Era un derby che la Juventus aveva preso subito per le corna: pressing di Pjanic su Rincon e gran sinistro di Dybala. L’hanno chiuso, già al 24’, le follie di Baselli, soprattutto la seconda (sul bosniaco). Sono i rischi che si corrono a caricare troppo le squadre: Mihajlovic ne faccia tesoro.
Con il Toro in dieci, il derby è finito lì. Il derby granata, almeno. Per lasciare fuori Higuain – anche «questo» Higuain – ci voleva coraggio. Allegri l’ha avuto, ricavando da Mandzukic più profondità e più fisicità . Già preziosi e significativi, i cambi di gioco sono diventati letali, come quello che ha propiziato, «via» Cuadrado, il raddoppio di Pjanic, migliore in campo con il croato e Dybala.
L’espulsione di Badelj, mercoledì, non aveva scavato un simile fosso. Due i motivi: la Juventus, memore, non ha mai staccato la spina; Il Toro, stordito, non ha più saputo reagire. Belotti abbandonato, Ljajic disarmato: solo le parate di Sirigu, nella ripresa, gli hanno evitato la goleada, anche se lo 0-4, timbrato da Alex Sandro e Dybala, proprio uno scarto anoressico non è.
Per mezz’ora, la miglior Juventus della stagione. Brillante e fluida. Per il resto, pura accademia. Sono già dieci, con la doppietta odierna, i gol del piccolo Sivori, a conferma che le posizioni nascono alla lavagna, sì, ma maturano in campo.
Primi sorsi di Douglas Costa e, a risultato in ghiaccio, di Bernardeschi. Sempre efficace la quantità di Matuidi. Naturalmente, in proiezione Champions e oltre, non si può non riandare alla cesura di Baselli, un freno alle iperboli. Però, ripeto, la Juventus si era alzata dai box con il piglio della squadra che neppure allo Stadium sempre sa essere.
Juventus e Napoli a punteggio pieno. Quattro vittorie in casa, Allegri; quattro fuori, Sarri. E’ cominciato l’autunno caldo.
qui da noi se dice : CHI MENA PE’ PRIMO MENA DUE VOLTE
ergo le cose sono due :
o alla famiglia non interessa un cazzo dell’immagine publica della Juventus, perche’ e’ ovvio che alla fine non esce bene
oppure sono incapaci, vivono in una realta’ tutta loro, senza capire quello che gli succede intorno
tira quasi aria di soddisfazione per le pene più che dimezzate per la Juventus e la fiducia che con il ricoso si ridurranno ulteriormente
si dimentica però che anche il pecoraro, offeso, ha già annunciato che pure lui farà ricorso
1-… al netto che, se la Juve amette ciò che ha ammesso, qualcosa te la devono dare, ovvio.
Scritto da cocchiere il 25 settembre 2017 alle ore 17:32
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Eh no. Ricorda che i contatti con gli ultras e relative “regalie” di biglietti, sono sempre stati fatti in presenza e con la collaborazione della Digos. L’ordine pubblico non è una barzelletta.
Non so se l’ho già detto sul ns caro gonzalo. Ma si mormora che avesse fatto un mezzo pensierino per seguire i dettami del medico di lionello (medico che non sta distante da qua ). Ora, qualcosa di vero ci deve essere salvo leggende metropolitane sempre possibili (ma spesso due più due fa quattro, e lionello che girava a piedi passeggiando col berretto di lana in un paesino da 20mila abitanti fa sempre un poco specie e questa non è proprio leggenda. Gira lui, può esserci andato anche ciccio).
Poi, quando il consumatore compulsivo di asado avrebbe saputo di dover fare qualche sacrificio serio a tavola e non solo, avrebbe reagito con un “manco po’ cazz” (in argentino ovvio).
Che confermerebbe che proprio un professionistone non sia….
Però, mica colpa SOLO sua….
Che fanno il medico, il ricotta, peppino e su su su??? Osservano? Accettano? Scrollano spallucce?
