juventina (1994-2006). In attesa dell’ultima parola, una sola preghiera: finiamola di parlare di Farsopoli.
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Sig. Beccantini, prima di tutto grazie per essere ritornato a curare i suoi pazienti, io lo sono sempre stato, anche se più come lettore che come parte attiva. Ciò premesso, vorrei anch’io fare le mie considerazioni sulla sentenza di Napoli: quindi Moggi è un mafioso, capo di una invincibile società segreta, che controlla tutto quanto accade o possa accadere nell’Italia pallonara, ma allora mi spieghi Lei dove sono i vantaggi che ha tratto da questa posizione criminosa e potente? Dopo anni di dibattiti (da bar, in tv e in ogni sede) e dibattimenti in aule del tribunale, nei quali si è sentito tutto e il suo contrario, nei quali si è sentito lo stesso teste dare dieci diverse versioni, manco fosse lo zu Michè di Avetrana, nei quali gli inquirenti sono riusciti a portare prove contraddittorie e, così è stato dimostrato dal collegio di difesa, ad occultare a bella posta altre prove ben meno contraddittorie, ebbeni, in tutti questi anni, non è mai stata rinvenuta la “pistola fumante”, la Partita con la P maiuscola truccata, l’Arbitro comprato, il risultato aggiustato, con un chiaro rapporto di causa-effetto (telefonata di Moggi, seguita da accordo, seguita da risultato concordato), o meglio, fatti come questo si sono sentiti ma relativi ad altri soggetti (San Giacinto …), e noi in mancanza di questo dobbiamo sorbirci la sentenza “perchè è così”. MI permetta di dire che non capisco e non capirò mai.
Ha scritto bene e più volte che il più sano nel mondo del calcio c’ha la rogna, e Moggi non era il più sano, ma da qui a farlo passare per la sede suprema di tutti i mali, come la sentenza sembra presupporre, e senza uno straccio di evidenza, mi sembra che ce ne passi.
Quel che rimane è che l’uomo Moggi continuerà a lottare e magari, spero per lui, se la caverà in appello, mentre la squadra Juve, e con essa i milioni di tifosi, pur apparentemente stralciata dal processo, sarà stata l’unica a pagare, che cosa? il fatto, come ha ricordato anche Ibra (non il più attaccato alla maglia degli juventini) di essere stata per dieci anni la squadra più forte su piazza, senza se e senza ma.
Grazie per l’attenzione. Cordialità
Scritto da Cartesio il 9 novembre 2011 alle ore 22:13
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Gentile Cartesio, Le sentenze si discutono ma si rispettano.
Lo sa come la pensavo e la penso: guerra per bande con una banda più forte delle altre (la Triade).
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Moggi è quello: lo era già prima di arrivare alla Juventus.
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Se gli altri peccavano, peccavano per difesa contro l’orco.
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Scritto da Roberto Beccantini il 10 novembre 2011 alle ore 08:31
https://www.beckisback.it/2011/11/09/un-altro-complotto/comment-page-2/#comments
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Gentile Beccantini, continuo a non capire, come non capivo ai tempi della Calciopoli del 2006, ovvero del processo sommario condotto dalla giustizia sportiva, come si faccia a comminare delle condanne (in questo caso anche piuttosto pesanti) sulla base di “sensazioni”. Non ci sono fatti, non ci sono “pistole fumanti” che, come ho già scritto in questa sede; configurino un chiaro rapporto di causa -effetto: io, colpevole, metto la mano nell’armadietto per rubare la marmellata e, scena successiva, ci sono sempre io, colpevole, con il barattolo in mano e le labbra grondanti di dolce melassa! Nel nostro caso, invece non esistono risultati tangibili che i tentativi di aggiustamento abbiano portato a effetti concreti (anzi i “fatti” che si riportano, la famigerata Udinese -Brescia, dimostrano proprio il contrario). Ora, è ovvio che il reato e la conseguente condanna non possano misurarsi solo o a prescindere dalla riuscita o meno dell’atto criminoso, ma mi sembra ci sia ancora differenza tra “furto” e “tentato furto”. Del resto anche il cerchiobottismo di stralciare la figura di Moggi da quella della Juventus mi sembra contraddittorio …
Sempre cordialmente,
Scritto da Cartesio il 11 novembre 2011 alle ore 17:12
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Signor Cartesio, parto dalla fine. “Contraddittorio” è dire poco. Quanto al resto, a livello sportivo avevo pochi dubbi, vista l’attività di Moggi con la coda, uscita dopo, delle schede svizzere. A livello penale, non mi aspettavo una differenza così marcata, fra lui e gli altri. Il problema è che, come ho scritto più volte, nessun innocente è finito in galera, ma qualche brigante è ancora a piede libero.
Scritto da Roberto Beccantini il 11 novembre 2011 alle ore 17:15
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BECCANTINI SOFFRE PER IL GRANDE AMORE PER LA JUVENTUS
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https://www.beckisback.it/2011/09/12/ma-gli-scudetti-sono-ventisette/
Roberto Beccantini 12 settembre 2011 – Ma gli scudetti sono ventisette
Alla carne e alla pancia del popolo, in compenso, ha parlato il padrone di casa, Agnelli.
Per il presidente, gli scudetti della Juventus sono ventinove.
Lo ha ribadito a Gianni Petrucci e Giancarlo Abete.
Obiezione, vostro onore: fino a sentenza contraria, gli scudetti della Juventus sono ventisette.
Le responsabilità di Antonio Giraudo e Luciano Moggi sono, però, fuori discussione.
Carta canta: le sentenze della giustizia sportiva.
In attesa dei verdetti di Napoli, la Juventus e i suoi avvocati hanno tutti i diritti di contestare, confutare, ricorrere, adire, minacciare. Eccetera eccetera eccetera. Ma gli scudetti sono ventisette.
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E’ MICA C’ERA/C’E’ BISOGNO CHE SI INCAZZI! MANCO LE AVESSERO TOLTO IL PIATTO DA SOTTO IL NASO!
SI CALMI, MAGARI SI PRENDA UN’ ALKA SELTZER…
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E’ ora che gli scudetti sono 33, l’Alka Seltzer non basta piu’, cosa prende?
Dai Mac, dicci come deve fare la societá per evitare che i successi di quest’anno coprano le tante magagne della squadra.
E tu Bilbao, paziente inglese, dacci la tattica per battere il Barcellona.
E speriamo che Marotta da una parte e Allegri dall’altra prendano appunti.
Ma poi…come accidenti avete saputo che i Take That e Gigi D’Alessio sono i miei preferiti? Diavolo di un Mac e diavolo di un Bilbao.
Siete come Cip e Ciop. Solo tatticamente molto più evoluti.
Cacchio…doveva essere cosi ai tempi del fascio. Con la differenza che i Queen ancora non esistevano.