Devo essermi perso un passaggio. Avevo scritto che avrebbe chiuso la Clinica, non la Juventus. Mi sbarazzo subito della zavorra, gloriosa o rimasticata che sia: l’assenza dei totem (Pirlo, Tevez, Vidal), gli infortuni (da Marchisio a Khedira, soprattutto), il calendario (nulla è perso, anche se le prime due, nella storia, la Juventus non le aveva mai perse).
Il problema è stato il modo di porsi, e qui gli alibi sfumano come i titoli di coda dei telefilm. La Roma ha preso i campioni per il bavero e li ha dominati/controllati fino al rosso di Evra: il rigore sfilato a Florenzi, il palo di Pjanic, i gol di Pjanic e Dzeko, le parate di Buffon. Tanta roba. Poi, per carità, con un portiere meno scattante di Sczcesny, ci sarebbe potuto scappare persino il due a due, ma solo i pazienti più talebani possono aggrapparvisi.
E’ stato come passare da quattro anni di Renzo e Lucia (Lisander Manzoni, modestamente) a un mese di Renzi e Madia: semplificare l’amministrazione del gioco con Padoin e un catenaccio così passivo proprio il massimo non è. Non si tratta di spargere allarmismi a buon mercato ma, semplicemente, di essere realisti. Si sapeva di Dzeko: occupa quel ruolo di centravanti che Garcia e Sabatini avevano espulso dalle lavagne. Non si sapeva, viceversa, di De Rossi centrale difensivo, affinché l’azione cominciasse dai suoi piedi, e di Totti escluso per la seconda consecutiva dalla formazione e dei cambi. Complimenti, Garcia.
Si guardava a Roma-Juventus come al righello per misurare le distanze residue. Scomparse, letteralmente. Se non, addirittura, rovesciate. Alla Roma è mancato l’ultimo passaggio; alla Juventus, tutto. E quando manca tutto, specialmente là dove il gioco deve nascere, non c’è cerotto che tenga, da Cuadrado a Pereyra. Allegri dovrà lavorare sulla tattica, sulle teste, sui nervi. Mirare su Padoin è come sparare sulla Croce Rossa, ma l’ultimo Pogba mette paura. Isterico, come la squadra, impreciso. Ha 22 anni, nessuno gli chiede la luna, anche se dicono che valga già cento milioni: gli si chiede di dare una mano, e non, possibilmente, di farsela dare.
Il 4-3-3 della Roma, alimentato dai tocchi di Pjanic e le sgommate di Nainggolan, ha schiacciato la Juventus fino al limite dell’area, costringendola a un 5-3-2 di pacchiana memoria. Nulla contro il catenaccio, a patto che non diventi una spugna. Sono rare le scialuppe alle quali aggrapparsi: il golletto di Dybala, le scintille conclusive, scintille più di orgoglio che di manovra, le parabole dei calci d’angolo, non più ad altezza stinco (e pure qui, bravo Dybala). Ma la notizia più bella riguarda la chiusura del mercato. La dedico ai palpeggiatori di trequartisti, ai consumatori di prestiti onerosi (o riscatti onerosi? bo’), a quelli che sfogliano in bagno i siti della Gazzetta, nella speranza che i suoi esperti tolgano i veli al Draxler di turno. Chi scrive, si sarebbe accontentato di un Cigarini: per avvicendare e liberare Marchisio.
Ho colto anche un deficit atletico, come se la scadenza di Shanghai avesse condizionato le tabelle del signor Mister. Quando, viceversa, la Supercoppa avrebbe dovuto costituire una tappa, non un traguardo. Alla ripresa del campionato, mi butterei sul 4-3-1-2, con Pereyra dietro a Morata e Dybala.
Lo zero della Juventus in classifica rappresenta l’indizio di un campionato diverso. Non tradisco il pronostico, anche se era da tempo che non vedevo una Juventus così schiava di Roma. Ma il mercato chiude, e io festeggio lo stesso. Chi vuole favorire?
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Sig. Beccantini, ci dica se l’intervistato e’, forse, di sua conoscenza, e se anche lei andava all’Hotel Parco de’ Principi per ritirare il suo gadget?
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INTERVISTA DI UN SUPERTESTIMONE ALLA PROCURA DI NAPOLI – 11/05/2007
ROMA – Due premesse. La prima: «Tutto quello che dirò è documentato e dimostrabile». La seconda: «Sono in causa con la Figc davanti al tribunale del lavoro di Roma. Ho cominciato a lavorare in Figc nel 1992. Poi nel maggio del 2005, dopo che ho potuto appurare che il calcio era gestito dietro pressioni politiche ed economiche, in barba a leggi e regolamenti, essendomi sempre rifiutato di “sporcarmi” le mani, venendo puntualmente discriminato, ho iniziato a protestare e da allora mi hanno chiesto le dimissioni, pena che mi avrebbero reso la vita infernale».
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“Nel mezzo del cammin” (PSEUDONIMO), dipendente della Figc, è un tipo così. Uno a cui piace parlare chiaro, diretto e, soprattutto, dire le cose esatte. Fino ad oggi, le inchieste erano accusate tutte di avere un punto debole: non si capiva per quale motivo, al di là di evidenti interessi di carriera e di posizione, gli arbitri italiani avrebbero dovuto rendere servigi a alle società piu’ potenti nel panorama pallonaro.
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Ora, per la prima volta, si capisce come gli arbitri «venivano ripagati». Spiega”Nel Mezzo del”:«Ci sono un alto numero di buoni arbitri, che appena venivano promossi alla Can, pensavano che il loro compito fosse arbitrare in SerieA, e non assecondare il progetto voluto da Franco Carraro, con la compiacenza del Coni, che il sistema arbitrale doveva far vincere lo scudetto e premiare in campo le sette società con alle spalle il gotha della finanza italiana; questi arbitri che non si adeguavano dopo un anno venivano dismessi e addio denaro, addio carriera arbitrale e addio anche futuro dirigenziale».
Quindi il sistema arbitrale subiva pressioni?
«Basta ascoltare le intercettazioni e la domanda sarebbe superflua…».
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Si tratta di affermazioni pesanti, se ne rende conto?
«Saranno pure pesanti, ma sono tutte facilmente dimostrabili. Sorrido solo al pensiero che a parlare di regali e scandalizzarvi del sistema calcio siate voi giornalisti, quando una volta l’anno venivate chiamati a raccolta dalla Figc all’Hotel Parco de’ Principi per ritirare il vostro gadget e continuare a riverire un sistema centrato sulla corruzione, sull’antisportività e sul non mettere su carta stampata le notizie che avrebbero fatto conoscere all’opinione pubblica cosa è stato realmente il calcio negli ultimi anni ».
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A quando risalgono i casi in questione?
«A partire dalla stagione 1999/2000».
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Chi sono questi arbitri?
«Questo non ho intenzione di dirlo, al momento, ma qualcuno queste affermazioni le ha fatte all’ufficio indagini, ma nessuno ne ha tenuto conto, si è voluto dar credito a qualcuno che invece, oggi, sappiamo aver detto una infinità di bugie».
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Quanto ci rimetteva economicamente un arbitro se non si adeguava a quel sistema?
«Allora un neoimmesso riusciva a guadagnare oltre 100 milioni di lire a stagione, senza contare che arbitrare in Serie A, se hai anche un’attività in proprio, a livello di immagine ti fa guadagnare, senza muovere un dito».
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Dalle intercettazioni è emerso che Bergamo e Pairetto erano in ottimi rapporti con la Juve.
«Bergamo e Pairetto piu’ che con la Juve, lo erano con tutte le società che li avevano scelti e che, grazie a un governo federale compiacente a quel sistema, venivano remunerati con 250 mila euro a stagione, quindi è chiaro che facessero buon viso a qualsiasi situazione. Anche loro per garantirsi un futuro erano costretti dal sistema ad adeguarsi a quel nuovo modo di concepire un sistema arbitrale alla merce’ dei poteri forti».
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Perché si è deciso a raccontare queste cose proprio adesso?
«Veramente io ho raccontato tutte queste cose da parecchio tempo e chi mi conosce puo’ confermarlo. Solo che molti giornalisti hanno solo estrapolato alcune mie dichiarazioni per colpire solo la parte che si voleva far fuori dal mondo del calcio, anzi spesso “usando il virgolettato” mi hanno fatto affermare cose mai dette, per quel che mi riguarda valgono le mie deposizioni agli organi inquirenti. E’ talmente evidente di come hanno rovinato lo sport piu’ amato degli italiani, che sono i veri raggirati in questa vicenda, con la complicità di politici, giornalisti, e magistrati».
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Cominciamo dai giornalisti?
«Sulla questione giornalisti vale il principio del conflitto di interessi, ci sono diverse società calcistiche (Inter, Milan, Fiorentina, Roma, Napoli, l’attuale dirigenza della Juventus ndr) i cui proprietari sono anche nei patti di sindacato di quasi tutti i principali media italiani, i giornalisti scrivono quello che gli editori chiedono e quindi ecco come è spiegabile il processo mediatico fatto a Moggi la scorsa estate».
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Un premio scudetto ai giornalisti. E sul sistema calcio le inchieste hanno raccontato tutto?
«Per niente!!! Vi sono documenti ufficiali che testimoniano di come lo sport sia stato gestito per interessi economici. E stranamente non si capisce come mai ancora non si sia andato a spulciare il bilancio della Figc, da li’ si potrebbero scoprire cose, queste si’, davvero inquietanti e ribadisco c’e’ la vicenda delle false fidejussioni che mostra vizi di forma allucinanti, se uno dei pochi magistrati imparziali rimasti in Italia volesse riaprire quel fascicolo scoprirebbe cose molto interessanti…».
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Cosa si puo’ dire?
«Ma guardi basterebbe che gli organi inquirenti si rifacessero alle interpellanze parlamentari fatte dal Gruppo Misto del Senato nella precedente legislatura e facessero delle semplici verifiche per appurare se vi sono stati reati con uso di denaro pubblico, ad esempio tramite il commissionamento di fantomatici progetti al costo di 150.000 euro ciascuno».
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A cosa servivano questi progetti?
«Ma mi rifaccio alle parole del Senatore Villone, il quale giustamente ha spiegato che in Italia prende sempre piu’ piede un sistema illegale di tangenti, mascherato sotto la forma di commissioni di studio. Riuscire a stabilire le attività illegali da quelle legali è semplice…basta valutare se questi progetti siano poi stati utilizzati realmente o siano solo stati una forma di tangente a tutti gli effetti».
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Che però adesso non ha più nulla a che vedere con la nuova Figc.
«Che mi risulti questi tipi di studi di settore esistono ancora, l’unica differenza è il costo, adesso vengono pagati 180.000 euro….. Poi c’e’ la vicenda di cui ha parlato il Senatore Cossiga che aspetta sempre una risposta da parte del Ministro Melandri su come è possibile che il Direttore Generale della Figc, quindi colui che decide come spendere il denaro pubblico, sia un dipendente di una società privata, tale “Value Partner”, e che il suo stipendio di 25.000 euro al mese venga versato a questa società privata, consorella di una società di cui parla Minchetti nel suo libro “Il baco del corriere”. Poi è tutta una farsa in Figc continuano a operare tutte le persone che sarebbero stati i tramiti di quel sistema di cui hanno parlato la scorsa estate. La sig.ra Fazi come il Sig. Manfredi continuano a lavorare in Figc, l’avv. Gallavotti continua a difendere le cause della Figc, gli uomini di Carraro continuano tutti a lavorare al suo interno. Direi che è cambiato poco o nulla. L’attuale Segretario della Figc era il capo del personale all’epoca del trasferimento della Fazi e questo signore vuole farci credere che lui non sappia nulla in merito a quella vicenda??”. Ma l’attuale segretario, quello che ha avallato un trasferimento cambiando la serratura di una porta, e che non ha neanche sentito il dovere di testimoniare quello che sapeva su tutta questa vicenda? “Sì. È ancora lì. Ma quello che è piu’ ridicolo è che in questa vicenda tutti stanno recitando una parte (Borrelli compreso…). Ma dico: è implicato con uno dei punti cardine della vicenda calciopoli e noi ce lo teniamo…»
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Non si è mai accorto della rete svizzera di Moggi?