Che comprino una ruota da criceti, almeno, e lo facciano girare.
leggo, rispettosamente, che dovremmo quasi essere contenti,perche non ci hanno comminato questo.. e non ci hanno comminato quello…. ma dico scherziamo?….
Meglio che mi dedico al MOTTO…7…4…8 :-)
Allora, scrivo di botto numerando ma senza un ordine concettuale:
1-… al netto che, se la Juve amette ciò che ha ammesso, qualcosa te la devono dare, ovvio.
2- come è possibile essere giudicati da pecoraro, e soprattutto come è possibile che la Juve non dice chiaramente che il pecoraro, non può fare il … ma noi taciamo (ammettiamo e taciamo..), vi ricorda nulla?
3- dove sono le stesse verifiche sugli altri club? … O qualcuno pensa che… e soprattutto come mai solo a noi si trovano “fatti” e persone” agli altri dopo 5 anni semmai?…
4- perche Agnelli si fa fregare cosi scioccamente quando proprio per nulla è sciocco?… Cosa teme nel non difendersi come dovrebbe?…e cioè disattendendo il pecoraro, e minando il tutto?…
5-Che significa DAVVERO..questo accadimento?…Significa che ci sono giochi di potere dentro e fuori la Juve, ripeto, dentro e fuori la Juve, poiche altrimenti non taci e ti difendi..ma davvero…se non per una conferenza stampa che ha preso tempo e spazio solo per l’audience?…
6- Siamo alle solite … ma d’altronde chi pensava mai che potesse diversamente essere… Farsopoli fù ed è.. e chi davvero fù, ancora è e stà là !
7-Sign Beck lei che dice?……………………………………………………
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, costituito dal Dott. Cesare Mastrocola Presidente; dall’Avv. Paolo Clarizia, dal Dott. Pierpaolo Grasso, dall’Avv. Valentina Ramella, dall’Avv. Sergio Quirino Valente Componenti; con l’assistenza del Dott. Paolo Fabricatore Rappresentante AIA; si è riunito il 26.5.2017 e 15.9.2017 e ha assunto le seguenti decisioni:
(OMISSIS)
Nel merito il deferimento si appalesa fondato nei termini che seguono.
L’imponenza del tema generale afferente ai rapporti tra le Società e i tifosi (oltremodo attuale poiché da sempre all’attenzione della FIGC, che lo ha focalizzato con assoluta meticolosità ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico), é stato dettagliatamente esaminato nell’indagine in questione – grazie anche al supporto probatorio fornito dall’indagine penale condotta dalla Procura della Repubblica di Torino – all’esito della quale sono emersi elementi di chiara colpevolezza a carico degli odierni deferiti, e, conseguentemente della Società .
I fatti, tutti collocabili nell’alveo dell’art. 12 CGS in relazione ai contestati commi sono stati in gran parte ammessi dai deferiti, sono noti e di agevole individuazione nella loro perpetrazione.
Il riepilogo del processo sportivo può essere quindi riassunto nel principio cardine riferito alla antigiuridicità dei fatti commessi, in stretta comparazione con la norma contestata, il cui mero confronto conduce de plano alla conclusione che gli eventi oggetto della incolpazione sono stati effettivamente commessi (vedremo in prosieguo in quale misura e maniera).
Va premesso che l’ordinamento statale (non solo sportivo) prevede, all’art. 1 quater, comma 7 bis del D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, testualmente che:
“É fatto divieto alle Società organizzatrici di competizioni nazionali riguardanti il gioco del calcio di porre in vendita o cedere, a qualsiasi titolo, direttamente od indirettamente, alla Società sportiva cui appartiene la squadra ospitata, titoli di accesso agli impianti sportivi ove tali competizioni si disputano, riservati ai sostenitori della stessa. É, altresì, fatto divieto di porre in vendita o cedere, a qualsiasi titolo, alla stessa persona fisica o giuridica titoli di accesso in numero superiore a quattro. In caso di violazioni delle disposizioni del presente comma si applicano le sanzioni previste dal comma 5 dell’articolo 1-quinquies”.
