Era un derby che la Juventus aveva preso subito per le corna: pressing di Pjanic su Rincon e gran sinistro di Dybala. L’hanno chiuso, già al 24’, le follie di Baselli, soprattutto la seconda (sul bosniaco). Sono i rischi che si corrono a caricare troppo le squadre: Mihajlovic ne faccia tesoro.
Con il Toro in dieci, il derby è finito lì. Il derby granata, almeno. Per lasciare fuori Higuain – anche «questo» Higuain – ci voleva coraggio. Allegri l’ha avuto, ricavando da Mandzukic più profondità e più fisicità . Già preziosi e significativi, i cambi di gioco sono diventati letali, come quello che ha propiziato, «via» Cuadrado, il raddoppio di Pjanic, migliore in campo con il croato e Dybala.
L’espulsione di Badelj, mercoledì, non aveva scavato un simile fosso. Due i motivi: la Juventus, memore, non ha mai staccato la spina; Il Toro, stordito, non ha più saputo reagire. Belotti abbandonato, Ljajic disarmato: solo le parate di Sirigu, nella ripresa, gli hanno evitato la goleada, anche se lo 0-4, timbrato da Alex Sandro e Dybala, proprio uno scarto anoressico non è.
Per mezz’ora, la miglior Juventus della stagione. Brillante e fluida. Per il resto, pura accademia. Sono già dieci, con la doppietta odierna, i gol del piccolo Sivori, a conferma che le posizioni nascono alla lavagna, sì, ma maturano in campo.
Primi sorsi di Douglas Costa e, a risultato in ghiaccio, di Bernardeschi. Sempre efficace la quantità di Matuidi. Naturalmente, in proiezione Champions e oltre, non si può non riandare alla cesura di Baselli, un freno alle iperboli. Però, ripeto, la Juventus si era alzata dai box con il piglio della squadra che neppure allo Stadium sempre sa essere.
Juventus e Napoli a punteggio pieno. Quattro vittorie in casa, Allegri; quattro fuori, Sarri. E’ cominciato l’autunno caldo.
Non sono un assiduo partecipante, ma un lettore saltuario. Mi scuso per il ritardo.
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Scritto da intervengo102 il 27 settembre 2017 alle ore 08:30
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Che mi devi dire? È che ti devo dire… giraci intorno e tanti saluti!
LA MAFIA A MILANO ESISTE!
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GLI INFAMI DELLA PRAVDA ROSA, SULLE CURVE DEL “ALLIANZ STADIUM”, DECINE DI ARTICOLI INFAMANTI! DI INFAMIE BASATE SUL NULLA!
SUGLI ILLECITI DELLE E CURVE DI TUTT’ITALIA, “IN PRIMIS” DI SAN SIRO (meazza) PERPETRATI DA MILAN & INTER CON PROVE! PROVATE DALLA PROCURA DELLA REPUBLICA DI MILANO, SILENZIO TOMBALE! GIORNALISTI-VIL RAZZA DANNATA!
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2007/02/08/news/impunita-e-la-legge-ultra-1.2617
(Una carrellata di malefatte Ultra’! Ma non riuscendo ad incastrare la Juve, i “Terroristi delle Tastiere” Gazzettare, le hanno silenziate! Infami atavici!!!)
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Bombe e petardi. Svastiche e cori razzisti. Coltelli e spranghe. Un nemico comune: il poliziotto. E una certezza: quella di farla sempre franca Costa troppo poco il tiro a bersaglio contro il poliziotto. Filippo Raciti, l’ispettore ucciso da un colpo al fegato venerdì 2 febbraio durante gli scontri con gli ultras del Catania, lo diceva spesso ai suoi colleghi: “Uno rischia la vita per prendere questi pazzi che ti tirano le bombe, li porta dal giudice e quello che fa? Li scarcera il giorno dopo”.
. Nella sua lunga carriera Raciti aveva visto troppi ultras uscire di galera e troppi colleghi entrare in ospedale. Eppure, a 38 anni, con moglie e due figli, non si era mai tirato indietro. Tanti arresti, tante testimonianze, i suoi colleghi ora si chiedono se ne valesse la pena: “Tutti gli ultras che Filippo ha arrestato, oggi sono in libertà ”. L’ultima volta è accaduto il 10 dicembre del 2006. Un tifoso catanese individuato dopo la partita con l’Udinese è stato processato per direttissima per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Raciti con la sua testimonianza era stato decisivo, ma il tifoso ha patteggiato ed è uscito dall’aula libero con un sorriso di scherno sul volto.
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“Lo Stato”, accusa il segretario dell’Associazione funzionari di polizia Giovanni Aliquò, “ci lascia soli. Il poliziotto è in prima linea, esegue gli arresti e testimonia al processo. Gli altri scarcerano, concedono i domiciliari e i patteggiamenti con larghezza. Così il poliziotto diventa l’unico nemico da abbattere. Non c’è certezza della pena e il sacrificio dei miei colleghi è vano”. Se si guarda l’esito dei casi più celebri è difficile dargli torto.