«Ma vede io sinceramente non me n’ero accorto, solo ascoltando le intercettazioni mi sono chiesto come mai gli inquirenti non l’avessero portata alla ribalta la scorsa estate. Io credo che come …….racconto’ un guardalinee della Can già nel 2004, che faceva da accompagnatore a partite Uefa dell’Inter….., Moggi era venuto a conoscenza delle intercettazioni illegali che erano state commissionate alla Polis e per non essere ascoltato si era ingegnato con le sim straniere».
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Sembra esserci un rapporto strano tra gli orologi e la Juventus…
«Questa domanda mi sembra una barzelletta… tutte le società omaggiavano gli arbitri in quel sistema, per cercare di accaparrarsi le loro “simpatie”. La cosa ridicola è che in tema di orologi credo che la Roma abbia qualcosa da dire piu’ di tutte le altre società….> mi poteva anche chiedere del rapporto tra l’Inter e gli elettrostimolatori<…quest a è faziosa, mi perdoni…. ».
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Le istituzioni.
«Moggi e Giraudo in Figc, dopo anni di militanza in quel mondo, avevano molte amicizie. Diciamo che, cosa che peraltro avviene quotidianamente nella ns. società, nelle loro operazioni cercavano di far fruttare le loro amicizie. Quello invece che di scandoloso non è stato analizzato è il doping amministrativo, Carraro, mettendo i suoi uomini negli organi chiave, riusciva ad influenzare fallimenti, iscrizioni ai campionati, tutto nell'interesse del gruppo per cui lavorava, questo si' ha reso il calcio molto poco credibile…».
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La Gea. «Sorrido quando nominano la Gea…. sembra fosse solo di Moggi e invece sappiamo che era un giocattolo per i figli dei poteri forti con dietro la Romafides di Capitalia, che controlla anche le aziende di De Laurentis. Che fosse un'anomalia del calcio italiano è innegabile, peccato che si sia scoperto solo adesso… operava da parecchi anni e alle sue feste c'era il gotha dello sport italiano…. voler far credere che fosse solo una gallina dalle uova d'oro per la famiglia Moggi è immorale».
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Si rende conto che con questa intervista continueranno a renderle la vita impossibile?
«Guardi io ho una malattia genetica progressiva che già mi rende la vita molto difficile, con una infinità di formazioni tumorali alle mie terminazioni nervose…. ma voglio proprio vedere la corruzione italiana e l'indecenza di questa società fino a che punto si spingerà…. a me basta non aver venduto la mia coscienza, potevo anche io accusare il bersaglio facile e oggi sarei tranquillo e beato, ma preferisco rifarmi a una frase di Giovanni Falcone «Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana.».
InterEssante vero…? Non si accigli….
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scritto da sig. beccantiniEralcorrenteDegli 13/5/2007 0:29
http://www1.lastampa.it/cmstp/rubriche/commentiRub.asp?page=37&ID_blog=13&ID_articolo=23&ID_sezione=&sezione=
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SIGNOR BECCANTINI, QUESTO LUNGO POST L’HO TROVATI SU UNO DEI SUOI SASSOLINI, E’ SICCOME HA ANNUNCIATO CHE IL BLOG LO CHIUDE, HO PENSATO DI FARLRE UN REGALO, QUALORA DECIDESSE DI SCRIVERE UN LIBRO SUGLI IMBROGLI E I VERI IMBROGLIONI DEL CALCIO ITALIANO. TANTO, COSA HA DA TEMERE, MICA POSSONO RICATTARLA SUI SUOI FAMILIARI. NON HA NE FRATELLI E NE SORELLE E’ NEANCHE FIGLI. MORTO LEI, MORTI TUTTI! CI PENSI.
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CONTINUI A SCRIVERE CHE QUELLO CHE HANNO FATTO MOGGI E’ GIRAUDO E’ PEGGIO DI TUTTO! TUTTO COSA e’ DI CHI? ECCO QUI UN PO DI ILLECITI DELL”INTER…PER ORA…. SE NON TI BASTANO TI MANDO IL RESTO!!!!!!FORSE COSI’ LA SMETTI!!!!
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L E MALEFATTE DELL”INTER SPOGLIATOIO IN PILLOLE
Georgatos, ex giocatore dell’Inter, ad aprile 2006, a proposito dei vecchi compagni dell’Inter, dichiara: “c’era chi prendeva pillole e si faceva iniezioni… gruppi di persone rifornivano i giocatori…ho capito cosa stava accadendo…” 2005 ESTATE D’AFFARI Vendita fasulla dei diritti di sfruttamento del marchio Inter in modo da consentirle di truccare i bilanci per 158 milioni di Euro; si ricorda che non avrebbe potuto partecipare al campionato 2005-06 (quello dello scudetto fittizio); ma Guido Rossi (toh, guarda chi c’è, sempre questo ex dirigente nerazzurro che assegna gli scudetti!) della COVISOC riammette l’Inter ed addirittura concede uno sconto (ricapitalizzazione di soli 40 milioni e non di 158, con decurtazione del 75% del malloppo) 2006 UN BEL SOSPETTO lo Spezia un anno fa apparteneva a Moratti; è stata venduta ad una società che appartiene ad una Fiduciaria parmense; nessuno conosce (chissà perché) il proprietario attuale di tale Fiduciaria parmense; se si tratta di Moratti o di un suo parente fino al quarto grado, è illecito (punibile con la revoca dello scudetto revocato ad altri e retrocessione) 2006 LO SCUDETTO DELL’ONESTA’ Milano, 25^ giornata: Stankovic, sconfitto sul campo per 2-1 dalla Juventus, chiude a chiave gli spogliatoi di San Siro per nascondere l’inverosimile agli occhi dell’arbitro e degli atterriti assistenti (Dejan, nunsepofà…, perchè lo fa solo Moggi) SEQUESTRO DI PERSONA? NO! Quale sequestro, il commissario “davvero straordinario” Guido argonauta Rossi, già consigliere dell’Inter nel quinquennio 1995/1999, difensore dell’Inter (e di Milan e Juve) nel confonto sui diritti TV con la Fiorentina e il Consorzio Calcio Italia, dipendente Telecom in pensione (ora dinuovo a cavallo), ritiene di premiare chi si “era sempre comportato correttamente” e premia l’Inter! A tal proposito è opportuno riportare una dichiarazione dell’argonauta.” Il fatto che io sia stato per un brevissimo periodo [cinque anni, ndr] nel CdA dell’Inter e che io sia amico personale di Massimo Moratti non c’entra niente. Moratti da quando ho assunto questo incarico, per la sua estrema delicatezza, non mi ha più neanche telefonato…” Ps: Nel corso dello scandalo cosiddetto “Moggiopoli”, giungono a Guido Rossi da tutt’italia segnalazioni su comportamenti illeciti tenuti da altre squadre (Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma ecc.). L’argonauta decide di perseguire penalmente chi segnala tali comportamenti perchè “INTRALCIA IL LAVORO DELLA GIUSTIZIA!!!” 2006 SEMPRE A PROPOSITO DELLO SCUDETTO DELL’ONESTA’ La senatrice Maria Burani Procaccini propone un’interrogazione al ministro dello sport Melandri. Avanza pesanti dubbi sul processo a Calciopoli e punta l’indice sul subcommissario della Figc, Paolo Nicoletti. “Scudetto 2005-2006 ai nerazzurri? Sarebbe uno scandalo visto che il vice commissario della Figc lavora per la famiglia Moratti”. Paolo è il figlio dell’avvocato Francesco Nicoletti, originario di Dipignano, in provincia di Cosenza, trasferitosi negli Anni Sessanta a Milano per divenire stretto collaboratore e legale di fiducia di Angelo Moratti. Nicoletti, dunque, è legato da rapporti professionali con la Saras della famiglia Moratti. Questo è un altro di quelli che faranno un calcio nuovo. • Passaporto falso di Recoba per passare da comunitario e superare i limiti al numero degli extra Moratti ha ottenuto da Guido Rossi (quello super partes) lo scudetto per un tributo all’onestà nerazzurra e “ha dimenticato” che il suo direttore generale Lele Oriali ed il suo pupillo Alvaro Recoba hanno da pochissimo patteggiato una pena per aver falsificato il passaporto (Recoba non aveva antenati in Europa) e ricettato patente rubata (quella di Recoba) e sono stati condannati a 6 mesi di carcere ciascuno (tramutata in pena pecuniaria di 21.420 euro). Moratti forse non ricorda che c’è un tetto all’ingaggio di extracomunitari e superare quel tetto significa voler imbrogliare chi, regolarmente, ne utilizza il numero consentito. Ps: Nel 2001 il St Etienne è retrocesso in B a causa della penalizzazione di 7 punti e della multa comminata per i passaporti falsi del brasiliano Alex e dell’ucraino Levitsky (ha impiegato 3 anni per risalire in Ligue 1) • Patente di Recoba risultata rubata alla motorizzazione di Latina (ricettazione) • Kallon fermato per nandrolone (l’Inter dichiara che lo usava per i brufoli) • Martins fermato dalla società stessa per ematocrito alto prima di Cagliari-Inter • Pagamento fideiussione fuori tempo 3 anni fa, ma poi, di nascosto, fatta risultare “regolare” tramite atto doloso (l’Inter sarebbe stata cancellata dal campionato ed oggi non esisterebbe più) • L’Inter nel 2006 è da tre mesi sotto inchiesta dalla procura di Milano per plusvalenze, inchiesta ancora in corso • L’Inter nel 2001 è stata sotto inchiesta dalla procura di Roma per plusvalenze, di quella inchiesta non si hanno più notizie • Mancini, il moralizzatore, che accetta (a Firenze) il patentino preso illecitamente grazie al sistema di cui parla male • Fidejussioni false firmate da Facchetti per la Reggina In una intervista del settimanale “OGGI” a Luciano Moggi: Ma è vero che esistono delle fideiussioni bancarie firmate da Facchetti per qualche società di calcio? Moggi: “L’ho scoperto leggendo una deposizione di Giuseppe Gazzoni Frascara, ex presidente del Bologna. Mi ha stupito molto. Gazzoni ha messo a verbale, davanti ai giudici, certe cose. Bisognerebbe chiederlo a lui, o a Facchetti o ai giudici. Certo è un bel mistero”. • Materazzi che, il 5 maggio 2002, chiede all’avversario in partita (la Lazio) di farli vincere (e dire che i laziali – a parte Poborsky – ci hanno pure provato…) • Incontri, mai negati, di Facchetti con Nucini – l’arbitro ha dichiarato di essere molto amico di Facchetti e di aver pranzato spesso con lui, si lamentava col “brindellone” di ostacoli alla sua carriera e chiedeva raccomandazioni (complimenti, proprio un arbitro super partes, con lui le squadre che incontravano l’Inter erano sicuramente tutelate) – La Juventus per motivazioni simili ha avuto: retrocessione in B, meno 17 in classifica, revoca di 2 scudetti, mancata partecipazione per almeno 3 anni alla Champions, obbligo di fatto a vendere tutta la squadra titolare – • Cene, mai negate, Facchetti-Bergamo a casa Bergamo, quando l’Inter andava a giocare in Toscana (addirittura Bergamo dichiara che Facchetti si fermava anche a dormire a casa sua, dove spesso parlavano delle griglie arbitrali) Riportiamo l’intervista a Bergamo nella trasmissione MATRIX di Enrico Mentana. Mentana domanda: “Signor Bergamo, in una telefonata con Moggi si parla di “una cena” con Giraudo a casa sua, Vorrei sapere oltre a loro ha invitato altri dirigenti a casa sua?” Bergamo risponde: “Certamente, venivano a casa mia molti dirigenti di società di calcio anche con le loro famiglie, in quanto legato da vecchie amicizie” Mentana: “Qual’era il dirigente che veniva più spesso a trovarla??” BERGAMO: “beh! per la verità, non posso nascondere che GIACINTO FACCHETTI e’ stato quello che più degli altri RICEVEVO IN CASA”! – La Juventus per motivazioni simili ha avuto: retrocessione in B, meno 17 in classifica, revoca di 2 scudetti, mancata partecipazione per almeno 3 anni alla Champions, obbligo di fatto a vendere tutta la squadra titolare – • Telefonate, innegabili, Facchetti-Pairetto – In una di queste si parla a lungo di biglietti di partite dell’Inter da consegnare a Pairetto e pronti nella sede dell’Inter che passerà a ritirare un certo Santambrogio. – La Juventus per motivazioni simili ha avuto: retrocessione in B, meno 17 in classifica, revoca di 2 scudetti, mancata partecipazione per almeno 3 anni alla Champions, obbligo di fatto a vendere tutta la squadra titolare – • Telefonate, mai negate, Moratti-Fazi – La Juventus per motivazioni simili ha avuto: retrocessione in B, meno 17 in classifica, revoca di 2 scudetti, mancata partecipazione per almeno 3 anni alla Champions, obbligo di fatto a vendere tutta la squadra titolare – • Telefonate Inter-Bergamo, nella trasmissione di Antenna3 del 11/09/2006 Bergamo dichiara di aver ricevuto telefonate dai dirigenti di tutte le squadre di A e si stupisce di come risultino intercettate solo le telefonate di Moggi La Juventus per motivazioni simili ha avuto: retrocessione in B, meno 17 in classifica, revoca di 2 scudetti, mancata partecipazione per almeno 3 anni alla Champions, obbligo di fatto a vendere tutta la squadra titolare – • Carta di identità di Daniele Bernazzani falsificata (abbassata l’età) e scoperta durante mondiale Fifa per giovanili (complimenti per la sportività) • Carta di identità di Massimo Pellegrini falsa (usato nome e cognome di altra persona) anche lui aveva superato il limite massimo di età (ancora complimenti) 1910 (SPAREGGIO TRUCCATO) Nel 1910 successe che la Federazione (casualmente…) scelse, in prima istanza, una data per la finale scudetto Pro Vercelli-Inter. Guarda caso in quella data tutta la squadra titolare della Pro Vercelli era già impegnata con la Nazionale Militare. La Pro Vercelli chiese quindi ovviamente lo spostamento della finale scudetto. La Federazione rispose che a loro andava bene se anche l’Inter avesse accettato. L’Inter, scandalosamente, RISPOSE DI NO e la Federazione non esitò a mantenere la data stabilita, del tutto inadeguata. La Pro Vercelli, giustamente indignata per questo gesto vergognoso, mandò in campo la 4^ squadra (i bambini di 11 anni!!!!). L’Inter vinse la partita 10-3 (riuscendo però a prendere 3 gol dai bambini!!) e vinse in questo modo il suo primo scudetto. Tra il primo e l’ultimo cambiano i metodi, non cambiano le furbate. 