Il Brasile è stato la fantasia al potere. Pier Paolo Pasolini, per il quale il calcio incarna l’ultima rappresentazione sacra, si tuffava famelico nella poesia dei suoi dribbling, dei suoi sgorbi tattici (per fortuna), felice di perdersi. Il samba, in fin dei conti, coinvolge tutti, non solo chi sculetta o lo danza. A differenza del tango di scuola argentina che, al di là dell’origine e delle suggestioni, presuppone e celebra il tocco (dal latino tangere, toccare) e, dunque, la marcatura a uomo.
Non è più quello, il Brasile. Battibile, lo è stato sempre, anche ai tempi d’oro. Non ricordo una nazione e una nazionale più votate al suicidio – politico, sportivo – della seleçao: dal «Maracanazo» del 1950 alle pugnalate di Pablito Rossi nel 1982, passando per l’Olimpiade del 1996 e il harakiri contro la Nigeria (avanti di due gol, finì sotto di uno). Il 7-1 della Germania no, è altra roba: omicidio, non suicidio.
Ecco: sciupava, sprecava, ma era riconoscibile, vivaddio. Per batterlo, bisognava entrare nella storia, non nella cronaca come, con tutto il rispetto, il Paraguay di sabato. Addirittura, si arrivò a spiegare il fenomeno di quel «cupio dissolvi» con l’esagerata vicinanza agli dei: vicinanza che, lassù, aveva creato gelosie e seminato vendette. «Colpa» di Pelé, Garrincha, Zico, Ronaldo: troppo grandi per non aspirare all’eternità ; e troppo minacciati, gli dei, per non rifarsi almeno sugli eredi.
Ci sono stati anche dei Brasile di lotta, penso alla squadra che conquistò il Mondiale del 1994, squadra di cui Dunga era l’allenatore in campo, ma nessuno, e sottolineo nessuno, fragile e leggibile come l’attuale. Continua a esportare giocatori, ma nel cambio ha cominciato a rimetterci. Abbiamo pensato che fosse l’arroganza a orientarne i destini, le fortune. Può darsi. Lo invitammo a europeizzarsi: in parole povere, a «studiare di più». Lo ha fatto. Risultato: ha perso l’identità .
Ci sarebbe Neymar, certo, ma Neymar perde sempre le partite della vita: o per colpa altrui (Zuniga) o per colpa sua (rissa con i colombiani). Ci sarebbe Thiago Silva, vero anche questo. Ma Thiago Silva abbina spesso l’errore più importante alla ordalia più importante. Tutto il resto, minestra riscaldata. Probabilmente è stato un abbaglio mollare Diego Costa ai suoi pruriti, alle sue smanie, alla sua Spagna. Non sarà Careca, ma insomma: sfortunati quei Paesi che hanno bisogno di Robinho, non solo di eroi.
Altro tasto delicato, gli allenatori: nessuno è perfetto, ma con Ronaldo, Ronaldinho e Rivaldo Scolari vinse il Mondiale del 2002, l’ultimo a referto; senza, è stato massacrato dai tedeschi.
E’ possibile che l’Europa li abbia resi più robotici e meno spontanei. E’ anche possibile che la piaga dei fondi di investimento, molto invasivi, abbia condizionato e forzato il mercato del talento. I tempi sono diventati isterici ovunque, e comunque. Il muscolo ha sfrattato la fantasia. E non solo in attacco, il reparto che più e meglio di ogni libro racconta il Brasile, si avverte la crisi: la si coglie anche laddove teneva bottega Socrates, o avanzavano Djalma e Nilton Santos. Mancano i gol anche perché mancano i pensatori, gli ispiratori.
Dal momento che al cuore non si comanda, la meccanizzazione in atto non ha reso il Brasile più tosto: l’ha reso, semplicemente, più abbordabile, più alle tasche di (quasi) tutti. «Ma il treno dei desideri, nei miei pensieri all’incontrario va»: e non solo in quelli di Paolo Conte, temo.
Chiamatelo pure un segno dei tempi. La globalizzazione del calcio ha mescolato le scuole, confuso gli stili, rigato le differenze. I confini sono sempre più vaghi. Il Brasile giocava come tutti noi avremmo voluto giocare, con la stessa spensieratezza almeno, e produceva, così improvvisando, risultati «da fabbrica». Il più indecente degli ossimori. Ci faceva sentire tutti rivoluzionari, tutti anti sistema (o anti prosa, per continuare con Pasolini). Oggi, sembra la vecchia democrazia cristiana. Una «balena» spiaggiata. Grigia, tutta casino e chiesa.
Ci serve un laterale sx e Darmian se ne va alla corte di VanGaal ??
Non ho capito perchè !!
Quindi pure a Siviglia. Nn gioca centrale di ruolo da un secolo, quindi.
Nessuno, Massimo….perchè fin dall’inizio, e non so per quali motivi (necessità ? ), il fuggitivo lo schierò a sinistra e lì, da buon giocatore, Asa si creò il suo spazio…Lui ripagò il suo allenatore con delle belle prestazioni…ed il fuggitivo tirò un bel respiro di sollievo…ricordiamoci il centrocampo di allora: Pirlo Marchisio Vidal e poi Pogba….e mettere fuori uno di quest’ultimi sarebbe stato difficile…Leo
Axl
Dire che Bonucci renda al meglio in una difesa a tre nn vuol dire sostenere he nn possa giocare bene a quattro. A parte che quest’anno avrebbe potuto giocare anche da solo..
Mac ho letto benissimo.asa come ti ho scritto probabilmente migliorera’anche come terzino ma al momento,opinione mia,andrei cauto a darlo per titolare nel ruolo.comunque puo’giocare solo a sx mai a dx.
Chiellini,sempre a mio avviso e’calcisticamente intelligente ma penalizzato da scarsa coordinazione e tecnica(e col passar degli anni non migliorera’).caceres,comunque mai neanche provato da allegri (e conte)come centrale anche perche’i 3 che ha a disposizone son meglio di lui(vero cmque l’infortunio),ha fatto il terzino sia a barca che a siviglia epoi e’stato spostato anche nell’uruguay,a mio parere da centrale va bene come tappabuchi ma non offre garanzie necessarie per puntarci una stagione intera.
Dimenticavo, macchietta vedovella, il fatto che tu debba usare la ridicola storia della vignetta, vecchia di due anni, per attaccarmi, fa il palio con il tirare fuori ogni volta il Malaka Martinez, quando devi contestare Marotta. Macchietta vedovella!!!!
Appunto Leo.
Asa è adattabile in più ruoli perchè, a mio parere ha un’ottima tecnica di base…per cui dove lo metti metti fa la sua porca figura…anche in porta, se servisse!!!! :-))))) Leo
Leo certo ma chi avresti tolto?
No, zero Salvadore,,,continuare a replicare a quel tizio mi sono accorto che è tempo perso…Del resto per quello che scrive è come se vivesse in un “paradiso” …………………fiscale…:-))))) Leo