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Prendete la vicenda che più impressionò l’opinione pubblica, quella di Vincenzo Spagnolo, il tifoso genoano morto nel 1995 davanti allo stadio di Marassi. Spagnolo si accasciò in una pozza di sangue dopo essere stato colpito al cuore da una coltellata di un ultrà milanista, Simone Barbaglia, condannato a 14 anni.
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Barbaglia sarebbe dovuto uscire nel 2010, ma grazie all’indulto è già fuori. Oggi ha 29 anni, allora era appena maggiorenne. Secondo i pm, fu influenzato dal leader del suo gruppo, Carlo Giacominelli, 31 anni, detto ‘il chirurgo’ per l’abilità nel maneggiare il coltello.
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Barbaglia al processo spiegò: “Avevo paura, ma l’idea di scappare davanti a Giacominelli mi era insopportabile. Se avessi estratto il coltello, come ho fatto, gli avrei dato invece una dimostrazione di coraggio. E io all’opinione di Carlo ci tenevo”.
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Giacominelli ha patteggiato due anni per rissa: ha scontato tre mesi e si è rifatto una vita. Oggi è un affermato commercialista, consulente fiscale per la Lega Nord. Il 18 novembre scorso era sul palco di un convegno organizzato dall’associazione delle donne padane accanto a Michela Brambilla, il presidente dei giovani di Confcommercio tanto amata da Berlusconi.
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‘La Padania’, il giorno dopo pubblicava le sue riflessioni sulla manovra fiscale del centrosinistra. “Non li perdonerò mai”, ha detto il padre di Vincenzo Spagnolo, “perché non si sono pentiti”. Ma lo Stato ha la memoria più corta dei familiari.
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Lo dimostra anche la storia di Luca Milione: ultrà della Salernitana, è stato arrestato il 25 gennaio scorso dopo gli scontri del derby con l’Avellino. Secondo la Digos, è lui il ragazzo a volto coperto ripreso dalle videocamere mentre apre il varco dei disabili per far passare gli ultras, lancia bottiglie e inveisce contro la polizia.
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Milione era già stato coinvolto nel 1999, quando aveva solo 17 anni, in uno dei fatti più gravi della storia del calcio violento: il rogo nel quale persero la vita quattro ragazzi sul treno che riportava a casa i tifosi della Salernitana da Piacenza.
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Nel 2003 Milione era stato condannato, ma è rimasto nel carcere minorile di Nisida solo un anno per passare poi ai servizi sociali e infine all’obbligo di firma. “Cosa deve fare un ultrà per restare in galera?”, chiede un poliziotto di Salerno che vuole restare anonimo e che ricorda con sconcerto la triste storia di Francesco Lo Grande, un ispettore che faceva lo stesso lavoro di Raciti e che per un miracolo non ha fatto la sua fine.
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Lo Grande, nel giugno del 2005 era in servizio alla partita tra Cavese e Juve Stabia, con il compito di separare le due tifoserie indiavolate. A un certo punto il poliziotto è scivolato sulle gradinate: in un lampo un ultrà della Cavese, Geraldo D’Amore secondo la Polizia, ne ha approfittato per sferrargli un calcio sul volto.
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L’osso del cranio ha ceduto, Lo Grande è rimasto a terra, la visiera del casco insanguinata e la faccia schiacciata sul cemento freddo. Intanto un altro ultrà , Salvatore Apicella, gli ha sfilato lo sfollagente per colpire i poliziotti che tentavano di soccorrere il collega. Lo Grande è rimasto paralizzato, ha dovuto lasciare la polizia e resterà inabile per sempre.
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Apicella, detto ‘Cocaina’, ha patteggiato il reato di favoreggiamento mentre D’Amore, detto ‘Dino lo schizzo’, è indagato per lesioni gravissime, ha fatto sei mesi di arresti domiciliari, ma ora ha solo l’obbligo della firma.
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Un altro caso celebre è quello del lancio del motorino dall’anello dello stadio di San Siro nel 2001 durante la partita Inter-Atalanta. Per quel gesto di follia collettiva che poteva finire in tragedia sono stati condannati in nove: oggi sono tutti liberi. Avevano ricevuto una condanna lieve e la diffida ad andare allo stadio, scaduta un anno dopo.
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Uno di loro, il falegname Matteo Saronni, nel 2003 è stato nuovamente condannato per lancio di oggetti durante Juventus-Inter. Nel 2005 è stato riarrestato per gli incidenti che hanno portato a interrompere il derby Inter-Milan. Era sospettato di avere lanciato il razzo che colpì il portiere Dida, ma è stato assolto con formula piena.
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Resta un dato: gli ultras coinvolti in episodi gravissimi tornano con grande facilità nelle curve, circondati dall’ammirazione degli altri. Anche i tre tifosi che hanno ‘convinto’ il capitano della Roma Francesco Totti a non giocare il derby del 2004 (contro il parere del Questore) sono stati appena scagionati dalle accuse più gravi.
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I magistrati avevano ipotizzato l’associazione a delinquere, ma ora è rimasta in piedi solo una contestazione: lo scavalcamento della recinzione. Pagheranno una multa e torneranno allo stadio da eroi.
http://calabrone37.blogspot.ca/2007/02/impunita-e-la-legge-ultra.html