Tale disposizione è stata introdotta dal D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, nell’ambito dell’adozione di “misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche” La violazione di tale disposizioni, al di là delle sanzioni di carattere sportivo comporta, come sopra indicato, l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da Euro 10.000,00 ad Euro 150.000,00.
Trattasi, pertanto, di violazione grave non solo per le conseguenze di carattere disciplinare nell’ambito del diritto sportivo, ma anche per le conseguenze di natura amministrativa in capo alle Società che infrangono tali disposizioni.
Dall’esame dei fatti, come desunti anche dalle dichiarazioni dei deferiti Calvo, D’Angelo e Merulla, il Collegio rileva che la ratio della norma è stata completamente stravolta. In altri termini ciò che il legislatore ha individuato quale elemento idoneo a causare o quantomeno a favorire fenomeni di violenza, è stato, invece, utilizzato dagli odierni deferiti al dichiarato fine di mantenere l’ordine pubblico nei settori delle stadio occupati dagli ultras ed i buoni rapporti con la tifoseria.
Tale circostanza si appalesa oltremodo preoccupante anche in ragione del fatto che non sono stati fenomeni sporadici e occasionali; in realtà le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle Società più blasonate a livello europeo per un
lunghissimo arco di tempo ed hanno trovato la loro conclusione non già a seguito di un volontario cambio di rotta societario, ma esclusivamente per l’avvenuta conoscenza delle attività di indagine della Procura della Repubblica di Torino.
La reiterata violazione della norma statale sopra indicata e, onseguentemente dell’art. 12, comma 2 del CGS é stata pacificamente ammessa dal Calvo, dal Merulla e dal D’Angelo che hanno invocato, a loro discolpa diverse esimenti che, tuttavia, non possono trovare accoglimento.
La presunta vis estorsiva dei capi ultras non trova conferma, per le fattispecie oggetto di contestazione, né nelle dichiarazioni dei deferiti che, al contrario, riconoscono di non essere mai stati né minacciati, né particolarmente pressati da tali soggetti, né nel tenore delle intercettazioni in atti, da cui sembra, invece, evincersi un normale e collaudato rapporto di fiducia reciproca; risulterebbe quantomeno strano, fra l’altro, che soggetti in grado di porre in essere pressioni di natura estorsiva, venissero addirittura condotti ad incontri con la massima dirigenza juventina.
Altrettanto pacifica appare la violazione dell’art. 12 comma 1 del CGS da parte dei tre
dirigenti sopra indicati.
La disposizione in questione prevede che alle Società é fatto divieto di contribuire, con
interventi finanziari o con altre utilitá, alla costituzione ed al mantenimento di gruppi,
organizzati e non, di propri sostenitori.
L’ampiezza temporale, del fenomeno descritto in deferimento, l’entità dei tagliandi e degli
abbonamenti distribuiti oltre il limite normativo agli esponenti del tifo organizzato induce a
ritenere sicuramente violata la disciplina in questione, a prescindere dalla dibattuta effettiva conoscenza della circostanza che i beneficiari fossero dediti al bagarinaggio ovvero fossero esponenti della criminalità organizzata (la qual cosa, fra l’altro non risulta adeguatamente provata tanto è vero che la notizia ufficiale riferita alla presunta appartenenza dei citati
soggetti a cosche illecite, venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti
intercorrenti tra la dirigenza e la tifoseria, e che non appena appresa la notizia, ogni contatto ebbe immediato termine).
Emerge, invero, dagli atti, perché inequivocabilmente dichiarato dagli stessi deferiti
D’Angelo e Calvo, che gli stessi fossero pienamente consapevoli delle “utilitá” (che fra l’altro, non è necessario che debbano essere esclusivamente di natura economica) finalizzate al mantenimento dei gruppi e/o dei sostenitori ai quali avevano riconosciuto i predetti benefici in dispregio della normativa; i predetti hanno chiaramente affermato di essere ben consapevoli del “business” che permettevano di fare in virtù di un ben delineato compromesso.
