E’ stata, per dirla con il dottor Pangloss, la migliore delle Juventus possibili. E un Cagliari strano, spaventatissimo, nonostante la classifica, il fattore campo e le altrui assenze gli permettessero una trama più coraggiosa, più spensierata.
Non ricordo, nell’isola, una vittoria così rotonda e così placida: ululati a parte (sic transit becerume mundi). Un gol per tempo, di Bonucci su corner e di Kean su assist di Bentancur, e tanti saluti all’infermeria strapiena, ad Allegri genio e Allegri telodoio, ai dubbi che aleggiavano dopo il primo tempo con l’Empoli.
La rosa decimata ha ristretto le scelte del mister, e spesso l’emergenza aguzza l’ingegno, l’impegno. In panchina e in campo. Nulla di memorabile, ma tutti sul pezzo, un possesso all’altezza, un Pjanic che a quei ritmi sembrava Deyna, una squadra padrona e l’altra schiava. Sia chiaro: una Juventus che concede all’Atletico la miseria di un colpo di testa di Morata, può tranquillamente lasciare ancora meno briciole a un Barella confuso, a Pavoletti e Joao Pedro prigionieri.
Maran ci ha capito poco, e poco ha potuto: anche con i cambi. Ribadito che mi aspettavo un altro Cagliari, passiamo a Kean. Mi ero schierato per una «titolarizzazione» fissa. Sono queste, le partite che aiutano a crescere: notti di sofferenza, di munizioni scarse (e comunque: un gol, il quarto, e due «quasi») e di atteggiamenti che vanno limati: la simulazione, l’esultanza sotto il covo dei tifosi avversari.
Il Cagliari l’aveva messa sul fisico, la Juventus sul palleggio. L’infortunio muscolare di Caceres si aggiunge a una lista già chilometrica. L’ha «rimpiazzato» un Emre Can sempre più a suo agio nel doppio ruolo di stopper e mediano. E Bernardeschi? I grandi giocatori cominciano dall’ultimo passaggio: e lui lo sa.
Il Pedofilo Pasquale è un maiale sanguinante che ha girato 4 o 5 nicks. Qualcuno anche finto juventino.
Tra i pali, che deve aver preso su per il baugigi, fin da piccolo.
Sicuramente il piccolo kean ha fatto bene a guardare in faccia quella manica di imbecilli, senza muovere neppure un muscolo del viso. E’ come se lo avesse fatto pure all’ignobile grugno di un furinazzi (bartolomeo, ultimamente) qualsiasi. Le bestie vanno trattate come tali. Anzi, protozoi.
Poi gravina (che significa pure, guarda un poì, pure profondo crepaccio, nomen omen) si può anche alambiccare l’unico neurone su come punire il piccolo invece dei trogloditi, come dire che gli insulti solo dopo il gesto (che gesto???? stare fermi???). Ma non cambierà la realtà delle cose .Nessun prigioniero, mi raccomando. Dopodiche si giochi solo nella superlig e in italia si faccia giocare la under 23.