1922 (SALVEZZA A TAVOLINO) Nel 1922 l’Inter arriva ultima, meno punti di tutti, meno gol fatti e più gol subiti. A fine campionato si decide che invece di far salire le squadre che ne hanno diritto bisogna fare i play-out. Non basta. All’Inter viene data come avversario l’Alta Italia, squadra però già fallita da settimane, per cui vince gli scontri diretti a tavolino! 1961 SCARSA SPORTIVITA’ Nel 1961 l’Inter protesta perchè la partita Juve-Inter viene fatta ripetere anzichè essere assegnata all’Inter a tavolino per sfondamento delle recinzioni del pubblico che stava troppo stretto e si era portato a bordo campo. Quando viene disputato il recupero della partita (ultima di quel campionato) l’Inter aveva già perso lo scudetto in quanto era a 3 punti dalla Juve capolista (una vittoria valeva 2 punti). Allora molto sportivamente e con il solito seguito di lacrime manda in campo la squadra primavera e perde 9-1! -MARTINS ERA DISPOSTO A RACCONTARE AI GIORNALI DELLE ESTERNAZIONI DI MANCINI ALLA SQUADRA SULL’IMMINENTE CALCIOPOLI. POI NON SI E’ SAPUTO PIU’ NIENTE. E’ STATO MESSO A TACERE? PECCATO! AVREBBE PROVATO CHE MANCINI GIA’ SAPEVA DELLE INTERCETTAZIONI CHE VENIVANO RACCOLTE AI DANNI DI TUTTO IL CALCIO ITALIANO. IL FATTO SI SAPEVA E ANCHE MOGGI LO HA ACCENNATO IN ALCUNE INTERVISTE, MA CON LA TESTIMONIANZA DI MARTINS SAREBBE STATO PROVATO. -ADRIANO Avete letto dello scandalo di ADRIANO? Le foto del festino sono state offerte a vari giornali italiani, che le hanno rifiutate. Hanno tentato di mettere tutto a tacere! Adriano fuma al suo party “Sì, sono io, ho solo 24 anni…” L’autore degli scatti avrebbe comunque contattato alcuni giornali italiani, che però avrebbero rifiutato di comprarle. Qualcuno poi deve averle comprate ugualmente ed io come voi le ho viste sul tuttosport. ALLA FINE TUTTO è VENUTO FUORI… -Nel 1971, durante un quarto di finale di Coppa dei Campioni, in Germania contro il Borussia di Muncenglbact, ad inizio ripresa con il risultato ormai pesantemente compromesso, piovve improvvisamente una lattina sul capo di Boninsegna il quale rimase a terra arrotolandosi dal dolore. La gara terminò con il risultato di 7 a 1 per il Borussia. L’Inter fece ricorso sull’accaduto ed anche se le cose apparvero ai più molto strane, (al tempo non esistevano telecamere dietro agli angoli) il peso politico della società neroazzurra sui parrucconi dell’UEFA rispetto ad una piccola provinciale quale erano i Tedeschi, permise la ripetizione della gara che finì per eliminare il Borussia sconfitto poi sul proprio campo. Alcuni anni più tardi, alcuni protagonisti dell’Inter di quella vicenda, (si sanno anche i nomi) ammisero che grazie un abile trucco, riuscirono ad imbrogliare le carte. Nemmeno queste dichiarazioni bastarono nel tempo poi, a punire l’Inter perchè i fatti come spesso accade, caddero in prescrizione. – Peruzzi fa fare il gol a Vieri più finto della storia del calcio il 5 maggio, dopo telefonata da sede Inter (a Peruzzi) il 4 maggio – Tempo fa… irruzione della polizia in un bordello dove vengono scoperti e verbalizzati sei giocatori nerazzurri, l’Inter il giorno dopo emette un menzognero comunicato in cui nega il fatto; inchiodata dai verbali l’allenatore due giorni dopo non può che ammettere che i sei puttanieri sono giocatori dell’Inter -Genoa-Inter 2-3 insabbiata anno 1983 (Bagni dichiarò che la partita era truccata)
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TUTTE COSE VERE, PERO’ QUANTO ERA FORTE L’INTER DEGLI ANNI 60 !
ECCO LA TESTIMONIANZA ALLUCINANTE DI FERRUCCIO MAZZOLA.
La pillola misteriosa di Herrera MILANO – Pillole nel caffè. Che Herrera dava ai giocatori. Molti dei quali sono morti. Un ex racconta il doping della Grande Inter. E chiama in aula tutti i campioni di allora colloquio con Ferruccio Mazzola. Sono campioni che hanno fatto la storia del calcio italiano quelli che passeranno, uno dopo l’altro, in un’aula del tribunale di Roma a parlare di doping. Come Giacinto Facchetti, splendido terzino sinistro; o come Sandro Mazzola, Mariolino Corso, Luis Suarez. E ancora: Tarcisio Burnich, Gianfranco Bedin, Angelo Domenghini, Aristide Guarneri. Tutti chiamati a testimoniare da un loro compagno di squadra di allora, Ferruccio Mazzola, fratello minore di Sandro, che vuole sentire dalla loro voce – e sotto giuramento – la verità su quella Grande Inter che negli anni ’60 vinse in Italia e nel mondo. «Non l’ho cercato io, questo processo: mi ci hanno tirato dentro. Ma adesso deve venire fuori tutto», dice Ferruccio. A che cosa si riferisce, Mazzola? «Sono stato in quell’Inter anch’io, anche se ho giocato poco come titolare. Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l’allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. Qualcuno le prendeva, qualcuno le sputava di nascosto. Fu mio fratello Sandro a dirmi: se non vuoi mandarla giù, vai in bagno e buttala via. Così facevano in molti. Poi però un giorno Herrera si accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè. Da quel giorno “il caffè” di Herrera divenne una prassi all’Inter». Cosa c’era in quelle pasticche? «Con certezza non lo so, ma credo fossero anfetamine. Una volta dopo quel caffè, era un Como-Inter del 1967, sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico. Oggi tutti negano, incredibilmente. Perfino Sandro…». Suo fratello? «Sì. Sandro e io, da quando ho deciso di tirare fuori questa storia, non ci parliamo più. Lui dice che i panni sporchi si lavano in famiglia. Io invece credo che sia giusto dirle queste cose, anche per i miei compagni di allora che si sono ammalati e magari ci hanno lasciato la pelle. Tanti, troppi…». A chi si riferisce? «Il primo è stato Armando Picchi, il capitano di quella squadra, morto a 36 anni di tumore alla colonna vertebrale. Poi è stato il turno di Marcello Giusti, che giocava nelle riserve, ucciso da un cancro al cervello alla fine degli anni ’90. Carlo Tagnin, uno che le pasticche non le rifiutava mai perché non era un fuoriclasse e voleva allungarsi la carriera correndo come un ragazzino, è morto di osteosarcoma nel 2000. Mauro Bicicli se n’è andato nel 2001 per un tumore al fegato. Ferdinando Miniussi, il portiere di riserva, è morto nel 2002 per una cirrosi epatica evoluta da epatite C. Enea Masiero, all’Inter tra il ’55 e il ’64, sta facendo la chemioterapia. Pino Longoni, che è passato per le giovanili dell’Inter prima di andare alla Fiorentina, ha una vasculopatia ed è su una sedia a rotelle, senza speranze di guarigione…». A parte Picchi e forse Tagnin, gli altri sono nomi meno noti rispetto ai grandi campioni. «Perché le riserve ne prendevano di più, di quelle pasticchette bianche. Gliel’ho detto, noi panchinari facevamo da cavie. Ne ho parlato per la prima volta qualche mese fa nella mia autobiografia (“Il terzo incomodo”, scritto con Fabrizio Càlzia, Bradipolibri 2004, ndr), che ha portato al processo di Roma». Perché? «Perché dopo la pubblicazione di quel libro mi è arrivata la querela per diffamazione firmata da Facchetti, nella sua qualità di presidente dell’Inter. Vogliono andare davanti al giudice? Benissimo: il 19 novembre ci sarà la seconda udienza e chiederemo che tutti i giocatori della squadra di allora, intendo dire quelli che sono ancora vivi, vengano in tribunale a testimoniare. Voglio vedere se sotto giuramento avranno il coraggio di non dire la verità». Ma lei di Facchetti non era amico? «Sì, ma lasciamo perdere Facchetti, non voglio dire niente su di lui. Sarebbero cose troppo pesanti». Pensa che dal dibattimento uscirà un’immagine diversa dell’Inter vincente di quegli anni? «Non lo so, non mi interessa. Se avessi voluto davvero fare del male all’Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere…». Ma era solo nell’Inter che ci si dopava in quegli anni? «Certo che no. Io sono stato anche nella Fiorentina e nella Lazio, quindi posso parlare direttamente anche di quelle esperienze. A Firenze, il sabato mattina, passavano o il massaggiatore o il medico sociale e ci facevano fare delle flebo, le stesse di cui parlava Bruno Beatrice a sua moglie. Io ero in camera con Giancarlo De Sisti e le prendevamo insieme. Non che fossero obbligatorie, ma chi non le prendeva poi difficilmente giocava. Di quella squadra, ormai si sa, oltre a Bruno Beatrice sono morti Ugo Ferrante (arresto cardiaco nel 2003) e Nello Saltutti (carcinoma nel 2004). Altri hanno avuto malattie gravissime, come Mimmo Caso, Massimo Mattolini, lo stesso De Sisti…». De Sisti smentisce di essersi dopato. «”Picchio” in televisione dice una cosa, quando siamo fuori insieme a fumare una sigaretta ne dice un’altra…». E alla Lazio? «Lì ci davano il Villescon, un farmaco che non faceva sentire la fatica. Arrivava direttamente dalla farmacia. Roba che ti faceva andare come un treno». Altre squadre? «Quando Herrera passò alla Roma, portò gli stessi metodi che aveva usato all’Inter. Di che cosa pensa che sia morto il centravanti giallorosso Giuliano Taccola, a 26 anni, durante una trasferta a Cagliari, nel ’69?». Ma secondo lei perché ancora adesso nessuno parlerebbe? Ormai sono – siete – tutti uomini di sessant’anni…«Quelli che stanno ancora nel calcio non vogliono esporsi, hanno paura di rimanere tagliati fuori dal giro. Sono tutti legati a un sistema, non vogliono perdere i loro privilegi, andare in tv, e così via. Prenda mio fratello: è stato trattato malissimo dall’Inter, l’hanno cacciato via in una maniera orrenda e gli hanno perfino tolto la tessera onoraria per entrare a San Siro, ma lui ha lo stesso paura di inimicarsi i dirigenti nerazzurri e ne parla sempre benissimo in tv. Mariolino Corso, uno che pure ha avuto gravi problemi cardiaci proprio per quelle pasticchette, va in giro a dire che non mi conosce nemmeno. Anche Angelillo, che è stato malissimo al cuore, non vuole dire niente: sa, lui lavora ancora come osservatore per l’Inter. A parlare di quegli anni sono solo i parenti di chi se n’è andato, come Gabriella Beatrice o Alessio Saltutti, il figlio di Nello. È con loro che, grazie all’avvocato della signora Beatrice, Odo Lombardo, ora sta nascendo un’associazione di vittime del doping nel calcio». Certo, se un grande campione come suo fratello fosse dalla vostra parte, la vostra battaglia avrebbe un testimonial straordinario… «Per dirla chiaramente, Sandro non ha le palle per fare una cosa così». E oggi secondo lei il doping c’è ancora? «Sì, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono controlli: lì si bombano come bestie. Quello che più mi fa male però sono i ragazzini…». I ragazzini? «Ormai iniziano a dare pillole e beveroni a partire dai 14-15 anni. Io lavoro con la squadra della Borghesiana, a Roma, dove gioca anche mio figlio Michele, e dico sempre ai ragazzi di stare attenti anche al tè caldo, se non sanno cosa c’è dentro. Ho fatto anche una deposizione per il tribunale dei minori di Milano: stanno arrivando decine di denunce di padri e madri i cui figli prendono roba strana, magari corrono come dei matti in campo e poi si addormentano sul banco il giorno dopo, a scuola. Ecco, è per loro che io sto tirando fuori tutto.