Poco importa, ai fini della valutazione della norma violata della concreta conoscenza
dell’effettiva entità di tale business, sebbene, va ribadito, la consuetudine protrattasi per ben cinque stagioni lascerebbe presupporre una piena conoscenza dell’entità del fenomeno.
A tal riguardo la tesi sostenuta dalle difese secondo la quale all’interno del prezzo
“maggiorato” la tifoseria avrebbe offerto ai tifosi alcuni “bonus” collaterali quali il viaggio, e/o una probabile consumazione in pasti alimentari non è idonea ad incidere sulla fattispecie sanzionatoria giacché, in ogni modo, con tale modalità gli odierni deferiti hanno garantito il mantenimento, anche economico, dei gruppi organizzati e, comunque dei sostenitori, non senza considerare l’inevitabile ricarico di prezzo che, almeno nelle partite di cartello, é stato verosimilmente attuato dai beneficiari dei tagliandi (l’episodio del tifoso svizzero citato a pag. 6 del deferimento ne è un esempio lampante); analoga considerazione deve farsi riguardo l’erogazione di tessere abbonamento gratuitamente distribuite al gruppo “Viking” al fine di favorire la loro migrazione in un diverso settore dello “Juventus Stadium”.
Per quanto attiene la violazione dell’art. 12, comma 9 del CGS, il Collegio ritiene che la
stessa non possa trovare applicazione nei confronti del Merulla e del D’Angelo in quanto
non tesserati. Il tenore letterale della disposizione infatti impone il divieto di intrattenere
rapporti con esponenti e/o gruppi di sostenitori che non facciano parte del tifo organizzato
ai soli tesserati, non potendo estendersi analogicamente anche a tutti gli altri soggetti indicati all’art.1 bis, comma 5 del CGS.
Si sottolinea, inoltre, che tale precetto si pone in netta contrapposizione con quelli indicati ai precedenti commi dell’art. 12 che, invece, hanno fra i destinatari anche i soggetti indicati
all’art. 1 bis, comma 5 del CGS.
Quanto al tesserato Calvo, invece si ritiene che non possa ritenersi violato il divieto in
questione giacché la disposizione in argomento è entrata in vigore a decorrere dalla
stagione sportiva 2015-2016 allorquando il Calvo non prestava più servizio presso la
Societá.
Con riferimento alla posizione del Presidente Andrea Agnelli, il Collegio ritiene che la difesa assolutoria non appare meritevole di accoglimento. Il massimo Dirigente del club ha
sostenuto di non essere affatto a conoscenza dei rapporti interpersonali tra i suoi preposti e la tifoseria, dichiarandosi totalmente estraneo a qualsivoglia ingerenza gestionale in ragione della sua funzione apicale, essendosi limitato a fornire delle ben determinate direttive al proprio dirigente e di aver delegato le funzioni inerenti al servizio biglietteria al Sig. Calvo.
Al riguardo il deferito ha sostenuto di aver improntato la propria azione alla massima legalità e trasparenza, evitando la distribuzione dei biglietti “omaggio” avendo cura di impartire direttive volte a fare in modo che ogni biglietto fosse oggetto di vendita.
Reputa però il Tribunale che la invocata estraneità del Presidente non possa ritenersi tale
poiché il tenore della istruttoria e la indubbia frequentazione dirigenziale con gli altri deferiti, unitamente al lunghissimo lasso temporale durante il quale si è dipanato il periodo oggetto di indagine (ben 5 stagioni sportive) ed alla cospicua quantità di biglietti e di abbonamenti concessi illegittimamente recitino in maniera opposta rispetto alla ragioni rassegnate dal Presidente. Infatti, In atti non è fatto mistero che l’intero management fosse votato a ricucire i rapporti con gli ultras e ad addolcire ogni confronto con i Club, al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti pur di non urtare la suscettibilità dei tifosi, il cui livore avrebbe comportato multe e sanzioni alla Juventus. Oltre tutto la nuova struttura (Juventus Stadium) necessitava di un preconfezionato ordine gestionale delle curve al cui interno avrebbero dovuto albergare tutti i tifosi più “caldi”, in modo tale da avere la immediata percezione di cosa stesse accadendo sugli Spalti. In ciò infatti risiede la ratio dei gesti accondiscendenti posti in essere in favore della tifoseria che si ritiene siano stati quanto meno tacitamente accettati dalla Presidenza. In tale contesto devono, pertanto, essere inquadrate anche le condotte contestate dall’Agnelli che nulla ha fatto per evitare il perpetrarsi di tali gravissime condotte.