un pensiero di commiato per Gianfranco Leoncini che se ne è andato più giovane di me
un monito sulla fugacità del tempo e sulla fragilità dell’uomo
Voci dal down under, rinomata terra di professoroni e avvocati catanzaresi ; Calabria, sanità vicina al baratro: rosso di 169 milioni. Il commissario: “Saccheggio sistematico delle casse pubbliche” ;La sanità calabrese è in coma profondo. Sottoposta a piano di rientro da ormai dieci anni (e commissariata da nove), ultima nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, non riesce a uscire dal tunnel. “La Ragioneria dello Stato ha stimato un disavanzo di 168,9 milioni di euro”, riferisce a ilFattoquotidiano.it il neo commissario ad acta Saverio Cotticelli che ieri ha partecipato al tavolo di monitoraggio del piano di risanamento al ministero dell’Economia. Anche se la cifra non è ancora stata messa a verbale dal dicastero, quello che emerge è che il passivo della Calabria invece di calare è cresciuto di settanta milioni rispetto al 2016. “È un disastro – commenta lapidario il commissario – Essendo il gettito fiscale dei calabresi sotto i cento milioni, insufficiente quindi a coprire le perdite, il governo ha deciso che i cittadini, che già pagano le aliquote Irap e Irpef più care d’Italia, dovranno subire un prelievo ancora più alto“.Non solo: “Ci sarà anche un blocco del turnover fino al 31 dicembre 2020 e una sospensione delle spese non essenziali”. Tutte le aziende sanitarie provinciali, eccetto due (quella di Cosenza e quella di Vibo Valentia), hanno i conti in rosso. Anche se è difficile dare dei numeri certi. “Pensi che l’Asp di Reggio Calabria non ha un bilancio dal 2012. Di tutte le altre abbiamo calcoli approssimativi, inaffidabili, dobbiamo mettere ordine”. Quella che ha fatto peggio è l’Asp di Catanzaro, che ha registrato uscite superiori alle entrate di circa 40 milioni. “C’è stato un saccheggio sistematico delle casse pubbliche. Ma non voglio – conclude Cotticelli – che i calabresi paghino due volte. Per questo chiederò al governo una deroga a questi provvedimenti”.Il ministro della Salute Giulia Grillo ha fatto sapere di essere già al lavoro per trovare una soluzione: “Non posso più permettere che, a causa dell’insana gestione delle aziende del Servizio sanitario calabrese, dipendente in via esclusiva dalle scelte del governo regionale in carica che ha effettuato le nomine dei vertici sanitari in tutti questi anni, i cittadini subiscano ulteriori carenze di personale nelle strutture sanitarie pubbliche”. Dopo lo scioglimento dell’Asp di Reggio Calabria per infiltrazioni della ‘ndrangheta (il secondo dopo quello del 2008),Grillo ha steso la bozza di un decreto per rianimare questa sanità a un passo dal baratro. Il testo, ha anticipato, prevede “un obbligo di gestione straordinaria per gli enti in dissesto finanziario o con gravi irregolarità nella gestione contabile”. E, se necessario, “la rimozione di quei direttori generali, sanitari e amministrativi che non hanno adeguatamente adempiuto e magari sono stati promossi se non premiati negli ultimi anni”. Ma ci vorrà ancora del tempo prima che il provvedimento, molto contestato dal presidente della Regione Mario Oliverio, arrivi in Parlamento.” Ma attenzione,Potrebbe essere pericoloso o forse impossibile entrare in una sala operatoria calabrese il 10 04 19 alle 20 30 . Merde.
Leoncini, per me rimane un mito..mi dispiace tantissimo. Il mio nick rimarrà invariato in suo onore. Che riposi in pace! leoncini 45
L’esempio di Mandzukic: rinnovo per il guerriero diventato generale.
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“Tra gli uomini i guerrieri”, recitava uno striscione apparso in curva e che omaggiava Mario Mandzukic più di un anno fa. Vero. Se esiste una definizione – seppure abusata – adatta per calciatori come Mario Mandzukic è proprio quella di guerriero. Il rischio però – nel giorno in cui diventa ufficiale il suo rinnovo di contratto con la Juventus fino al 2021 – è che lo stesso Mandzukic possa diventarne in un certo senso prigioniero. E che la sua percezione risulti se non distorta, quantomeno incompleta.
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Perché se la Juve ha deciso di puntare ancora su Mario Mandzukic, prolungando e adeguando il suo contratto, non è soltanto perché in campo il croato lotta su ogni pallone ed è un duro, il #nogood per eccellenza. Lo ha fatto perché da guerriero Mandzukic si è evoluto – per restare nel gergo bellico – in generale. Il generale in campo di Massimiliano Allegri e dell’idea di calcio che l’allenatore livornese ha portato avanti sin dal suo arrivo a Torino e che ha prodotto quattro (quasi cinque) scudetti, quattro Coppe Italia, due Supercoppe Italiane e ha condotto i bianconeri anche a sfiorare la Champions League altre due volte.