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1991 LA COPPA COMPRATA
Tratto da “Indagine sul calcio” di O.Beha e A. De Caro L’8 maggio del 1991 a San Siro si gioca l’andata della finale della coppa Uefa Inter-Roma. Partita strana: normale per tutto il primo tempo, in bianco; nel secondo l’arbitro russo con il cognome da medicinale, SPIRIN, decide di animare la partita e dà un rigore all’apparenza inventato che Matthaus realizza. Finirà due a zero. Negli spogliatoi il tecnico della Roma, Bianchi, e alcuni giocatori, a partire da Giannini, contestano la giustezza del rigore. Ma appunto, succede. Succede anche, però, che ormai 15 anni dopo, il figlio di Viola, Ettore, allora punto di riferimento per il club ad interim presieduto da sua madre, ci racconti una storia veramente interessante. «La finale con l’Inter? L’ho persa io. Mi proposero di comprare l’arbitro. Fu una mediatrice russa che lavorava in Italia e frequentava anche l’ambiente del calcio ad avvicinarmi per dirmi che Spirin era accomodabile: con 150.000 dollari si vinceva la partita. Io dissi no per due ragioni. La prima era legata all’illecito ovviamente, la seconda è che la Roma era già di fatto passata di mano. Avevamo concluso il passaggio di proprietà a Ciarrapico e francamente di rischiare io per regalare a lui la gioia di una coppa proprio non mi andava… Quello che non potevo immaginare e che invece poi mi è apparso chiaro è che qualcun altro accettò la proposta della mediatrice… Alla fine della partita ero nervosissimo. La squadra aveva giocato bene ma era stata punita da decisioni molto discutibili. Negli spogliatoi del Meazza incrociai proprio la mediatrice, bastò uno sguardo. Lei mi vide allargò leggermente spalle e braccia senza dire una parola. Un modo come un altro per farmi capire che qualcun altro aveva detto sì… e questo era il risultato. Hai visto, potevi farlo tu… lessi nel suo sguardo. E così la Roma perse quella Coppa Uefa» Ps: nei sedicesimi di finale di quell’anno l’Inter aveva perso con l’Aston Villa la partita di andata per 0-2. Nel ritorno di San Siro riuscì clamorosamente a ribaltare il risultato vincendo 3-0. Sapete chi era l’arbitro di quell’incontro: un certo SPIRIN. PS: Coppa Uefa 1992/93 Torino – IK Norkkoping 3-0, arbitro SPIRIN, c’erano e ci sono molte chiacchere in giro, alcune da autorevoli personaggi del panorama calcistico, che parlano di una proposta di mediazione da parte della FC Internazionale tra l’abitro Spirin e la Torino Calcio (ormai l’Inter e Spirin erano diventati una cosa sola).
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ANGELO MORATTI IMBROGLIONE?
(tratto dal Times del 02/09/2006 – di Emilio Marrese da Repubblica.it) Angelo Moratti era un imbroglione e l’unica cosa buona che si possa dire di suo figlio Massimo è che s’è messo alle spalle le malefatte del padre. Questo è quanto incredibilmente sostenuto sabato dal londinese Times che ha ripreso – nella rubrica di Brian Glanville titolata sulla “storia gloriosa ma macchiata” dell’Inter – la confessione dell’arbitro ungherese Gyorgi Vadas su un tentativo di corruzione da parte di Moratti senior prima della semifinale di Coppa Campioni col Real Madrid del 20 aprile ’66: denaro, orologi d’oro ed elettrodomestici in cambio di rigori. Il quotidiano scrive che “le vittorie dell’Inter degli anni ’60 furono frutto di corruzione e imbrogli nei quali Angelo Moratti giocò un ruolo cruciale in un sistema messo in piedi da due uomini ora deceduti: Deszo Holti, faccendiere ungherese, e Italo Allodi”, definito “serpentine”. L’Inter, si sostiene, fece offerte per tre anni consecutivi agli arbitri delle semifinali e le prime due volte, nel ’64 e ’65, la cosa funzionò, ai danni di Borussia e Liverpool. La terza no, perché Vadas (le cui rivelazioni furono pubblicate nel libro di un giornalista ungherese), rifiutò una somma con cui avrebbe potuto comprarsi 5 Mercedes: 10 per un rigore all’ultimo minuto, addirittura 25 per un rigore ai supplementari. Il giorno della partita Vadas fu ospite di Moratti nella sua villa e ricevette un orologio d’oro. Moratti promise anche televisori ed elettrodomestici. Ma Vadas non aiutò i nerazzurri a rimontare lo 0-1 dell’andata, la gara finì 1-1 e fu la sua ultima apparizione internazionale. L’articolist a del Times si chiede infine il perché di questo strano debole degli italiani per i “condottieri” alla Moratti. Una bella palata di fango su vivi e morti. SEMPRE PERIODO “HERRERA-MORATTI SENIOR” Rino Tommasi racconta: “…. Chi ha buona memoria oppure una certa età ricorderà che negli anni sessanta l’Inter di Herrera rimase 99 PARTITE SENZA VEDERSI ASSEGNARE UN RIGORE CONTRO. Quella serie fu interrotta il 19 marzo 1967 all’ Olimpico da Concetto Lo Bello che assegnò alla Roma un rigore che però il tedesco Jurgen Schultz sbagliò colpendo la traversa… …Sempre nella stessa partita un episodio che mi era sfuggito dalla tribuna ma che lo stesso Lo Bello mi ha raccontato in una cena molti anni dopo. Ad un certo punto Armando Picchi colpì con un pugno Schultz. Lo Bello non se ne accorse ma il segnalinee attirò la sua attenzione. Lo Bello corse da lui e tornando al centro dell’area disse. “Armandino, mi sa che te ne devi “andare”. D’accordo, gli rispose il giocatore, però s’esce in due”. Fuori tutt’e due, Picchi e l’incolpevole tedesco. Questi era Concetto Lo Bello.” ANCORA PERIODO “HERRERA-MORATTI SENIOR” La truffa al Bologna Da un’intervista a Bulgarelli. Bulgarelli, sono passati più di quarant’anni ma sembra che nel mondo del calcio non sia cambiato niente. Che cosa ricorda di quei giorni del 1964? “Alla vigilia dell’incontro di San Siro contro il Milan Fulvio Bernardini, il nostro allenatore, ci disse che se avessimo vinto sarebbe successo qualcosa di grave. Noi non capimmo a che cosa si riferisse e scoppiammo a ridere. Vincemmo 2-1, ma pochi giorni dopo Pavinato, Fogli, Tumburus, Perani e Pascutti furono trovati positivi al controllo antidoping relativo alla partita contro il Torino, che battemmo per 4-1. Una cosa ridicola, eravamo puliti, e le controanalisi lo dimostrarono. In tutti i campi d’Italia, però, ci chiamavano drogati. Se avessimo davvero assunto sostanze proibite, avremmo rischiato pesanti conseguenze dal punto di vista fisico”. Poi le manifestazioni di piazza in vostro favore, la riabilitazione e lo spareggio contro l’Inter. Quanto contribuì la reazione della città in vostro favore? “L’affetto della gente fu straordinario e ci diede una grande forza d’animo per andare avanti. L’atmosfera del giorno dello spareggio fu unica: non c’era la diretta televisiva, molti bolognesi si ritrovarono sui colli e la città era avvolta da uno strano silenzio. La paura era destinata a passare: vincemmo, e portammo a casa un meritatissimo scudetto. Fu molto importante anche l’appoggio della stampa (Il Resto del Carlino e Stadio, all’epoca stampato proprio a Bologna, si mobilitarono per una campagna in favore dei giocatori rossoblù, ndr): senza l’apporto di tanti bravi giornalisti forse il nostro caso non avrebbe avuto la stessa risonanza”. ENNESIMAMENTE PERIODO “HERRERA-MORATTI SENIOR” Nel campionato 1960/61, l’Inter stabilisce il record di avere 2 rigori a favore (entrambi ovviamente regalati) nel giro di due minuti. Si tratta dell’incontro Fiorentina-Inter. I viola sono in vantaggio per 1-0, quando l’arbitro Concetto Lo Bello, servo di Angelo Moratti, si inventa un rigore per l’Inter, che viene sbagliato. Comprensibilmente infastidito per il furto subito, un giocatore viola, a gioco fermo (!!!) ironizza con Lo Bello, e in un momento di pausa del gioco dà una tiratina di maglia ironica a un interista dicendo a Lo Bello: “Ma se era rigore quello, allora è rigore anche questo!!”, e Lo Bello risponde: “Esatto, è rigore!!” e regala il secondo rigore (stavolta realizzato) all’Inter, neanche due minuti dopo il primo, scatenando la ovvia furia del Comunale di Firenze. La partita finisce 1-1 e Lo Bello deve lasciare lo stadio scortato dalla polizia. • DECRETO SPALMADEBITI UTILIZZATO DA TUTTE LE SQUADRE (INTER IN PRIMIS) MENO CHE DALLA JUVENTUS (permette di pagare ratealmente senza interessi – le famose 2000 rate a interessi zero) • I “moralizzatori” nerazzurri hanno forse dimenticato di aver chiuso con la Juventus di Moggi l’”affare” Carini/Cannavaro. Ambedue le squadre HANNO ASCRITTO A BILANCIO 10 MILIONI DI EURO IN ENTRATA/USCITA dando seguito a pessime consolidate consuetudini (o all’Inter erano moralmente consentite?). • INTER-CETTAZIONI “NERAZZURRE” TELECOM (la più grande organizzazione spionistica illegale mai messa in piedi in Italia: Moratti Massimo e Tronchetti Provera Marco avevano messo su una bella associazione a delinquere. Tutti i protagonisti di “Moggiopoli” si sono chiesti come sia stato possibile intercettare Moggi e da questi Bergamo, Pairetto, ecc. e da migliaia di telefonate non ne sia venuta fuori una di Moratti, di Tronchetti Provera o dei loro accoliti. Bergamo stesso dichiara pubblicamente di aver ricevuto telefonate dei dirigenti Inter, ma nessuno ne sa niente (forse hanno perso i tabulati….). Poi, pensandoci un pò su, si nota che: Massimo Moratti è azionista Telecom, Marco Tronchetti Provera era presidente Telecom e principale azionista Inter (attraverso il gruppo Pirelli), Guido Rossi diventa presidente dopo Tronchetti Provera dopo essere stato consigliere Inter, Carlo Buora è vice-presidente Telecom ed è anche vice-presidente Inter, ma a pensar male si fa peccato….. • Dirigenti interisti, nell’estate 2006 dichiarano di AVER FATTO PEDINARE DE SANTIS DA UN INVESTIGATORE PRIVATO, cosa hanno trovato? Lo hanno trovato che annullava un gol regolare di Trezeguet nella finale della Supercoppa Italiana. A tal proposito, da un articolo di Giuseppe D’Avanzo su Repubblica del 23 maggio 2006, si rimanda a Emanuele Cipriani – boss investigativo che, su input dell’Inter di Massimo Moratti e ordine di Marco Tronchetti Provera, raccoglie un dossier sull’arbitro romano e sua moglie, su Mariano Fabiani del Messina e Luigi Pavarese del Catanzaro. Successivamente (scandalo intercettazioni illegali Telecom) si viene a sapere che si spiavano anche Bobo Vieri (allora giocatore dell’Inter) e Fabio Capello (allenatore della Roma prima e della Juve poi) ed erano tenuti sotto controllo i telefoni della F.I.G.C., della F.C. Juventus, e che la società di Moratti ha pagato milioni di euro alla società “Polis d’Istinto” per i vari pedinamenti. (la ricevuta di un pagamento intestata a “F.C. Internazionale Milano”, è stata ritrovata dagli inquirenti presso la sede inglese della Worldwide Consultant Security, una delle scatole vuote estere messe in piedi da Emanuele Cipriani per ricevere con discrezione il denaro dai suoi importanti clienti) • Nucini racconta a Facchetti di “metodi speciali” utilizzati da Moggi per condizionare gli arbitri, ma L’ARBITRO, convocato in procura, NON E’ IN GRADO DI FORNIRE PROVA DI TALI COMPORTAMENTI, allora Moratti, per non compromettere Facchetti, intimo confessore di Danilo Nucini, ordina di lasciar perdere, preferendo affidare a spie professioniste ulteriori indagini (VEDI SOPRA) Giuseppe D’Avanzo su Repubblica del 23 maggio 2006 (complimenti a Nucini novello Mata-Hari, ma non era un arbitro?) • CRISI EPILETTICHE DI RONALDO A PARIGI (ma erano stati quelli del Brasile a doparlo, gli interisti quelle cose mica le fanno) • DICHIARAZIONI DI WOME SULLE SOSTANZE ASSUNTE IN CASA INTER (dopo ritrattate perchè sicuramente false – garantisce Bellicapelli Mancini)
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DOVE PRENDE I SOLDI DI MORATTI?
