Polli

Roberto Beccantini11 June 2016Pubblicato in Per sport

Sono ormai cinquant’anni che il calcio inglese, come nazionale, non riesce a sintonizzarsi con la storia, dopo averla scritta fin da quel giorno del 1863, presso la Taverna dei Framassoni, quando scelse i piedi e lasciò le mani al rugby.

Il pareggio che la solita insalata russa gli ha inflitto di testa, con Berezutski, agli sgoccioli degli sgoccioli, riassume l’eterna imperfezione di una scuola che non riesce mai a coniugare esigenze ed emergenze. Una volta, lo spazio aereo era il suo ufficio. Oggi non più. In passato, procedeva a spallate. Oggi non più. Palla lunga e pedalare, prima. Pedalare e palla corta, adesso. Sembrava che il 4-3-3 frenesia avesse un senso e dovesse funzionare, e difatti per un’ora ha funzionato, ma proprio sul più bello il destino ha preteso il suo balzello, non so che a titolo, e l’ha ottenuto.

Meglio l’England della Francia, tanto per dire. E Rooney suggeritore a me continua a piacere. Non dico che possa avvicinare Bobby Charlton, questo no, ma nel modo in cui si muove, appoggia e lancia, lo ricorda. La risorsa del gruppo è stata la velocità di crociera. Il limite, la mira sotto porta. Sterling ha perso il senso della porta, e anche del cross. Le bollicine di Alli, i tagli di Lallana, la voracità balistica di Dier, le catene di destra e di sinistra: beata gioventù.

E’ mancato, paradossalmente, l’uomo più sicuro: Kane. Soffocato, o coumunque svagato e impreciso nella mira. Più in generale, non è mai la quantità degli attaccanti a fare l’attacco: è la qualità. I russi si sono messi lì e hanno atteso che gli avversari calassero o arretrassero. Puntualmente – e storicamente, oserei dire – è successo. La correttezza ha agevolato Rizzoli. Sembrava un convento, la partita del Vélodrome, rispetto al Bronx sanguinario di Marsiglia, la Betlemme di Eric Cantona e Zinedine Zidane.

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