Ma v’è di più. Come è noto la cd delega di funzioni, al fine di escludere la responsabilitá del delegante, deve contenere una serie di elementi sostanziali che, nel caso di specie, non è dato rinvenire. In primo luogo la delega deve essere conferita per atto scritto e al suo interno devono essere specificatamente individuate le funzioni attribuite anche al fine di delimitare l’ambito di autonomia organizzativa e gestionale del delegato.
In secondo luogo l’avvenuta delega non esime il delegante dall’attivare periodiche attivitá di controllo e di verifica dell’operato del delegato al fine di verificare il rispetto dei compiti e
delle direttive impartite.
A mero titolo esemplificativo si ricorda che la giurisprudenza penale ha più volte riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro delegante qualora non abbia attivato un idoneo sistema di controllo del modello gestionale ed organizzativo finalizzato a verificare la concreta attuazione delle attività delegate ed il rispetto delle prescrizioni legislative ed amministrative.
Analoghe considerazioni sono state piú volte ribadite anche dai giudici amministrativi in
ordine alla responsabilità concorrente del delegante per omessa vigilanza dell’attivitá del
delegato.
Orbene, nel caso di specie non vi è agli atti alcuna delega formale attribuita al Dott. Calvo
in ordine alle attività che si afferma siano state allo stesso delegate, né in atti emerge alcuna attività di controllo e di verifica effettuata dall’Agnelli in ordine all’operato dei soggetti delegati; tale circostanza si appalesa estremamente grave se si considera:
- il lunghissimo arco di tempo in cui le condotte illecite sono state poste in essere;
- la circostanza che lo stesso Agnelli avesse impartito, come da lui stesso affermato,
specifiche direttive in ordine alle modalità di vendita dei biglietti;
- la circostanza che per effetto delle reiterate predette violazioni normative la Societá
sarebbe stata potenzialmente esposta a pesanti sanzioni non solo di natura sportiva, ma,
soprattutto, di natura amministrativa in ragione del combinato disposto degli art. 1 quater e
1 quinquies del D.L. 28/2003.
Dagli atti versati in giudizio, il Calvo, il D’Angelo ed il Merulla non sembrano mai preoccupati dell’eventuale circostanza che gli illeciti posti in essere vengano scoperti dal Presidente Agnelli e dai vertici societari (cosa che invece dovrebbe essere normale qualora un preposto contravvenga in maniera così abituale e reiterata a norme di legge e/o a direttive), elemento sintomatico del fatto che non sembra che tale modus operandi fosse considerato deplorevole all’interno della Societá, tanto é vero che, una volta emersa la condotta illecita, non risulta che la Società abbia adottato una politica di completa dissociazione ovvero abbia attivato azioni risarcitorie nei confronti dei dirigenti “infedeli”.
Degna di nota é, inoltre, la circostanza che il nominativo di Calvo risulta essere stato inserito nei fogli di censimento della Societá Juventus FC, fra i collaboratori individuati ex art.22 delle NOIF della FIGC, solo nella stagione sportiva 2014/2015.
Il predetto articolo precisa che “Sono collaboratori nella gestione sportiva delle Societá
coloro che, svolgendo per esse attivitá retribuita o comunque compensata, siano incaricati
di funzioni che comportino responsabilitá e rapporti nell’ambito dell’attivitá sportiva
organizzata dalla FIGC”.