I soldi per comprare i giocatori dell’Inter Massimo Moratti li prende da qui, da questo piccolo paese sulle coste sarde. Ma non sentitevi esclusi: anche voi contribuite a investire sulla squadra. Ogni volta che pagate la bolletta della luce. Sarroch è in provincia di Cagliari. Vi sorge lo stabilimento di raffinazione della Saras, la società di famiglia dei petrolieri Moratti, fondata nel 1962 da papà Angelo (già presidente dell’Inter). Dal satellite si vede che l’impianto è di gran lunga più vasto dell’agglomerato urbano. È sulla costa, per permettere l’attracco delle petroliere: un quarto del petrolio trasportato via nave nel mondo passa di qua, dal mare della Sardegna. È la più grande raffineria di petrolio del Mediterraneo per capacità produttiva: 15 milioni di tonnellate l’anno di petrolio grezzo trattato, che per la maggior parte viene da Libia e Mare del Nord. Tra i clienti Shell, Repsol, Total, Eni, Q8, Tamoil. I conti di Saras sono ottimi: 5,5 miliardi di euro di ricavi nel 2005, un bel più 48% rispetto al 2004, e utili per 332 milioni (ancora: più 47% sul 2004). E nei primi mesi del 2006 le cose marciano anche meglio, con risultati netti che raddoppiano rispetto allo stesso periodo del 2005. Saras dà lavoro a 1.600 persone. Ma il vero gioiello dell’azienda sta nell’angolo sudorientale dell’impianto: è la centrale elettrica Sarlux. La Sarlux è una società posseduta al 100% da Saras. La centrale produce energia elettrica bruciando gli scarti di lavorazione che la Saras produce raffinando il petrolio. Questo scarto si chiama TAR, detto anche “olio combustibile pesante”, una pece semi solida che potrebbe essere utilizzata per fare bitume, e che per essere bruciata viene gassificata e irrorata di ossigeno. È un combustibile altamente inquinante, molto più del metano di solito utilizzato nelle centrali elettriche. L’impianto brucia 150 tonnellate di tar l’ora. Oltre a CO2, ossidi di azoto ed emissioni varie, a fine anno la combustione lascia in dote 1.400 tonnellate di scarti tra zolfo e concentrati di metalli, come il vanadio e il nichel. L’energia prodotta dalla centrale Sarlux viene tutta comprata da un ente pubblico, il Gestore del sistema elettrico (Grtn), che la paga il doppio di quanto varrebbe sul mercato. Questo accade perché per la legge italiana l’impianto Sarlux è un impianto “assimilato” alle fonti rinnovabili, e per tanto va incentivato come queste ultime. Come sia possibile che una centrale che brucia scarti della lavorazione del petrolio sia pagata come fosse un impianto a energia solare lo dobbiamo al famigerato provvedimento Cip6 (comitato interministeriale prezzi) del 1992. All’epoca il governo decise di agevolare la costruzione di impianti rinnovabili garantendo di comperare (all’epoca attraverso Enel) elettricità a un prezzo più alto, il doppio e in alcuni casi il triplo, e destinando alla collettività, attraverso le bollette, l’onere del sostentamento dell’energia pulita. Ma poi allargò questa opportunità anche a un numero limitato di altre centrali che utilizzavano fonti che definì “assimilate”, e che di rinnovabile non avevano nulla: per la precisione gas, carbone, tar, rifiuti. Da allora gli italiani pagano anche il 10% in più in bolletta pensando di contribuire alla diffusione di energia pulita. Invece l’80% di quei contributi finisce a impianti come quello dei Moratti. Per il 2005 parliamo di un totale di oltre 3,1 miliardi di euro (erano 2,3 miliardi nel 2004). Oggi il meccanismo Cip6 è stato superato da quello dei certificati verdi nato nel 1999, che non prevede fonti “assimilate”, ma le convenzioni stipulate nel passato sono ancora per la maggior parte attive. Sarlux non è l’unica a trarre vantaggio da questa situazione. L’elenco dei beneficiari non è pubblico, ma sappiamo che metà della torta Cip6 finisce a Edison, che appartiene ai francesi della Edf. Anche altri petrolieri, come i Garrone di Erg o i Brachetti Peretti di Api godono delle incentivazioni con impianti simili, che producono cioè elettricità bruciando scarti della lavorazione del petrolio. Ma l’impianto dei Moratti ha qualche particolarità interessante: la prima, è che è uno dei più grandi, con i suoi 575 megawatt di potenza e 4 miliardi di kilowattora prodotti l’anno. La seconda particolarità è che è tra gli ultimi ad aver avuto accesso agli incentivi, visto che la convenzione è partita l’8 gennaio 2001. Tra l’altro la convenzione di Sarlux dura 20 anni, cinque in più rispetto a quanto stabilito dal provvedimento Cip6. Stando alle analisi della società, il prestito di oltre un miliardo di euro stipulato nel 1996 con Banca Intesa e Banca europea per gli investimenti per costruire l’impianto dovrebbe essere ammortizzato entro il 2011. Poi saranno dieci anni di guadagno netto. Un paradosso ulteriore è che più cresce il prezzo del petrolio, lo stesso che i Moratti vendono pochi metri più in là, maggiore è il contributo che lo Stato riconosce all’impianto Sarlux in quanto fonte “assimilata” alle rinnovabili. Sarlux è strategica per i Moratti, tanto che anche nella fase di approvvigionamento del petrolio grezzo si tiene conto delle esigenze della centrale. È vero, rispetto al fatturato del gruppo i ricavi equivalgono solo a un decimo, ma gli utili di Saras sono per oltre il 36% riconducibili alla centrale elettrica (122 milioni di euro su 332). Senza gli incentivi produrre elettricità costerebbe moltissimo, molto più di quanto si guadagnerebbe vendendola (solo per l’ossigeno impiegato per la combustione Sarlux spende 50 milioni di euro l’anno). E se non vengono bruciati, gli scarti di lavorazione si tramutano, da fonte di guadagno, in un costo, perché sono rifiuti speciali e vanno smaltiti adeguatamente. A maggio Massimo e Gian Marco Moratti, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Saras, hanno messo in vendita le azioni della società che detenevano a titolo personale, facendo sbarcare l’azienda in Borsa. Oggi il 40% di Saras è in mano al mercato. I fratelli avranno comunque il controllo dell’azienda attraverso la finanziaria di famiglia Angelo Moratti s.a.p.a., che mantiene il 60% delle azioni. La vendita di azioni ha fruttato ai fratelli poco meno di un miliardo di euro ciascuno. Immaginiamo che parte di questi soldi verranno investiti su qualche buon giocatore. Le azioni, vendute a 6 euro l’una, per lotti minimi di 600 azioni, sono andate a ruba. Il giorno dopo il debutto a piazza Affari, però, il titolo è crollato del 10%. A fine luglio chi ha investito in Saras perdeva il 20% (un’azione era quotata 4,8 euro). Per gli 80 mila investitori che hanno creduto in Saras non resta che sperare nel campionato. Gli altri nomi dei “debitori”. Non solo Moratti. In Italia esistono almeno altre due centrali elettriche che bruciano scarti della lavorazione del petrolio e vengono incentivate come fossero fonti rinnovabili. La prima è a Priolo Gargallo (Siracusa), e appartiene alla IsabEnergy, a sua volta controllata dalla Erg della famiglia genovese dei Garrone. Anche in questo caso la centrale sorge accanto all’impianto di raffinazione. Nel 2005 IsabEnergy ha fatturato 522 milioni di euro (44 in più rispetto al 2004), almeno 300 dei quali derivanti dagli incentivi Cip6. Per la società significano 94 milioni di euro di utili, che forse serviranno a comprare giocatori alla Sampdoria, di cui Garrone è proprietario. L’altro impianto è a Falconara Marittima (Ancona), e appartiene alla Api della famiglia dei conti Brachetti Peretti che a Falconara hanno una raffineria da 3,9 milioni di tonnellate l’anno di petrolio. Per loro almeno 150 milioni in sovvenzioni Cip6, su un fatturato del gruppo di 2,7 miliardi di euro e utili (raddoppiati in un anno) di 96 milioni. In Francia metà della torta I veri protagonisti dell’affare Cip6 sono i francesi di Edison, ai quali finisce oltre la metà dei contributi italiani per le fonti cosiddette “assimilate” alle rinnovabili. Delle 27 centrali elettriche Edison operanti sul territorio italiano, ben 19 sono incentivate anche se bruciano combustibile fossile. L’unica (magra) consolazione è che si tratta di metano, che tra gli idrocarburi è il meno inquinante. Nel 2005 Edison ha fatturato circa 5 miliardi di euro (più 16% rispetto al 2004): di questi, almeno un miliardo e mezzo sono sovvenzioni. Dopo essere stata controllata da Montedison prima e da Fiat poi, oggi Edison è in mano ai francesi di Edf, il colosso energetico statale. Formalmente la proprietà è della società “Transalpina di energia” che detiene il 71% delle azioni Edison. A sua volta, Transalpina è per il 50% di Edf, e per la restante metà della Delmi, controllata al 51% dall’Aem di Milano. Il resto delle azioni Edison sono detenute direttamente da Edf (17%) e quotate sul mercato (12%). La vita elettrica di Sarlux 1992: il Comitato interministeriale deiprezzi vara il provvedimento numero 6 per incentivare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e “assimilate”. 1995: Sarlux nasce da una joint venture tra Saras ed Enron. 1996: Sarlux ottiene dalle banche i finanziamenti (un miliardo di euro) necessari per la costruzione dell’impianto di Sarroch. 1999/2000: la centrale elettrica entra in funzione. 8 gennaio 2001: inizia la convenzione tra Sarlux ed Enel (cui subentrerà nel ‘99 il Grtn) per l’acquisto di energia incentivata Cip6. La convenzione durerà fino al 2021. 18 aprile 2006: Saras vince un procedimento arbitrale con Enron e conferma il controllo del 100% di Sarlux. 18 maggio 2006: Saras (che controlla il 100% di Sarlux) viene quotata in Borsa. I conti in tasca. Nostra L’80% della popolazione italiana paga una bolletta simile a quella riprodotta qui in basso. Tecnicamente si parla di “mercato vincolato” per i clienti “domestici”, perché le tariffe sono decise dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Di solito la potenza di erogazione è di 3 kilowatt e la tariffa applicata è la cosiddetta D2, che prevede tre corrispettivi: uno fisso non legato né alla potenza impegnata né al consumo, uno legato alla potenza e l’ultimo, il più importante, legato a quanto consumato. Dal 1° luglio 2007 anche il mercato domestico sarà completamente libero. GUADAGNI IN FORSE Cambiamenti in vista sui guadagni di Moratti. (si spera) Saras: commento a delibera CIP6 (Teleborsa) – Roma, 17 nov – Saras informa che, con la delibera 15 novembre 2006 n. 249/06, l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ha modificato il criterio di aggiornamento di una componente (il costo evitato di combustibile) del prezzo di cessione dell’energia elettrica prodotta da impianti CIP6, tra cui quello di proprietà della propria controllata Sarlux. Saras, si legge nella nota, ritiene che “la delibera sopra richiamata sia viziata sotto più profili da aspetti di illegittimità e informa che, di conseguenza, Sarlux si riserva di impugnare il provvedimento nelle sedi competenti e di assumere ogni altra iniziativa che dovesse risultare opportuna per la tutela dei propri diritti”. “Qualora – conclude la nota – nonostante le azioni di tutela legale, la delibera dovesse essere confermata, Saras stima in via preliminare che l’impatto negativo sull’ Ebitda del Gruppo possa essere compreso tra 20 e 30 milioni di Euro per anno”.