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La duttilità e i gol pesanti: Mandzukic è un po’ lo specchio riflesso di Allegri e Max ha saputo trarne beneficio in ogni annata, seppure in maniera diversa. Tipicamente da centravanti nella prima – quando si seppe dopo molto tempo che un’infezione al gomito aveva frenato e condizionato l’avvio dell’esperienza bianconera del croato, che decise di non rivelare mai pubblicamente il problema “per non creare alibi” – ; pedina da scacco matto nell’anno del 4-2-3-1: nacque in quella seconda parte di stagione 16/17 la narrativa del Mandzukic attaccante di sacrificio, recupera palloni e fondamentale per l’equilibrio di una squadra iper-offensiva. Durante quei sei mesi Mandzukic impresse al suo modo di stare in campo una svolta tangibile anche nelle due stagioni successive: non più soltanto una prima punta statica, ma capace di girare intorno e scambiare la posizione con Higuain e ancora di più con Ronaldo, del quale spesso si è detto sia il partner ideale.
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Mandzukic sembra scomparire, ma riappare al momento giusto, solitamente sul secondo palo a sovrastare il malcapitato terzino avversario e a togliere le castagne dal fuoco alla Juventus e spesso – ultimamente – in partite decisive. Una sceneggiatura già vista ad esempio nella sfida di circa un anno fa contro il Real al Bernabeu e quest’anno contro Napoli, Milan, Roma, Inter, Valencia. A dicembre, il vice-campione del mondo aveva già superato il numero di gol in Serie A delle due stagioni precedenti e tornato dopo un infortunio si era “ripreso” la Juve, diventata nel frattempo la Juve di Ronaldo: Mandzukic, che finora aveva sempre interpretato quasi alla perfezione il ruolo di attore non protagonista, sembrava volere e potere andare oltre. Il 2019 ha invece registrato un calo: fisico? Probabile, perché non va dimenticato che in mezzo ci sono stati un Mondiale e una Croazia trascinata anche da lui in finale.
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I numeri: Ma è stato anche un calo collettivo dei bianconeri, che una volta accumulate le provviste (punti) nel girone d’andata, sono passati alla modalità risparmio energetico (accumulando comunque altri punti, va detto) per prepararsi al finale di stagione (leggi: assalto alla Champions League) preparandosi ad essere la ormai celebre versione “Juve di marzo” preconizzata da Allegri. Anche in questo contesto, però, Mandzukic è stato tra i più presenti e utilizzati: non ha ancora segnato – aspetta le partite importanti? – ma è sempre stato lì. Non sempre brillante, a volte brutto, sporco e cattivo (è solo una citazione), ma spesso a vincere contrasti (72,7%) e duelli aerei (56,1%), a intercettare e respingere (30 tra respinte difensive e intercetti) e a fornire assist (già 7).
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Numeri che dicono tanto, ma non tutto. Quello che Mandzukic sa far meglio, infatti, non è quantificabile. Forse per questo la Juventus, con il rinnovo, ha deciso fare esattamente quello che Mario fa in campo, il non quantificabile di cui sopra: dare l’esempio, traducendo in fatti la stima di Agnelli, Nedved, Paratici e Allegri nei suoi confronti. (gianludima.mabo)
https://twitter.com/ChampionsLeague/status/1113447961936183296
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Puó piacere come no…ma un giocatore che gioca due finali di Champions e segna in tutte e due, gioca una finale del mondiale e segna anche in quella forse merita un pó di rispetto, forse non è così scarso come gli antijuventini vogliono far credere….
Anzolin; Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Favalli, Del Sol, De Paoli, Cinesinho, Menichelli. Scritta con la metrica di una volta. Che tristezza per Gianfranco. Un altro compagno di cordata che si stacca…
Da area ad area, dopo un corner loro, come una volta…
Primario non si dice contropiede. Si dice ripartenza.
Santo contropiede a Southampton!