Orbene, puó ritenersi, pertanto, che l’Agnelli, con il suo comportamento abbia agevolato e,
in qualche modo avallato o comunque non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite poste in essere dal Calvo – che, al contrario di quanto sostenuto, non fosse titolare di una delega tale da consentirgli piena autonomia organizzativa e decisionale – e, conseguentemente dal D’Angelo e dal Merulla, al dichiarato fine di mantenere rapporti ottimali con la tifoseria.
In tale ottica si commenta anche l’emblematico episodio della introduzione nelle curve dello zainetto contenente gli effetti/strumenti “proibiti” della tifoseria, a ministero del Dirigente D’Angelo (art. 12 CGS comma 3), la cui difesa appare oggettivamente labile sul punto. Il Tribunale ritiene che detta introduzione sugli Spalti si verificò appieno anche se per motivazioni, per certi versi, sensibili (cercare di evitare lo sciopero della tifoseria); ma il gesto sconsiderato e pericoloso, anche a livello di immagine, resta. Sul punto il Tribunale esprime tuttavia la convinzione che il Presidente Andrea Agnelli nulla sapesse, tant’è che la successiva telefonata intercorsa tra i due espone chiaramente come il gesto illecito fosse stato perpetrato dal Dirigente in quella occasione e di sua iniziativa, nulla sapendo
preventivamente il Presidente al riguardo; altrimenti non avrebbe avuto senso redarguire il
Dirigente preposto allo scopo di stigmatizzare il comportamento assunto.
D’altronde la telefonata, avvenuta successivamente al verificarsi dell’evento, non puó essere intesa quale implicita autorizzazione preventiva.
In tal senso la richiesta della Procura Federale ex art. 12 CGS comma 3 in danno del
Presidente non viene avallata, posto che il Tribunale ritiene di prosciogliere il deferito Andrea Agnelli sulla specifica contestazione.
Con riferimento, poi, alla contestazione formulata ex art. 12, comma 9 del CGS formulata
nei confronti di Agnelli Andrea, il Collegio ritiene che non é stata fornita prova concreta che, nella stagione 2015/2016, unica stagione sportiva in cui, ratione temporis, é applicabile la fattispecie incriminatoria il Presidente abbia posto condotte illecite riconducibili alla violazione sopra indicata.
Sempre ai fini dell’eventuale valutazione dell’entità delle sanzioni da infliggere, sussiste in
atti un focus oltremodo pressante legato alla presenza, all’interno delle frange della tifoseria, di personaggi legati alla malavita organizzata. Invero il coacervo di indagine ebbe impulso proprio sulla scorta di tale gravissimo presupposto fattuale e processuale, che tuttavia all’esame degli atti non ha mantenuto la valenza originariamente contestata. Si legge infatti, nel capo di incolpazione, che i soggetti malavitosi sarebbero stati infiltrati nella tifoseria e che la dirigenza juventina avrebbe avuto una “consapevole” correlazione con gli stessi. Al riguardo viene puntualizzato un episodio che riguarda il Presidente Andrea Agnelli il quale avrebbe intrattenuto un incontro con il Sig. Rocco Dominello, appartenente appunto a una associazione malavitosa. Il Tribunale dopo ampia valutazione del materiale probatorio acquisito, è giunto alla determinazione che tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati. Del resto risulta per tabulas che la notizia ufficiale riferita alla presunta appartenenza dei citati soggetti a cosche illecite, venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti intercorrenti tra la dirigenza e la tifoseria, e che non appena appresa la notizia connessa allo status malavitoso, ogni contatto ebbe immediato termine. Il Tribunale non ritiene quindi sufficientemente provato che una simile frequentazione fosse dotata della contestata “consapevolezza” riferita allo status di quei tifosi; e lo stesso valga per il Presidente Andrea Agnelli, da ritenere completamente ignaro in merito alla peculiarità illecita del personaggio Rocco Dominello, presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso, ma non già come soggetto incline alla pericolosità sociale. Questa appare essere la corretta chiave di lettura dell’assunto accusatorio, la cui valutazione non può esimere una palese rivisitazione di tutti gli episodi in contestazione e facenti parte del deferimento integralmente inteso anche ai fini dell’entità delle sanzioni applicabili.