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APPROFON DIMENTO SPECIALE IL PASSAPORTO DI RECOBA
La vera storia del passaporto di Recoba Il documento falso venne pagato ottantamila dollari: i vertici della società erano stati informati da Oriali Pubblichiamo ampi stralci della sentenza della Commissione disciplinare della Lega Calcio relativi al “caso Recoba passaporto falso”, che il 27 giugno 2001 stabilì le seguenti pene: squalifica fino al 30 giugno 2002 per Alvaro Recoba, inibizione fino al 30 giugno 2002 per Gabriele Oriali, inibizione fino al 31 marzo 2002 per Franco Baldini, oltre a una sanzione di due miliardi di lire per la società nerazzurra. Ma questo è solo il primo atto dell’intricata vicenda. La pena per il giocatore venne confermata dalla Commissione d’appello federale e ridotta a quattro mesi dalla Camera di conciliazione del Coni (sanzione pecuniaria per la società ridotta a soli 1,4 miliardi di lire). Il 25 maggio 2006 Recoba e Oriali hanno patteggiato sei mesi di reclusione (sostituiti con una multa di 21.420 euro) in sede penale, richiesta accolta dal gip del Tribunale di Udine. Nell’inchiesta, divisa in vari filoni, furono coinvolte trentuno persone, fra le quali dodici calciatori di Milan, Roma, Lazio, Sampdoria, Udinese e Vicenza. Sul sito http://www.legacalcio.it/comun/0001/c u507 è possibile consultare, per tutti gli interessati alla vicenda, il comunicato ufficiale nella sua interezza. L’esame del merito richiede una premessa in ordine all’oggetto dell’accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l’autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al giudice penale. Dagli atti del procedimento emergono circostanze univoche, concordanti ed incontrovertibili che consentono di affermare (pur prescindendo dal rilievo, desumibile dalla documentazione acquisita ed evidenziato nell’atto di deferimento, che il passaporto italiano del calciatore non risulta essere mai stato rilasciato dalla Questura di Roma) che il Recoba non aveva alcun titolo al rilascio di un passaporto italiano per assoluta inesistenza in capo allo stesso dei presupposti indispensabili, ed in primo luogo del diritto alla cittadinanza italiana. A siffatta conclusione si perviene, anche a tacere per il momento dei riscontri probatori e delle argomentazioni logiche che verranno approfondite esaminando le singole posizioni degli incolpati, sulla base delle sole dichiarazioni rese dal calciatore all’Ufficio indagini ed alla Procura della Repubblica di Udine. In sintesi, il Recoba ha riferito di aver preso per la prima volta in considerazione la possibilità di diventare cittadino comunitario al suo rientro presso l’Internazionale dopo un periodo di permanenza in prestito al Venezia. In tale occasione egli chiese notizie al proprio padre il quale gli precisò che la famiglia aveva “antenati nelle isole Canarie”. Le ricerche svolte in quella direzione, dapprima da un collaboratore del procuratore Casal, tale Daniel Delgado, e poi da uno studio legale spagnolo incaricato allo scopo dalla Soc. Internazionale, non approdarono ad alcun risultato: riferisce infatti il Recoba che la ricerca era “lunga e difficile”. Il calciatore ha inoltre escluso di aver mai svolto alcuna pratica od inoltrato alcuna richiesta tendente al rilascio di un passaporto italiano. BENEFICI ILLEGALI PER IL CALCIATORE Non è necessario spendere ulteriori parole per concludere che il passaporto italiano consegnato al Recoba in Roma nel settembre 1999 non corrisponde né alla cittadinanza uruguaiana di cui il calciatore era in possesso dalla nascita né a quella spagnola che egli avrebbe eventualmente potuto conseguire “jure sanguinis”, se le ricerche svolte il Spagna per l’individuazione di antenati spagnoli avessero avuto esito positivo. E sotto il profilo soggettivo si può anche tranquillamente affermare che in nessun caso il calciatore avrebbe potuto confidare nella veridicità “ideologica” del passaporto italiano che gli venne consegnato alla Borghesiana il 12 settembre 1999 dall’Oriali. In linea generale, e fatto salvo l’accertamento delle singole responsabilità, è innegabile che l’uso di tale passaporto al fine ottenere la variazione di status federale del calciatore, con la consapevolezza che il documento non poteva essere genuino perché incompatibile con la cittadinanza non italiana del Recoba, costituisca grave violazione dei principi di lealtà, probità e rettitudine alla cui osservanza sono tenuti tutti i destinatari delle norme federali, come dispone l’art. 1 comma 1 del C.G.S. Si tratta infatti di utilizzare mezzi scorretti, o addirittura fraudolenti, al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo non spettante, traendone un indebito vantaggio. È superfluo il sottolineare, in proposito, che il fatto di diventare “comunitario” ha recato benefici non solo economici sia al calciatore, quanto meno sotto il profilo della libertà assoluta di circolazione del tesserato nell’ambito delle Federazioni comunitarie, sia alla Società di appartenenza, per una migliore utilizzazione dell’organico disponibile.
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RECOB A E PASSAPORTOPOLI
Nell’estate del 1997 l’Inter acquista per 7 miliardi di lire il calciatore uruguaiano Alvaro Recoba che si era messo in mostra in patria nelle file del Nacional, grazie ad una sorprendente media di un gol a partita. Offuscato dal contemporaneo arrivo di Ronaldo, il Chino (come viene soprannominato) è un oggetto misterioso agli occhi dei tifosi interisti, ma il suo esordio con la maglia nerazzurra è scintillante: prima giornata del torneo 1997/98, l’Inter è sotto a San Siro con il Brescia. Al 70’ Recoba entra in campo e in cinque minuti, con un tiro da 30 metri e una punizione, ribalta il risultato. Un fenomeno, si azzarda a dire qualcuno. Tuttavia, il resto della stagione del Chino è al di sotto delle aspettative : gioca altre 7 volte, segnando un solo gol, contro l’Empoli (, un pallonetto da 35 metri). Troppo poco per l’esigente Moratti che decide di spedirlo a Venezia “a farsi le ossa”. In laguna Recoba entusiasma pubblico e critica contribuendo attivamente alla salvezza dei neroverdi: per lui 19 presenze da titolare e 10 gol. Le sue prestazioni convincono l’Inter a richiamarlo alla base, ma c’è un problema: Recoba è extracomunitario e la rosa dell’Inter ne conta già cinque, tanti quanti ne permette il regolamento: Domoraud, Simic, Jugovic, Ronaldo e Zamorano. Sarebbe un gran vantaggio poter disporre dell’uruguaiano come comunitario, in modo da poterlo schierare senza patemi. L’Inter, che nel 1997 aveva infruttuosamente cercato di rintracciare un avo spagnolo del calciatore, desidera ora trovare una soluzione al problema Soluzione che arriva a tempo di record, visto che il 12 settembre, a poco più di due mesi dal suo ritorno a Milano, Recoba ottiene l’agognato passaporto comunitario. La stagione 1999/2000 termina con il quarto posto dell’inter che però può consolarsi con le brillanti prestazioni del neocomunitario Recoba, il quale infila 10 gol in 27 partite. Il rendimento dell’uruguagio ingolosisce alcune squadre italiane e straniere che meditano di strapparlo ai nerazzurri, grazie all’imminente scadenza contrattuale, datata 2001. Recoba, non ha nessuna intenzione di muoversi da Milano e ottiene da Moratti un faraonico rinnovo, ben oltre al miliardo e duecento milioni fino ad allora percepiti. Un contratto, a dire il vero, mai visto prima: 15 miliardi l’anno più i diritti di immagine e, non specificata sul contratto, una percentuale sull’acquisto di alcuni suoi connazionali. In totale 19 miliardi. Una cifra che crea scalpore e qualche invidia all’interno dello spogliatoio. E poco importa se i risultati sportivi non si riveleranno in linea con le aspettative: nel 2000/01 Recoba si attesta su una media discreta (8 reti in 29 apparizioni) ma l’Inter non va oltre un quinto posto, a 24 punti dalla Roma scudettata. Ma non sono solo le vicende legate all’ingaggio ad attirare le attenzioni dei media. In arrivo c’è una bufera: il 14 settembre 2000, i calciatori dell’Udinese Warley e Alberto, in trasferta con la squadra, vengono fermati alla frontiera polacca a causa di irregolarità nei loro passaporti, che si rivelano falsi. Ma è solo la punta dell’iceberg: molti altri calciatori del nostro campionato sono in possesso di documenti fasulli e il fenomeno sembra essere assai diffuso. E’il cosiddetto scandalo di “Passaportopoli”, nella cui rete finiscono sette società (Inter, Lazio, Roma, Milan, Udinese, Vicenza, Sampdoria), 14 giocatori (Recoba, Veron, Fabio Junior, Bartelt, Dida, Warley, Jorginho, Alberto, Da Silva, Jeda, Dedè, Job, Mekongo, Francis Zé) e quindici dirigenti (Oriali, Ghelfi, Baldini, Cragnotti, Governato, Pulici, Pozzo, Marcatti, Marino, Sagramola, Briaschi, Salvarezza, Mantovani, Arnuzzo, Ronca). L’Inter ne viene ufficialmente coinvolta il 30 gennaio 2001, quando il pm di Udine, Paolo Alessio Vernì, ordina un’ispezione nella sede della società e nell’abitazione milanese di Recoba: anche il suo passaporto risulta contraffatto. A tale provvedimento via Durini risponde con un comunicato distaccato e sintetico: “La società è totalmente estranea all’oggetto dell’inchiesta ed ha totale fiducia nella buona fede di Recoba”. Ma la realtà è molto diversa e la rivela il pm di Roma, Piro, che conduce le indagini sulla vicenda: il dirigente interista Oriali, su suggerimento del consulente della Roma, Franco Baldini, si è messo in contattato con un misterioso faccendiere rispondente all’esotico nome di Barend Krausz von Praag, il quale lo ha aiutato nell’ottenimento del documento. Oriali sarebbe volato di persona a Buenos Aires dove, grazie agli uffici di Krausz presso un’improbabile agenzia, avrebbe dato avvio alla pratica. Recoba, interrogato al riguardo, dice di non saperne nulla e di essersi improvvisamente ritrovato con il passaporto pronto. Il documento, afferma il Chino, gli è stato consegnato da Oriali il 9 settembre 1999 alla Borghesiana, alla vigilia di un Roma-Inter di campionato. Ma per gli inquirenti ci sono due particolari che non tornano: il documento riporta una data