Il 17 febbraio di dodici anni fa ci lasciava Omar Sivori. Mi permettano, i lettori, un piccolo cenno di ricordo nei giorni (e nella sera) in cui un lontano «discendente» continua a vivere il calcio come lo viveva lui: di sinistro. Paulo Dybala, sì. E sia chiaro, la mia è una fotografia, non ancora un endorsement. Lunga è la strada.
La partita con il Palermo non rappresenta che il pretesto. Il Porto non offrirà certo le guance dei devoti a santa Rosalia, ma questa è un’altra storia. Ci sarà tempo. Il Palermo, già. Penso a Raimondo Lanza di Trabia, morto suicida neppure quarantenne, presidente e personaggio tra i più romanzeschi che la dolce vita del calcio e non solo potesse generare. Amico degli Agnelli, si narra che, quando saliva a Milano per fare mercato, ricevesse i mercanti, appunto, nella vasca da bagno della sua suite al Gallia. Nudo e con un bicchiere di whisky in mano. Dandy qual era, fatale e fatalista, ispirò «L’uomo in frack» a Domenico Modugno.
Oggi, al suo posto, c’è Maurizio Zamparini, che sa scegliere la gente che deve scegliere, ma ha un rapporto perverso con gli allenatori, quasi carnivoro. Una volta c’era gara, tra Juventus e Palermo. Non adesso. Ma lasciatemi tornare a Omar e a Paulo, al gaucho insopportabile, come lo descriverebbe Roberto Bolano, e al chierichetto che, della confessione, preferisce la penitenza, le punizioni. Chissà come reagirebbe, a tutti quei calcioni, se fosse un intrico di cavi elettrici come il Cabezon. Che era un genio. Un Rimbaud il cui battello ci faceva tutti ebbri.
Dybala è più posato, meno anarchico, ma ogni volta che sculetta e sventola il mancino il cuore corre a San Nicolàs, dove nacque e riposa il «vizio» di molti di noi. Calzettoni giù e quei dribbling maledetti che erano invito a teatro, al saloon, all’estasi, alla rissa. A tutto.
«Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta: non è una frasetta, ma l’esempio più chiaro dell’essenza di questa squadra. Arrivi in un modo, e non è che ti cambiano, ma cercano di migliorare il tuo punto debole. E poi ci sono tanti collaboratori, che non sbagliano mai, e tu devi solo preoccuparti di giocare: è una cosa fondamentale»
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Quanti amminchiamenti.
Stiamo parlando di un “misero” Porto, ex grande club.
Non superare il turno contro questi, sarebbe da esonero immediato
Scritto da mike70 il 21 febbraio 2017 alle ore 10:06
Mike non coinciare che ti mando uno di quei virus che quando il tuo PC si ripiglia avrà già le ragnatele!
Scritto da Salvadore il 21 febbraio 2017 alle ore 11:21
il bo(sc)emo?
Sarebbe contento Lovre!
;-))))
Di polso più che un allenatore servirebbe una dirigenza che da quel che trapela giorno dopo giorno non mi sembra abastaza rigida come ai tempi di Big Luciano!
Simeone?
No, grazie, voglio una squadra votata all’attacco..
Anche perchè, i pensieri di uno smemorato, valgono quel che valgono ……..
Nn ha avuto pazienza, sono d’accordo. Nn ha pensato.
ok, ma vi ricordo che se n’è andato lui, non è che lo abbiamo cacciato noi. e se n’è andato perchè non gli piaceva la squadra che, con uno meno bravo di lui, è arrivata in finale di champions. ma poi basta con questa storia, dai. guardiamo avanti.
Esattamente.
L’allenatore ce lo avevamo…