In conclusione, questo Collegio ritiene che tutti i deferiti abbiano violato l’art. 12 CGS commi 1, 2 nei termini sopra esposti, mentre il medesimo art. 12 CGS, comma 3 è di esclusiva pertinenza di colui il quale si rese protagonista del gesto, cioè del Sig. D’Angelo.
Dalla ricostruzione giuridico-fattuale sopra esposta discende la piena sussistenza della
responsabilitá diretta ed oggettiva della Societá Juventus FC in ragione della chiara
riconducibilità dei comportamenti sopra imputati, all’interesse della Societá medesima.
Sul piano sanzionatorio, occorre premettere che il Tribunale condivide l’assunto della difesa del Calvo in ordine all’esclusione dell’applicabilità della sanzione di carattere generale prevista dall’art. 1 bis comma 1 CGS in presenza della espressa previsione sanzionatoria di cui all’art.12 per le fattispecie in contestazione.
Con riferimento, infine alla concreta applicazione nei confronti dei deferiti, si ritiene, in
ragione della gravità dei fatti, della sostanziale identità delle condotte poste in essere e dei
ruoli rivestiti all’interno dell’ordinamento federale, di applicare la medesima sanzione per tutti i Dirigenti (inibizione temporanea di anni 1 per tutti i dirigenti, con l’aumento di mesi 3 per il solo Dirigente D’Angelo), non avendo la Procura Federale giustificato il diverso trattamento sanzionatorio richiesto per i deferiti, con esclusione della estensione delle previste sanzioni in ambito FIFA e UEFA, unitamente all’irrogazione delle ammende nella misura pari ad Euro 20.000 per tutti i deferiti.
Con riferimento al trattamento sanzionatorio nei confronti della Societá Juventus FC si
ritiene congrua la sanzione dell’ammenda pari ad Euro 300.000,00 escludendo, tuttavia,
l’ulteriore sanzione richiesta, non sussistendone i presupposti previsti dall’art. 12, comma 6
CGS.
P.Q.M.
Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare; rigettate le eccezioni preliminari,
accoglie parzialmente il deferimento proposto dal Procuratore Federale e, per l’effetto, in
parziale ridefinizione delle richieste formulate dispone di irrogare le seguenti sanzioni:
- Andrea Agnelli: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda;
- Francesco Calvo: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda;
- Stefano Merulla: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda;
- Alessandro Nicola D’angelo: anni 1 (uno) e mesi 3 (tre) di inibizione + € 20.000,00 (Euro
ventimila/00) ammenda;
- Juventus FC Spa: € 300.000,00 (Euro trecentomila/00) ammenda.
Il Presidente del TFN
Sezione Disciplinare
Dott. Cesare Mastrocola
La sentenza riporta chiaramente anche la NON estensione della pena a Uefa e Fifa
E Pecorella, a pecorina ………..
Un colpo al cerchio un colpo alla botte
Non lo vogliono proprio licenziare il pastore. Una mano lava l’altra ed entrambe lavano la faccia (del salumaio di ponte lambro ) il quale garrulo e in piedi sulle punte vuole sempre tenere un ditino nel culo del cugino del cane. Ben gli sta, così impara ad andare a patti con chi da incarichi a rei confessi.
In US al pastore di ovini (che non è l’agnello), gli avrebbero pure tolto la pensione, dopo il falso palese e doloso rappresentato, senza colpo ferire, in tribunale. Poi uno si chiede perchè mai pertini diede l’ordine di accoppare il cialtrone col fez in fuga sul camion. Non l’avesse fatto se lo sarebbe trovato, tronfio, in parlamento.
Italia, paese fondato sul fatto che tutti teniamo famigggggglia.
Mi par di capire che la “questione ‘ndrangheta” sia stata ritenuta inesistente………….
“La Juve ha annunciato di ricorrere sottolineando come la sentenza abbia “escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata”.