di rilascio precedente di un anno, 9 novembre 1998, e Recoba risulta residente a Roma. Perché né Oriali, né Rinaldo Ghelfi, amministratore delegato interista che ha seguito la pratica, si sono accorti di questa incongruenza? Perché nessuno, nemmeno il calciatore, ha fatto notare e ha richiesto di correggere l’errore? La procura di Udine informa anche che sette mesi dopo l’emissione del passaporto l’Inter si è mossa alla ricerca di antenati spagnoli. Perché questo eccesso di zelo da parte della dirigenza nerazzurra se il calciatore era già in possesso del documento? Il quadro si complica quando Oriali nega di aver versato per conto dell’Inter 80 mila dollari, cifra che Krausz ha detto di aver ricevuto per mano sua in un precedente interrogatorio della Procura di Roma. La risposta è una sola: il passaporto è falso. Ma non solo, la dirigenza dell’Inter era pienamente consapevole del percorso fraudolento che stavano per intraprendere, dal momento che non è mai stata presentata alcuna richiesta di rilascio alle autorità italiane, come regolare prassi richiede. Un caso complesso e intricato ma dalla sostanza semplice: se il passaporto del laziale Veron era vero ma ottenuto attraverso false documentazioni (atti di nascita, matrimonio, ecc…), quello dell’uruguaiano è direttamente contraffatto. Una patacca, direbbero a Roma. Dopo le sconcertanti rivelazioni delle Procure di Roma e Udine, arrivano le reazioni del mondo sportivo. C’è sdegno e le società non coinvolte nella questione passaporti protestano. Andrea Manzella, presidente della Corte Federale, cerca di rassicurare tutti sulla velocità e sul rigore degli eventuali processi. Ma il risultato è patetico: “La regolarità delle partite è un bene assoluto, e su questo non si transige: la buona fede di società o singoli non conta, conta solo che alle gare abbiano partecipato giocatori che non ne avevano diritto. L’Authority ha deciso di aspettare la dichiarazione di falsità della magistratura a meno che il falso risulti macroscopico, ictu oculi, o che vi sia ammissione di colpa del club o del giocatore”, ha spiegato Manzella. “In questi casi, le sanzioni saranno immediate”. Fra una decina di giorni anche l’Inter quindi sarà deferita, e il processo sportivo si concluderà, fra Disciplinare e Caf, entro aprile o maggio. Difficile ipotizzare la sconfitta a tavolino di tutte le gare dei nerazzurri con Recoba “italiano”, più probabile una penalizzazione in classifica di 56 punti. Nel caso, quindi, l’Inter dovesse qualificarsi per la Coppa Uefa sarebbe retrocessa in classifica, lasciando il posto in Europa ad un altro club. E nel caso si salvasse? Questione delicatissima, ma teoricamente il club di Moratti rischierebbe anche la serie B” (Repubblica, 9 febbraio 2001) L’Inter, secondo i regolamenti, dovrebbe essere sconfitta a tavolino ed essere sanzionata di un punto, per ogni partita in cui ha schierato Recoba come comunitario. Il totale ammonterebbe all’enorme cifra di 56 punti, con la conseguente retrocessione del club nerazzurro, sia che il provvedimento venga applicato nel campionato precedente (il 1999/2000, dove ha ottenuto 58 punti) che in quello ancora in corso (il 2000/2001, a fine anno ne totalizzerà 51). Con 56 di penalizzazione l’Inter sarebbe la prima squadra a scendere sotto lo zero in classifica. Ma è pura fantascienza e ci si rende conto che una tale sanzione, seppur giusta, non verrà mai applicata. Si parla di penalizzazioni o, per lo meno, si spera: Roma, Lazio, Inter, Udinese e Napoli penalizzate. Cinque, sei punti in meno ad ognuna all’inizio della prossima stagione, quella premondiale; oppure con handicap sostanzialmente differenti, stangate per i casi più gravi di manomissione (Veron, Recoba, Cafu) […] Nei fatti però, quasi la metà del prossimo campionato italiano sarà “ad handicap”, consegnato nelle mani di chi dallo scandalo non è stato travolto. […] Di colpo di spugna si è parlato a lungo. Ma non si può ormai cancellare uno scandalo che ha investito almeno sei procure, una ventina di giocatori e una quindicina di dirigenti, dal direttore generale dell’Inter ai presidenti di Roma e Lazio. Non si può cancellare uno scandalo che la Fifa stessa chiede di reprimere duramente. Non si possono chiudere gli occhi quando in Francia hanno già penalizzato e squadre e in Spagna si sono già sospesi dei giocatori (Repubblica, 21 marzo 2001) Il 5 marzo l’Ufficio Inchieste della Federcalcio conclude le indagini e emana i deferimenti: La giustizia sportiva, con i deferimenti di ieri, va avanti. Nessun colpo di spugna, nessuna sanatoria. Non si aspetterà l’estate, a campionato concluso, per intervenire sullo scandalo dei passaporti falsi. Già nel mesi di aprile sfileranno davanti alla Disciplinare i primi club e i primi giocatori coinvolti: le sanzioni (squalifiche per i calciatori e penalizzazioni in classifica per i club) saranno scontate in questa stagione (Repubblica, 6 marzo 2001) Il processo si annuncia complicato e le conseguenze spaventose: l’applicazione di punti di penalizzazione potrebbe compromettere la salvezza o la qualificazione alle coppe europee delle società coinvolte. Ma c’è una scappatoia, alla quale più di tutti sta lavorando Galliani, l’amministratore delegato del Milan: la riforma dell’articolo delle norme federali che limita l’impiego dei calciatori extracomunitari. Una modifica della regola comporterebbe un’attenuazione molto sostanziosa delle pene. L’Inter gradisce l’idea e si unisce alla battaglia: Passaporti, è guerra aperta ormai: l’Inter attacca la Figc, cercando ogni strada per dichiarare illegittimo l’articolo 40, settimo comma delle Noif. In una nota del professor Mucciarelli, che fa parte del collegio di difesa nerazzurro, l’Inter sottopone infatti “direttamente alla Corte Federale, organo competente in materia, il giudizio in ordine alla legittimità della norma federale sul tesseramento dei giocatori extracomunitari” (Repubblica, 5 aprile 2001) La Commissione Disciplinare fissa le date dei processi contro ogni singola società. Il presidente Manzella, ancora una volta, si sente di garantire la celerità dei procedimenti giudiziari, ma nessuno sembra più credergli dato che la rettifica della norma sugli extracomunitari appare giorno dopo giorno sempre più probabile. La vicenda sta diventando una farsa: Per Porceddu le prove sono sufficienti per chiedere di processare il club nerazzurro e il giocatore. L’udienza è fissata per il 19 aprile. A meno che i tanti ricorsi alla Corte Federale sulla legittimità della norma che limiti gli extracomunitare facciano slittare tutto a fine campionato, come vogliono i club. “Agiremo in fretta non appena riceveremo i ricorsi”, garantisce Manzella. (Repubblica, 8 aprile 2001) Le date dei processi, uno per ogni squadra coinvolta, sono l’ultimo scoglio da superare. Un procedimento unico consentirebbe alle società di essere giudicate con minore severità. Ed è proprio quello che intende proporre Galliani, il quale provvidenzialmente annuncia: “E’ giusto fare un solo processo e che eventuali squalifiche e penalizzazioni arrivino tutte insieme”. Puntuale giunge il ricorso alla Corte Federale da parte dei club, e poco importa se l’articolo 16 comma b ) del Codice di Giustizia Sportiva preveda l’ammissibilità del ricorso solo da parte del presidente della Federazione o di “qualsiasi organo operante nell’ambito federale che vi abbia interesse”. Moratti si schiera con Galliani (altri tempi…) e rilascia una dichiarazione che, col senno di poi, è incredibilmente comica: “Se squalificano Recoba e poi la giustizia ordinaria lo assolve, chi ci restituisce squalifiche e penalizzazioni?” . Come vedremo più avanti, Recoba e Oriali verranno condannati dalla giustizia ordinaria e l’Inter non restituirà i punti ottenuti con l’uruguaiano comunitario in campo. In ogni caso, la tattica è precisa: ottenere l’accorpamento dei processi e rimandarne lo svolgimento a fine stagione, confidando nell’ormai quasi certa rettifica dell’articolo 40. Il gioco funziona e l’udienza per l’Inter, in programma il 20 aprile, viene rinviata: Avanti a forza di rinvii: il processo all’Inter, per il passaporto falso di Recoba, si farà. Ma più avanti. Quando non si sa: forse a maggio, forse a fine stagione. Ma soltanto dopo che la Corte Federale, presieduta da Andrea Manzella, si sarà pronunciata sul ricorso (che abbiamo visto essere irregolare, nda) presentato non solo dal club nerazzurro, ma anche da Milan, Udinese, Lazio, Vicenza e Sampdoria. Tutti questi club chiedono infatti che venga abbattuto il tetto del tesseramento (massimo cinque) e all’impiego (massimo tre) dei calciatori extracomunitari. Si va insomma verso minicondanne. La Disciplinare ieri ha accettato subito la richiesta di rinvio al processo dell’Inter presentata dallo stesso Procuratore Federale, Carlo Porceddu in accordo con i legali nerazzurri. (Repubblica, 20 aprile 2001) Il tempo gioca a favore dei nerazzurri e delle altre società implicate in Passaportopoli che il 3 maggio vedono finalmente premiati i loro sforzi, con il più annunciato dei colpi di spugna: a sei giornate dalla fine del campionato e nonostante la strenua opposizione dell’Associazione Calciatori presieduta da Campana, arriva la modifica della norma sul tesseramento e sull’impiego degli extracomunitari. E pazienza se le regole vengono cambiate in corsa, con Roma e Juventus a contendersi lo scudetto punto su punto. Chi ha rispettato le regole viene fatto fesso. E chi ha falsificato i passaporti? Ormai è chiaro che tutto sta per passare in cavalleria: Il processo a Inter, Milan, Samp, Udinese, Vicenza, a cui presto si unirà anche la Lazio per Veron, si farà. Ma con questa norma dichiarata illegittima, le sanzioni saranno più blande. Qualche minisqualifica da scontare magari in estate. Quando il campionato è fermo. (Repubblica, 5 maggio 2001) Il processo, come desiderato, inizia il 12 giugno 2001 a campionato praticamente finito (il 17 è in programma l’ultima giornata) e con la certezza di un unico dibattimento e di una sentenza che includa tutte le società c
Dai a gennaio 30 da Morata e prendiamo Soriano e Pelle ‘, e ci passa la paura.
Liberi per davvero
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« Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. » Non voglio obbligare la gente a prendere le mie parole come verità assoluta! Vorrei che la gente imparasse a ragionare con la propria testa e non a credere a tutto cià che i MASS MEDIA dicono! I mass media sono manovrati dal sistema, non è vera informazione!! Informatevi gente, informatevi..
L’UNICA VIA PER LA LIBERTà è L’INFORMAZIONE
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31 agosto 2012
IL TERRORISTA DI MAGGIOR SUCCESSO DEL XX SECOLO
Le notizie degli ultimi giorni hanno come protagonisti due ex premier israeliani. Rappresentano due delle molte facce di Israele. Suscitano, inoltre, una domanda a livello universale: è meglio un fanatico onesto o un pragmatico corrotto?
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Yitzhak Shamir è morto due mesi fa ed è stato seppellito nel cimitero della “Grande Nazione” di Gerusalemme. Aveva 97 anni e per anni ha vegetato in uno stato di demenza. La maggior parte degli israeliani non sapeva che egli fosse ancora vivo.
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Quando l’ho descritto in TV come “il terrorista del XX secolo che ha riscosso più successo”, l’intervistatore ha alzato le sopracciglia; ma si trattava di una descrizione accurata.
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Shamir non era un grande pensatore. Durante l’adolescenza aderì alla destra sionista dell’organizzazione giovanile di Vladimir Jabotinsky, in Polonia, e da allora non ha cambiato di una virgola la sua visione del mondo. Da questo punto di vista era totalmente inamovibile. Voleva uno stato ebraico lungo tutto il periodo storico del paese. Nessun discorso sugli arabi o cose del genere.
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Aderimmo contemporaneamente al movimento clandestino dell’Irgun. Ero troppo giovane per partecipare ad azioni terroriste effettive, ma lui, otto anni più grande, lo faceva. All’epoca, l’Irgun uccise moltissimi uomini, donne e bambini arabi con attacchi a mercati, come rappresaglia per gli attacchi a civili ebrei. Noi sfidavamo la politica della “moderazione” imposta dalla leadership sionista. Nell’estate del 1940 l’Irgun si sciolse. Uno dei comandanti, Avraham Stern, fondò un’organizzazione conosciuta come la “Gang di Stern”. (Fu poi soprannominato LEHI, acronimo per “Combattenti per la libertà di Israele”.)
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Stern era una persona razionale. Lo scopo era quello di stabilire uno stato ebraico in tutta la Palestina. Il nemico era l’Impero britannico. Il nemico del mio nemico è mio amico. Quindi dobbiamo collaborare con i nazisti. Stern inviò diversi emissari per mettersi in contatto con i tedeschi. Alcuni vennero intercettati dagli inglesi, gli altri vennero ignorati dai nazisti.
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Non potevo accettare questa logica atroce e non aderii, anche se c’era la tentazione. Shamir lo fece.
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Fu catturato ed imprigionato (non come Stern, che fu catturato e ucciso all’istante). In poco tempo, praticamente tutti i membri dell’organizzazione furono uccisi o arrestati. Il gruppo smise di esistere – fin quando Shamir ed un collega, Eliahu Giladi, scoppiarono. I due, agendo insieme, riportarono in vita il LEHI. Un giorno Shamir fece processare ed uccidere Giladi.
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Giladi non fu accusato di tradimento, al contrario: era colpevole di eccessivo zelo. Aveva pianificato azioni rivoluzionarie, come l’assassinio di David Ben-Gurion e l’intera leadership sionista. Shamir decise che questa natura avventuriera mettesse in pericolo l’organizzazione e doveva essere rimossa. In seguito, Shamir diede alla figlia il nome Gilada.
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Molti anni dopo ho chiesto a Shamir quale personaggio storico ammirasse di più. Mi ha risposto senza esitazione: Lenin. Ho capito che lo ammirava perché Lenin seguiva spietatamente la massima per la quale “il fine giustifica i mezzi”.
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Shamir era uno dei tre leader del LEHI. Era responsabile per le operazioni e per l’organizzazione meticolosa per la costruzione di un piccolo gruppo di uomini scelti che eseguissero azioni incredibilmente azzardate. Lui stesso aveva pianificato ogni singola operazione nei minimi dettagli. La più famosa fu l’assassinio al Cairo di Lord Moyne, l’alto funzionario inglese per il Medio Oriente.
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Fu arrestato ancora quando gli inglesi condussero una ricerca di casa in casa a Tel Aviv. Shamir era ben camuffato, ma non poteva nascondere la sua caratteristica più palese: era molto basso, quasi un nano, con un testa forte e grande. I soldati avevano ricevuto istruzioni di arrestare ogni persona al di sotto di una certa statura. Stavolta fu mandato in un campo di prigionia in Africa, dal quale scappò a tempo debito. Raggiunse il Gibuti Francese, andò a Parigi su una nave da guerra e rimase lì fino a quando non venne creata Israele. Il LEHI era formato da poche centinaia di membri, ma svolse un ruolo importante nel far uscire gli inglesi da questo paese.
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In Israele, Shamir è scomparso dalla circolazione. Per anni ha lavorato per il Mossad. Girava voce che la sua specialità fosse mandare pacchi-bomba. Quando riapparve, si unì al partito del suo rivale di un tempo, Menachem Begin. Fu nominato presidente della Knesset.
Una volta decisi di mettere in scena una piccola dimostrazione nella Knesset. Indossai sotto la giacca una maglietta con scritto “La pace è meglio di un Israele più grande”. Durante la sessione plenaria mi tolsi la giacca. Dopo alcuni minuti di shock, un usciere mi chiese gentilmente di recarmi nell’ufficio del presidente. Shamir mi ricevette con un grande sorriso e mi disse: “Uri, dove saremmo se ogni membro facesse una cosa del genere? Ora che hai espresso la tua opinione, potresti per cortesia rimetterti la giacca?”. Cosa che feci, ovviamente.
Quando Begin dichiarò la pace con l’Egitto e persino io votai a favore, Shamir si astenne.
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Dopo la Prima Guerra del Libano, quando Begin diede le dimissioni dichiarando che “non poteva più andare avanti”, Shamir prese il suo posto. Come premier. Il suo risultato più eclatante fu quello di non fare niente, eccetto la costruzione di insediamenti – in silenzio e senza avvisare. Sotto la pressione americana, assistette alla conferenza di pace di Madrid, determinato a non muovere un solo dito. Come sottolineò più tardi, era abbastanza pronto per negoziare con gli arabi per tutto il tempo necessario. Non sognava la pace, cosa che avrebbe disegnato frontiere ed ostacolato la strada verso al Grande Israele.
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La sua ideologia si riassumeva nella sua massima più famosa, che alludeva al vecchio adagio per cui gli arabi volevano buttare gli ebrei in mare: “Gli arabi sono gli stessi arabi ed il mare è lo stesso mare”.
Altra famosa dichiarazione: “Mentire per la propria patria è tollerabile”. Da notare il fatto che quest’uomo, che (come me) si unì all’Irgun per protestare contro la “moderazione”, esercitò la moderazione per eccellenza quando Saddam Hussein bombardò Israele con una pioggia di missili durante la Guerra del Golfo. Shamir era contento di lasciare fare il lavoro agli americani.
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Il suo altro grande risultato fu quello di evitare che gli ebrei raggiungessero gli USA. Quando la leadership sovietica permise agli ebrei di emigrare, quasi tutti raggiunsero gli Stati Uniti. Shamir convinse la Casa Bianca a chiudere le porte e così costrinse più di un milione di ebrei russi a venire in Israele (dove ora riempiono le file dell’estrema destra).
Per un breve periodo fu mentore del giovane Benjamin Netanyahu, ma in seguito arrivò a detestarlo. Dopo che Netanyahu fece una piccola concessione tattica agli arabi, lo chiamò “l’Angelo della Distruzione”. Si potrebbe pensare che fosse anche disgustato dall’inclinazione di Netanyahu per il lusso. Quando non mentiva per la patria, Shamir era dritto come un fuso, vivendo nella più grande modestia. Non c’è mai stato – o avrebbe potuto – neanche il minimo segno di corruzione.
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Il che ci porta direttamente a pensare a Ehud Olmert. Tanto tempo fa c’era un Ministro dell’Educazione, Zalman Aran, che era conosciuto per il suo umore caustico. Una volta, un funzionario del partito andò da lui e disse: “Ziama, puoi congratularti con me: sono stato assolto!”. “Strano”, rispose Aran, “io non sono mai stato assolto!”.
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Olmert è stato assolto molte volte. Durante la sua carriera, è passato da un’assoluzione all’altra.
Questa settimana è successo di nuovo. Dopo un lungo processo, nel quale è stato accusato con cinque diversi capi di corruzione, è stato prosciolto da quattro. Uno riguardava la sua abitudine a lasciarsi invitare da varie organizzazioni di beneficenza per dare lezioni negli USA e lasciare che ognuna pagasse separatamente per lo stesso biglietto in prima classe (usando il surplus per le gite di famiglia).
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Altro capo: dichiarare allo Stato che la sua collezione di preziose penne valesse dieci volte di più del vero. La corte distrettuale ha deciso di assolverlo da tutti i capi di accusa per mancanza di prove, tranne uno: come Ministro dell’Industria, avrebbe privilegiato i clienti del suo caro amico, che lo aveva ringraziato custodendo nella sua cassaforte una grande somma di denaro contante.
Olmert ha festeggiato la sua assoluzione parziale come una grande vittoria. I media – gli stessi che celebrarono la sua incriminazione – partecipano ai festeggiamenti.
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Sta ancora aspettando gli esiti di un processo ancora più grande. In questo caso, l’accusa è di essersi fatto corrompere per la costruzione di un mostro architettonico multimiliardario nel centro di Gerusalemme all’epoca del suo incarico come sindaco della città. Tutti si aspettano che venga assolto, come sempre.
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Tra le proteste diffuse dai media contro il Procuratore Generale, c’era quella secondo la quale lui, un umile servitore civile, avesse fatto cadere un Primo Ministro in carica con false accuse. Ancora peggio, lo avrebbe fatto proprio nel momento in cui Olmert era sul punto di fare pace con i Palestinesi. Senza senso.
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Nel suo anno presso l’ufficio del Primo Ministro, durante il quale iniziò due sporche guerre (la Seconda Guerra del Libano e l’Operazione “Cast Lead”), aveva tutto il tempo di fare pace. Creò effettivamente un piano di pace, ma solo alla vigilia della suo atteso crollo politico. Con peacemaker come questi, chi ha bisogno di guerrafondai?
Tuttavia, Olmert sta già facendo capire che dopo la sua prossima assoluzione tornerà alla vita politica.
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Shamir, il fanatico onesto morto, ha molti seguaci. Olmert, il pragmatico corrotto vivente, ne ha molto pochi. Netanyahu, il loro attuale successore, ha i vizi dei due e le virtù di nessuno.
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Uri Avnery è uno scrittore israeliano e fondatore del movimento di pace Gush Shalom. Da giovane membro dell’Irgun, Avnery è stato nella Knesset nei periodi 1965/74 e 1979/81.
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Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
Pubblicato da The Chosen One
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http://liberiperdavvero.blogspot.ca/2012/08/il-terrorista-di-maggior-successo-del.html
….e.c . Contattarmi. ……
Ueeeeee. …..ultima chiamata! …..chi volesse contatrarmi. ..please chiedere i dati al Primario Beccantini che saluto con affetto. ….Au revoir! FORZA JUVENTUS!
Francesco
Arrivederci a Tutti! Spero in un altro blog. …….FORZA JUVENTUS SEMPER FIDELIS ☆ ☆ ☆ ☆!
Francesco
Scritto da Dimas Dumas il 5 novembre 2015 alle ore 13:22
…dal Benfica, pure a domicilio!
Ma tu guarda se uno deve arrivare in finale per poi andare a farsi prendere per i fondelli dal Borussia Monchendgladbach.
Scritto da Fabrizio il 3 novembre 2015 alle ore 21:14
Ma tu pensa se uno NON deve arrivare in finale e si fa prendere sistematicamente per il culo dal Gala e dal Benfica.
Caro Martinello, hai voluto chiudere in bellezza…arrivederci su altri schermi o blog.